A dark & dreary night

A Twilight Fiction

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    Jasper
    Quando Rosalie chiamò, quella mattina, risposi io.
    “Jazz, finalmente. Stai bene?” Sentivo il sollievo che provava, anche se era a distanza di migliaia di chilometri. Sentire la sua voce fu come un balsamo sulle mie ferite aperte.
    “Non ne sono ancora sicuro. Ma ho preso una decisione.” Rose non rispose. Attendeva in silenzio che le comunicassi cosa avrei fatto. “Avvisa Esme e Carlisle, dì loro che tra poco mi rivedranno.”
    “Jazz, che sollievo! Questa è una notizia fantastica. Sono certa che Esme sarà al settimo cielo. E non preoccuparti, Edward non è più un tuo problema. Gli abbiamo parlato, tutti – anche Alice immagino. Credo che ti lascerà in pace da ora in poi.”
    “Grazie, Rose. Ci vediamo presto. Mi fermerò per strada, a cacciare.”
    Riattaccai e sentii la presenza di Kate alle mie spalle. “Ci lasci, allora.”
    Mi voltai verso di lei con un sorriso. “Sì, è arrivato il momento. Grazie della vostra ospitalità, Kate. Siete sempre così gentili con me.”
    “Jasper, tu e gli altri siete la nostra famiglia, e potete stare qui quanto volete. Non dovete nemmeno chiederlo.”
    “Grazie, a tutti. Davvero.”
    “Hai deciso cosa fare anche con… lei?”
    Sospirai. “Non ancora. Suppongo che mi limiterò a vedere come stanno le cose al mio ritorno. Poi deciderò.”
    “Buona fortuna, allora.” Poi mi strinse in un abbraccio caloroso e mi diede un bacio sulla guancia. Dopo aver salutato il resto del clan, cominciai a correre verso sud. Feci una prima sosta nella riserva di Denali per dissetarmi brevemente. Abbattei solo un alce enorme e lo dissanguai in pochi attimi. Poi ripartii per Forks, senza fretta. Volevo godermi ancora un po’ la pace che mi circondava prima di dover affrontare Edward, Alice, Esme… Mi vergognavo da morire per aver addolorato Esme e Carlisle con la mia fuga precipitosa. Era buffo come, in entrambe le mie fughe, la colpa fosse di una ragazza. Prima Alice, che mi aveva lasciato per stare con Edward, ora Bella.
    Il suo volto mi apparve nella mente, senza preavviso. Ricordavo ogni singola sfumatura dei suoi occhi, ogni singolo centimetro del suo volto era impresso a fuoco nella mia mente. Il colore e il profumo dei suoi meravigliosi capelli castani. Le sue labbra che si aprivano in sorrisi dolcissimi. E prima che potessi accorgermene, capii cosa intendeva Eleazar. Era vero, quello che provavo per Bella non era minimamente paragonabile a ciò che mi aveva legato ad Alice. Con Alice avevo provato un amore passionale che potevo lasciar sfogare ogni volta che mi andava. Alice era una vampira, dura come il marmo e infrangibile sotto il mio tocco deciso. Bella, d’altra parte era umana, fragilissima e delicata come una bambola di porcellana. Bastava perdere la concentrazione per un istante e avrei potuto ucciderla. Ma era anche forte, determinata e questo mi attraeva forse più della sua dolce goffaggine. Ora che la realtà mi aveva colpito in modo così chiaro, mi chiesi se fosse giusto tornare. E se Bella avesse trovato un nuovo amore? Se non fosse mai stata realmente attratta da me? Non sopporterei di rivivere di nuovo un dolore simile. Intanto continuavo a correre, mentre intorno a me il paesaggio cambiava. La neve me l’ero lasciata già alle spalle, ed ero circondato da altissimi alberi verdi. Le automobili che sfrecciavano sulle strade erano lentissime rispetto a me. Mi venne da sorridere al pensiero di quei poveri umani che pensavano di aver fatto un affare, ad acquistare auto da corsa che riuscivano a toccare i 250/300 km all’ora. Non sarebbero mai stati veloci come noi vampiri. Nemmeno quando correvamo a velocità di crociera, come stavo facendo io in quel momento. Volevo godermela totalmente, l’aria fresca sulla pelle ghiacciata, gli odori degli alberi, dei cervi, dei grizzly. A volte sentivo anche tracce di umani attorno a me, ma la sete era totalmente sotto controllo. Avrei cacciato di nuovo una volta arrivato a Forks, solo per precauzione. Stava calando già la sera quando mi trovai nei pressi di Port Angeles. Ancora pochi minuti e sarei arrivato a casa. Non vedevo l’ora di riabbracciare Rose ed Esme, di chiedere loro scusa per tutto. Non sarei mai più stato così codardo, lo dovevo a loro. Avrei sofferto in silenzio, restando accanto a loro se le cose fossero andate male. Basta scappare! E fu in quel momento che una sensazione di panico mi lasciò quasi senza fiato. Mi bloccai all’istante, cercando di capire cosa fosse. Il panico aumentava mentre tornavo sui miei passi, dirigendomi verso un vicolo scuro, alla periferia di Port Angeles. Oltre al panico, sentii anche della lussuria. Pregai di arrivare in tempo. Entrai nel vicolo scuro, una vera fortuna per me perché ero quasi invisibile. Con passi misurati raggiunsi la fine del vicolo dove trovai un gruppo di ragazzi, all’incirca sui venti anni. Circondavano qualcuno, non riuscivo a vedere chi. Ma bastò un soffio di vento per capire. Bella! Il mostro dentro di me si risvegliò, ma non puntava a lei. Non stavolta. Un ringhio fu tutto ciò che servì per distrarre il gruppo. Si voltarono verso di me, prima sorpresi, poi quasi strafottenti. Erano in cinque, io ero da solo. Li guardai con rabbia mentre avanzavo verso di loro. Dovevo accertarmi che Bella stesse bene. Poi mi sarei occupato di quei bastardi. Uno di loro mi si parò davanti, per impedirmi di avanzare oltre.
    “Sparisci, amico. Questa pollastrella è già stata reclamata.”
    Ringhiai di nuovo e lo vidi tremare come una foglia. Misurando la mia forza lo spinsi di lato e cadde a terra. Non volevo ferirlo… non ancora. Feci un passo verso di lei, e finalmente potevo vederla, bella come sempre. Era terrorizzata, e non potevo darle torto.
    “Stai bene?” La mia voce uscì come un ringhio, ma lei annuì. Mi misi davanti a lei e guardai i ragazzi che ci stavano ancora circondando. “Sparite, e lasciatela in pace. O ve la vedrete con me.”
    Nessuno si mosse. Emisi un ringhio più profondo, mentre con il corpo mi protesi verso di loro. Fuggirono tutti, a gambe levate, cadendo ogni due passi. Senza voltarmi, chiusi gli occhi per controllarmi. “Si può sapere che accidenti ci fai in questo vicolo buio, da sola?” Il mio tono era ancora carico di rabbia e mi pentii di non aver aspettato prima di parlarle.
    “Stavo… stavo comprando dei libri. E… loro mi hanno seguita.”
    Mi voltai verso di lei lentamente, riaprendo gli occhi. Tremava tutta per la paura di ciò che sarebbe accaduto se non fossi arrivato in tempo, gli occhi erano lucidi. Mi si spezzò il cuore. “Scusa. Non ce l’ho con te. Ero solo arrabbiato per… quei mostri. Se penso a cosa stavano per farti...” Mi sentii di nuovo ribollire per la rabbia.
    “Scusa,” disse in un sussurro a malapena udibile. E, come era successo la prima volta che mi aveva ringraziato, la mia rabbia sparì come per incanto. La guardai sorpreso. “Cosa?” mi chiese quando vide il cambio di espressione.
    “Bella… sei straordinaria.” Non aggiunsi altro, ma le presi con delicatezza la mano e la baciai a lungo, riappropriandomi del suo odore. La sua agitazione mi confermò che non aveva più paura, e soprattutto che Rosalie aveva ragione… come sempre. “Dove la porto, Mademoiselle?” la guardai dritta negli occhi senza lasciarle la mano.
    “Devo… devo raggiungere i miei al ristorante.” Era arrossita di nuovo.
    “Allora, andiamo.”

    *****


    Bella
    Camminavamo fianco a fianco, la mia mano stretta nella sua. Avevo un miliardo di domande da fargli: perché era sparito così, perché non mi aveva nemmeno salutata, dove era stato, era davvero un vampiro, perché i suoi occhi erano color caramello e non rossi… E non avevo assolutamente idea da quale iniziare. Se solo fosse arrivato qualche secondo più tardi… Rabbrividii al pensiero. Lui ovviamente se ne accorse e cerco di allontanarsi impercettibilmente da me, ma il mio corpo si riavvicinò al suo. Volevo essere sicura che fosse davvero lì, accanto a me. Lui mi guardò, ma non si mosse.
    “Dove...” volevo iniziare a chiedergli qualcosa, per non sprecare l’occasione. Ma la mia mente era un vortice confuso. “Sei sparito.”
    Dopo qualche istante sentii di nuovo la sua voce melodiosa. “Sì, io… avevo un impegno urgente. Lontano da Forks.”
    “Per un mese?”
    Si voltò a guardarmi. “Sì, beh… il tempo è volato e non me ne sono accorto.”
    La mia mente viaggiò per conto suo. Se il tempo gli era volato, significava che si era divertito. Quindi non era triste per aver lasciato la sua famiglia… o me. “Oh,” dissi semplicemente, mentre inconsciamente mi ritrovai ad allontanarmi da lui. Solo la mia mano era ancora stretta nella sua.
    “Bella, tutto ok?” Annuii. Non volevo fargli capire cosa provavo, in quel momento. E capii che forse avrei dovuto farmi i fatti miei. “Perché sei triste?”
    Lo guardai sorpresa. “Non sono triste.”
    “Bella, sei una pessima bugiarda, ricordi?” Il suo sorriso sembrava quasi una presa in giro ora.
    “Sei sparito per un mese intero, senza lasciare messaggi o avvisare.” La tristezza era stata sostituita da una furia cieca. “E la tua unica risposta è che il tempo ti è volato e non te ne sei reso conto? E non pensavi alla tua famiglia?” Non pensavi a me?
    Sembrava spiazzato dal mio repentino cambio d’umore. “Scusami, Bella. Ma... la mia famiglia sapeva dov’ero.”
    Ovvio. Perché non ci avevo pensato prima? Loro sapevano. Ero io l’unica scema. Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e mi morsi un labbro per trattenerle. “Quindi… è tutto apposto. Bene.” Cercai di liberare la mano dalla sua stretta, e me lo permise. Mi avvolsi le braccia intorno allo stomaco e cominciai ad accelerare il passo.
    “Bella!” Non mi voltai, né rallentai. “Fermati, per piacere!” I miei piedi si bloccarono sul posto. Lui mi raggiunse e cercò di guardarmi in viso, ma non glielo lasciai fare. “Bella, cos’hai? Dimmelo, ti prego. Non riesco a sopportare di vederti così.”
    E feci il mio secondo sbaglio. Perché, se era vero che ero una pessima bugiarda, era anche vero che quando lo guardavo negli occhi non riuscivo a trattenermi dal dirgli tutto quello che mi passava per la mente. “Mi hai abbandonata, senza una parola. Sei sparito per un mese e non sapevo il perché. E ora mi dici che il tempo ti è volato, quindi significa che stavi bene. E io… mi sento una scema. Io credevo...”
    Mi posò una mano ghiacciata sulla guancia bagnata di lacrime. “Bella, perdonami. Sì, è vero, il tempo è volato. Ma non è stato divertente. Te lo giuro. Non facevo che pensare alla mia famiglia, a Forks...” Ma non a me. Idiota, Bella! Ti sei innamorata di uno che non ti si fila per nulla. Come Mike. Ti sta bene. “Avevo bisogno di riflettere su alcune cose, e non potevo farlo qui. Non c’è mai pace in casa mia. Nessuna privacy, e ne avevo bisogno davvero. Dovevo capire cosa volevo, cosa era davvero importante per la mia vita.”
    “E non potevi lasciare messaggi da riferire?” chiusi gli occhi, rimangiandomi mentalmente quella domanda.
    “No. Non sarebbe stata la stessa cosa se avessi lasciato detto a Rosalie o Emmett di riferirti che sarei tornato presto. Volevo farlo io.” Lo guardai di nuovo. Il suo sguardo celava qualcosa di strano, oltre alla tristezza. “Ma dovevo essere pronto, dovevo essere sicuro, Bella, che quello che volevo fosse la cosa giusta per entrambi.”
    “Cosa vuoi, Jasper?” La mia voce era poco più di un sussurro.
    “Mademoiselle, mi farebbe l’onore di lasciare che questo galantuomo del sud la corteggi per un po’?” Mi fece un inchino, senza staccare i suoi occhi dai miei. Mi sentii avvampare le guance, ma mi venne anche da ridere e rovinai il momento.
    “Scusa,” mi affrettai a dire mentre si rialzava e la sua espressione rivelava che lo avevo offeso. “Non sono… abituata a questi gesti all’antica. Non volevo ridere.”
    “All’antica? E’ così che mi vedi?”
    “Non lo so. A volte sì, quando mi fai il baciamano. Però è una cosa dolce.”
    “Ok… comunque, mademoiselle, sono ancora in attesa di una risposta.”
    Arrossi di nuovo, mordicchiandomi il labbro inferiore. Avrei lasciato che mi corteggiasse? Ovviamente sì. Se era l’unico modo per tenerlo accanto a me. E forse, questo poteva significare che anche lui… “Sì, mi piacerebbe.”
    Mi sorrise, asciugando le lacrime dalle mie guance. Poi mi prese la mano e la mise tra le sue mentre riprendevamo a camminare.
    “Se ti chiedo una cosa,” gli chiesi mentre arrivavamo nei pressi del ristorante, “prometti che non ti arrabbi?”
    “Certo che non mi arrabbio. Chiedi quello che vuoi.”
    Cercai il coraggio per chiederglielo, ma non era facile trovare le parole adatte. E poi, uno sguardo al suo viso e… “Sei un vampiro?”
    Lo vidi irrigidirsi. Lasciò andare la mia mano, e ci rimasi malissimo. “Come hai detto?”
    “Sei un vampiro?” Guardavo a terra, cercando di trattenere le lacrime. Lo avevo offeso di nuovo, lo sapevo.
    Non rispose. E i minuti passavano. Alzai lo sguardo su di lui, ma non c’era più. Mi guardai attorno. Era sparito di nuovo. Lasciai che le lacrime scendessero lungo le mie guance, chiedendomi se lo avrei mai rivisto.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:36
     
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    Jasper-s-POV


    La domanda di Bella mi spiazzò. Sapevo che aveva notato molte cose su di me mentre eravamo vicini. Ma non pensavo che avesse davvero capito la mia natura. Improvvisamente mi sentii uno stupido. Come potevo amare la mia preda? E come potevo lasciare che lei si innamorasse del suo aguzzino? Sarebbe stato un disastro annunciato già in partenza. Lasciarla lì, a Port Angeles, fuori dal ristorante mentre i suoi genitori uscivano per cercarla fu l’unica soluzione accettabile. Non sarebbe stata in pericolo, e io non mi sarei sentito in colpa.
    Rientrai in casa dopo aver bevuto il sangue di un cervo, ma non riuscivo ad allontanare la paura che fossimo stati scoperti. Cosa avrebbe significato questo per me, per gli altri… per Bella? Un conto era starle accanto per proteggerla, mentre lei era ignara che il pericolo maggiore fossi io. Tutt’altro canto era starle vicino se lei sapeva che potevo farle del male in ogni istante. Rosalie mi buttò le braccia al collo non appena aprii la porta.
    “Mi sei mancato, Jazz.”
    “Lo so. E’ bello essere di nuovo a casa.”
    Mi lasciò andare. Era contentissima. E di riflesso le sorrisi anche io. Poi fu il turno di Esme, che mi abbracciò con meno enfasi, ma mi guardava come una madre amorevole. Emmett mi tirò la solita pacca sulla spalla. Carlisle mi strinse la mano e mi fece capire quanto fosse contento che io fossi tornato. Alice ed Edward non c’erano, e forse era meglio così.
    “Carlisle, possiamo parlare? Ho bisogno di un consiglio.”
    Mi scortò nel suo studio e si accomodò alla scrivania. Stavolta lo imitai, accomodandomi sulla poltrona di fronte a lui.
    “Ci sono problemi?”
    Lo guardai per un istante. Poi decisi di raccontargli tutto fin dall’inizio. Di come Rosalie avesse capito che Bella era innamorata di me, della mia partenza volontaria per allontanarmi da lei e darle la possibilità di vivere una vita mortale. Della rivelazione dei miei sentimenti per lei, della sosta a Port Angeles per salvarla da quei maledetti che volevano farle del male. “E quando mi ha chiesto a bruciapelo se sono un vampiro, non sapevo cosa dirle.”
    “Però… è davvero perspicace, questa ragazza. Mi piace.”
    “Carlisle! Non è il momento. Ho bisogno di sapere cosa devo fare. Sono tornato perché volevo rimanere con voi, qualunque cosa fosse successa tra me e Bella, ma ora… non lo so più.”
    “Jasper, a te non l’ho mai detto perché conosco il tuo passato e le difficoltà che hai incontrato. Ma ora voglio darti lo stesso consiglio che diedi a Edward tantissimi anni fa, quando era ancora un ‘ragazzino’: segui il tuo cuore e non sbaglierai mai.” Fece una breve pausa. “Sei innamorato di lei?”
    “Sì, come non lo sono mai stato di Alice o di chiunque altro.”
    “E lei ricambia?”
    “Fino a prima di quella domanda ti avrei risposto di sì. Ora non ne sono più certo. Come può amare un vampiro, un mostro?”
    “Jasper, qui nessuno è un mostro. A parte quei ragazzi che hai fermato a Port Angeles.” Allungò la mano per stringermi il braccio. “Se non la avessi aiutata saresti stato un vero mostro. Ma lo hai fatto. E questo prova la bontà del tuo animo.” Sorrise. “E comunque penso che lei sapesse che sei un vampiro anche prima che tu la salvassi stasera. Quindi se era innamorata di te prima di quella domanda, sicuramente lo è ancora. O forse, ora ti considererà un mostro per averla lasciata così, senza dirle una parola, dopo che lei ti aveva chiesto di non arrabbiarti.”
    Lo avevo fatto di nuovo. L’avevo ferita inconsapevolmente. Ero proprio un disastro. “Dovrò scusarmi con lei per la milionesima volta.”
    “Hai alle spalle un gran bel numero di anni di pratica. Falli valere!” Mi strizzò l’occhio, sorridendo.
    “Quindi, pensi che dovrei continuare a vederla... e starle accanto?”
    “Se è quello che vuoi, non ti ostacolerò. E nemmeno gli altri.”
    “Ci penserò.” Mi alzai e raggiunsi la porta. “Grazie, Carlisle.” Non mi voltai, ma non fu necessario.
    “Sei mio figlio, Jasper. Non devi ringraziarmi.”
    Mi voltai a guardarlo, e se avessi potuto ancora piangere avrei avuto gli occhi lucidi. “Invece devo ringraziarti. Devo ringraziare te ed Esme per avermi accolto come un figlio. Per avermi dato una casa quando nessun altro lo avrebbe fatto. Per avermi dato un mare di possibilità, nonostante i casini che combino. Per aver perdonato le mie debolezze e i miei capricci. E soprattutto per essere sempre al mio fianco, quando non so nemmeno io cosa voglio o cosa devo fare. Sai che la mia vita, dopo la trasformazione, è stata un vero inferno. Con Maria stavo bene… finché non ho cominciato ad avvertire il peso delle mie vittime. Le loro urla strazianti, la paura che sentivano un attimo prima che li attaccassi, il dolore incredibile che procuravo a causa della mia natura. E poi il cambiamento di umore di Maria nei miei confronti, la sua volontà di sbarazzarsi di me non appena si rese conto che stavo cambiando.” Ripensare al passato era sempre doloroso per me. Ma dovevo fargli capire quanto mi avesse aiutato a diventare una persona nuova. “L’incontro con Alice quando ormai pensavo di non avere più speranze. La vostra ospitalità… è stata l’ancora di salvezza di cui avevo bisogno. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza.”
    Senza una parola, Carlisle si avvicinò e mi strinse le spalle. “Jasper… Sei come un figlio per noi. Lo sarai sempre, qualunque cosa accada. E se questo significa avere una ragazza umana intorno, così sia. Se sei felice tu, noi siamo felici per te. E poi, Bella mi sembra una ragazza sveglia e intelligente. E soprattutto, ti rende felice. Quando parli di lei, ti illumini. Nemmeno quando sei arrivato con Alice ti avevo mai visto così felice. Penso sia Bella la tua compagna, la tua anima gemella. Non fartela scappare solo per una tua stupida paura. E per tutto il resto… noi siamo qui, lo sai. Puoi chiederci qualsiasi cosa.”
    Lasciai Carlisle con un sorriso, poi mi voltai e uscii dal suo studio. Raggiunsi la porta d’ingresso, lasciando Rose con un sorriso. Non so se capì le mie intenzioni, ma non cercò di fermarmi. Una volta fuori, cominciai a correre sempre più veloce. Quello che mi aveva detto Carlisle bastò per farmi concepire un’idea più precisa. Intanto, avrei chiesto scusa a Bella per averla lasciata così. Poi… il resto sarebbe venuto da sé. Arrivato davanti a casa Swan, vidi che mancava una delle due auto, perciò capii che Bella era ancora a Port Angeles. Mi appoggiai ad un albero e attesi.

    *****


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    Bella-s-POV


    Quando i miei uscirono dal ristorante per cercarmi e mi videro in lacrime, fu difficile poter mentire. Raccontai loro dell’aggressione, ma dissi che mi aveva salvato un poliziotto di passaggio e mi aveva poi accompagnata fino al locale. Fortunatamente mi credettero, così entrammo nel ristorante e raggiungemmo il tavolo dove erano già sedute Angela e Jessica. Mi scusai con loro per averle lasciate e mangiammo qualcosa prima di ripartire per Forks. Una volta a casa, diedi la buonanotte ai miei e salii in camera, chiudendomi la porta alle spalle e lasciandomi scivolare fino a terra. Avevo una vita normale prima di trasferirmi a Phoenix, e anche lì le cose andavano decentemente. Ma da quando eravamo tornati a Forks, il mio mondo si era completamente capovolto. Non ero mai stata innamorata prima di allora, e stavo soffrendo le pene dell’inferno prima ancora di cominciare una storia. Presi la testa tra le mani e mi lasciai andare. Ora non avevo paura che qualcuno potesse vedermi piangere. Non mentre ero in camera mia, di sera, da sola. Non so quanto tempo dopo le lacrime smisero di scorrere, ma solo allora mi alzai e iniziai a spogliarmi per mettere il pigiama. Fu mentre infilavo i pantaloni che sentii un rumore sul vetro. Mi avvicinai alla finestra e guardai di sotto. Vidi arrivare una pietra sul vetro e balzai indietro, il respiro affannoso. Dopo un secondo colpo sul vetro, mi affrettai ad aprire la finestra e guardai meglio. Sul prato c’era una figura illuminata solo dai raggi della luna che brillava su nel cielo. Non avevo bisogno di guardarlo meglio per sapere chi era.
    “Che ci fai qui?” Bisbigliai per non farmi sentire dai miei. Probabilmente dormivano già, ma non era il caso di rischiare.
    Jasper mi fece cenno di allontanarmi e dopo un istante lo vidi arrampicarsi sul cornicione della finestra come se fossimo al piano terra. Rimase accanto alla finestra, mentre io lo guardavo da lontano. I suoi cambi di umore mi davano la nausea, e non volevo più illudermi per poi vederlo schiacciare il mio cuore come se fosse un moscerino e buttarlo via.
    “Bella...” Anche lui sussurrava, ma riuscivo a sentirlo lo stesso. “Sono stato un cretino, potrai mai perdonarmi per averti lasciata sola a Port Angeles?”
    Non risposi. Mi bruciava ancora il fatto che per la seconda volta mi aveva abbandonata. Temevo che potesse rifarlo, e allora non so se sarei stata in grado di superarlo. Perciò mi voltai senza dirgli una parola. Non volevo guardarlo negli occhi.
    Rimase anche lui in silenzio, per diversi istanti. “Lo so, ti ho ferita e me ne scuso. Non volevo, te lo giuro. Lasciarti di nuovo era l’unica cosa che non avrei voluto fare. Ma sono stato un codardo. E non è facile per me ammetterlo. Permettimi di spiegarti, ti prego. Poi sarai tu a decidere se devo andarmene oppure no. Non prenderò mai più decisioni che coinvolgano entrambi senza il tuo consenso.”
    Sospirai, poi mi voltai verso di lui, ma non mi mossi. “Risponderai alle mie domande?”
    “Senza alcuna remora. E giuro che non mi arrabbierò mai con te.”
    “Quindi… sei un vampiro?”
    “Sì.” Non aggiunse altro. Rimase in attesa di una mia reazione.
    Abbassai lo sguardo, pensando a cos’altro avrei potuto chiedergli ora. Avevo davvero troppe domande. “E...perché sei sparito?”
    Non mi rispose subito. Chiuse la finestra, mentre una brezza gelida penetrava dal vetro aperto, facendomi rabbrividire. Poi si voltò di nuovo verso di me. “Sentivo di dovermi allontanare da te. Sentivo che stavi per innamorarti, e volevo che tu non lo facessi.”
    “Perché tu non mi ami.”
    “No. Lo facevo perché volevo che tu avessi una vita normale, con un ragazzo umano che possa baciarti e starti accanto senza volerti uccidere.” Fece un passo verso di me, poi un altro, e un altro ancora. “E io ti amo, Bella. Ti amo più della mia stessa vita, ma non volevo ammetterlo.”
    Lo guardai negli occhi. E capii che era vero. Lo percepivo nelle pagliuzze dorate dei suoi occhi, nel suo sorriso mozzafiato, nel suo volermi stare vicino anche se lo respingevo.
    “Stare lontano da te per tutto quel tempo è stata una vera tortura. Ma pensavo che per te sarebbe stato meglio così. Ora so che mi sbagliavo, e ti chiedo umilmente perdono. Non ti lascerò mai più se non sarai tu a chiedermelo.”
    “Che significava quella frase che hai detto ad Edward circa un mese fa? Che eri stato lontano per oltre vent’anni da qualcuno?” Di nuovo, parlai senza riflettere.
    “Quindi ci hai ascoltato. Non ne ero sicuro, ma lo sospettavo.” Mi sorrise. Poi sospirò. “Hai presente Alice?” Annuii. “Beh, era la mia ragazza circa cinquant’anni fa. Poi mi ha lasciato per Edward, e io sono stato lontano da tutti loro per moltissimi anni. Mi faceva male vedere Alice abbracciata ad Edward. Ma nonostante tutto, quando tornai dalla mia famiglia capii che il mio amore per lei non si era affatto assopito. Ed è per questo che non sopporto Edward. E litighiamo spesso.”
    “Ed è anche per questo che poi non venivi più in caffetteria?”
    “Già.”
    “Perché quando ci siamo parlati al parcheggio, il primo giorno di scuola, mi guardavi come se fossi arrabbiato?”
    Rise. “Oh, Bella. Quante domande imbarazzanti. Mentre io cerco di dimenticare i miei comportamenti stupidi e pericolosi.” Scosse la testa. “Non ero arrabbiato. O almeno non con te. Lo ero con me stesso… ed ero assetato. Il vento mi aveva portato l’odore del tuo sangue e… hai scatenato il mostro che cerco di incatenare da quasi un secolo.”
    Mi guardava come se io avessi dovuto temerlo. In realtà ero solo affascinata da quel ragazzo – uomo direi. “Scusa.”
    “Non scusarti, Bella. Se non fossero arrivati Rosalie ed Emmett forse avresti dovuto scusarti. O forse, avrei dovuto farlo io... se fossi sopravvissuta.”
    “Come mai i tuoi occhi sono dorati e non rossi?”
    “E’ a causa della nostra dieta. Noi - i Cullen intendo - non attacchiamo mai gli umani. O almeno cerchiamo di non farlo, e il più delle volte ci riusciamo.”
    “E come vi dissetate?”
    “Cervi, puma, grizzly… non importa, basta che sia un animale.”
    A sentire parlare di orsi e puma mi venne da tremare. “Ma sono pericolosi.”
    Lui scoppiò a ridere. “Per te, sicuramente. Noi vampiri siamo un po’ meno… fragili.” Rimanemmo in silenzio ancora un po’. “Altre domande?” Scossi la testa. “Posso fartene una io?” Annuii. “Come hai capito che sono un vampiro?”
    Sapevo che me lo avrebbe chiesto. “Ho trovato un libro di leggende sui Quileute.”
    “E…?”
    Non ci era cascato. “In realtà è stato il mio amico, Jacob Black, a parlarmi delle leggende Quileute, e dei Freddi. Ma non prendetevela con lui. Vi prego!”
    “Non ci penso nemmeno. E poi non possiamo sconfinare nella riserva. Quindi Jacob è salvo.”
    Questo mi consolò un po’. “Cosa… cosa avresti fatto se… se stasera non fossi arrivato in tempo?”
    Lo vidi tremare, forse per la rabbia. “Non vorresti sapere fino a che punto mi sarei spinto, Bella. Credimi. Ma non l’avrebbero passata liscia. Se solo ti avessero sfiorata, a quest’ora...”
    Sarebbero morti. E’ questo che non dice. Il respiro accelerò per un attimo. Poi di colpo mi calmai. Lo guardai confusa.
    “E’ il mio potere. Posso sentire e manipolare le emozioni di tutti coloro che mi stanno intorno.”
    “Perché hai detto che sono straordinaria?” Non smettevo di chiedergli cose. Sapevo che avrei dovuto lasciarlo andare, ma non volevo perdere l’occasione. Ora era disposto a parlarmi, a raccontare tutto. E volevo sapere.
    Sorrise di nuovo. “Sei straordinaria, Bella, perché con una sola parola riesci a calmarmi. Non so come tu ci riesca, ma è così. La prima volta me ne sono accorto quando mi hai ringraziato per il fazzoletto, dopo che avevi sbattuto la testa.” Fece una breve pausa. “Il mostro che è in me si stava risvegliando all’odore del tuo sangue, ma quando hai detto quel grazie… è sparito. Non mi era mai capitato.” Mi guardava stupito. “E di nuovo stasera, quando ti sei scusata per esserti trovata nel vicolo buio da sola. La rabbia che provavo nei confronti di quei ragazzi è sparita in un secondo. E non capisco come mai. Ma so che è la tua presenza a rendermi più controllato.”
    Arrossii violentemente, e lui mi prese la mano. Al solito, il mio cuore accelerò fino all’impossibile.
    “Ora è meglio se vado. Tu devi dormire, e si sta facendo tardi.”
    Mi lasciò andare la mano, ma io la afferrai di nuovo. “Non farlo.” Si bloccò e mi guardò preoccupato. “Non voglio che tu te ne vada. Hai detto che dovevo decidere io. E voglio che resti.”
    “Bella, ci vedremo domattina. Te lo giuro.”
    Scossi la testa con ostinazione. “Resta con me. Ti prego.”
    Ci pensò su per un minuto, mentre io mi agitavo senza controllo. Poi la calma arrivò. “D’accordo. Starò qui con te, Bella. Ma tu devi dormire.” Lasciai che mi accompagnasse verso il letto, poi sollevai le lenzuola e mi infilai sotto le coperte, allungando la mano verso di lui. Lui la prese delicatamente e si sdraiò accanto a me, sopra le coperte. Mi lasciò poggiare la testa sul suo petto mentre accarezzava i miei capelli.

    *****


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    Passare la notte accanto a Bella, con la sua testa poggiata sul mio petto, fu un’esperienza totalmente nuova per me. Il suo calore sembrava arrivarmi fino alle ossa, oltrepassando questa corazza durissima e impenetrabile. Il profumo che emanava era inebriante, scatenava la mia sete ad ogni respiro. Ma il mostro era sotto controllo. Nulla avrebbe mai distrutto questo meraviglioso momento che stavo vivendo. Ogni volta che lei si muoveva, o si girava, la guardavo estasiato. Rimasi perfettamente immobile, per non svegliarla. Solo una volta le accarezzai i capelli e usai il mio potere per calmarla. Doveva avere avuto un incubo, perché iniziò a respirare affannosamente, agitandosi parecchio. Per il resto, fu una notte assolutamente perfetta.
    Alle prime luci dell’alba, pensai di lasciarla per qualche minuto, per andare a cambiarmi e lasciarle il tempo di vestirsi. Ma al primo mio movimento, lei aprì gli occhi e si voltò a guardarmi.
    “Buongiorno.” Le accarezzai la guancia.
    Lei afferrò la mia mano, come per vedere se fossi reale. “Sei rimasto.”
    “Avevi qualche dubbio?” La guardai e mi sorrise. “Bella, è appena l’alba. Torna a dormire, io vado a cambiarmi e ci vediamo dopo.”
    “Non andartene.”
    “Tornerò prima che tu possa accorgertene. Non preoccuparti. Chiudi gli occhi, Bella. Al tuo risveglio mi troverai di nuovo qui.”
    Attesi che si riaddormentasse, poi mi allontanai da lei e uscì fuori dalla sua camera, passando per la finestra. Dovetti acquattarmi contro il muro per evitare che il Capo Swan mi vedesse. Sarebbe stato imbarazzante spiegargli perché mi trovavo fuori casa sua, all’alba. Aspettai che salisse in auto e che partisse, poi iniziai a correre nella foresta e tornai a casa.
    “Jazz… Non dirmi che da ieri sera stai rientrando solo ora...” Rosalie ed Emmett stavano scendendo dalla loro camera.
    “Sì, dovevo fare una cosa. Ma è tutto risolto.” Sorrisi ad entrambi, prima di sfrecciare verso la mia camera per cambiarmi.
    “Posso?” Alice mi guardava dalla porta aperta. Annuii. Si mosse lentamente, e mi chiesi il perché. “Jazz… Scusa, Jasper. Volevo scusarmi per quello che è successo. So che non è colpa mia, ma mi dispiace davvero di averti fatto stare male.”
    “E’ tutto ok, Alice. Davvero.”
    “Ora che c’è Bella, intendi?”
    “Sì. Ora che c’è lei nella mia vita, è tutto esattamente come avrebbe dovuto essere. E non ce l’ho più con te, o con Edward. Davvero.”
    Sembrava a disagio. “Jasper, sei sicuro di voler continuare questa… storia?”
    “Perché?” Stavo iniziando ad innervosirmi.
    “Lo sai il perché, Jasper. Finora hai evitato di andare oltre, ma per quanto pensi che possa durare? Lei non è come me, o te. Finirai per farle del male. E non so se sarò abbastanza veloce per vederlo.”
    Scossi la testa incredulo. “Tu mi stai dicendo di stare lontano da Bella perché potrei farle del male? Sul serio?”
    “Sì. Ci tengo a te, non voglio che ti rovini la vita per uno stupido capriccio.”
    Stupido capriccio. “Ti ha mandata lui, a parlarmi, non è vero? Cos’è, non ha il coraggio di dirmi in faccia quello che pensa?”
    “Jasper, non è come pensi.”
    “Sì, certo.” Mi infilai la camicia e sfrecciai fino alla sua camera. “Chi sarebbe uno stupido capriccio?”
    Edward sollevò lo sguardo dal libro che aveva in mano. “Scusami?”
    “Perché non vieni tu a parlarmi, invece di mandare Alice? Cos’è, il tuo cagnolino?”
    Edward si alzò e mi venne incontro. “Primo, io non devo dirti nulla. Secondo, Alice non è il mio cagnolino, ma la mia ragazza. Terzo, stalle alla larga! Quarto, non ho mandato nessuno a parlarti.” Gettò il libro verso la finestra. “Ma già che ci siamo, sì. Penso che questa tua infatuazione per l’umana sia solo uno stupido capriccio, un tentativo misero e patetico per dimostrare ad Alice che non sei più innamorato di lei.”
    “Pensavo che fossi cambiato, durante la mia assenza. E invece sei sempre il solito imbecille, borioso e arrogante. Fate davvero una bella coppia, tu e Alice.” Mi voltai per tornare in camera mia. Alice mi guardava sconvolta, ma la ignorai. Presi la giacca e scesi di sotto. Carlisle stava per uscire.
    “Carlisle, aspetta!” In un attimo lo raggiunsi, mentre lui si voltava a guardarmi. “Hai bisogno del Mercedes oggi?”
    “No, puoi prenderlo. Hai qualche programma con Bella?” Mi sorrideva.
    “Non ancora, ma se torno in fretta da lei forse riusciremo a programmare qualcosa di piacevole.”
    “Sono contento che abbiate risolto i vostri diverbi. E immagino anche di sapere dove hai passato la notte.”
    Se avessi potuto, penso che sarei arrossito. “Non è come pensi, Carlisle. Ha voluto lei che restassi a farle compagnia perché non vuole che la lasci di nuovo. Sono rimasto solo sdraiato accanto a lei mentre dormiva.”
    “Ne sono sicuro, non volevo insinuare nulla. Davvero. Comunque, divertitevi.” Mi lasciò le chiavi sul tavolino accanto alla porta e uscì per andare in ospedale.
    “Jazz, salutami Bella. E dille che non vedo l’ora di vederla domani a scuola.” Rosalie stava leggendo una rivista di moda sul divano, mentre Emmett si annoiava. Sorrisi ad entrambi, e anche ad Esme che si affacciò dalla cucina. Poi andai in garage a prendere la Mercedes.
    “Jasper!” Alice mi aveva seguito fin lì. “Non è stato Edward a mandarmi a parlarti. Sono venuta di mia spontanea volontà. Voglio davvero che rifletti su questa tua… infatuazione. Non è salutare, per te.”
    “Alice, io sono innamorato di Bella. La mia non è un’infatuazione, o uno stupido capriccio. E onestamente, non sta a te decidere il mio destino. Mi hai buttato via come un giocattolo rotto appena hai trovato il tuo trofeo scintillante, e sono contento che voi due siate felici. Ora però lasciami vivere la mia vita come voglio io. Ho diritto alla mia felicità come te ed Edward!”
    “Sì, ma non hai il diritto di rovinare le vite degli altri! Cosa accadrebbe a noi se tu ti distraessi?”
    “Vedo che, dopo cinquantasei anni, ancora non ha imparato a fidarti di me. E questo sinceramente mi dispiace, Alice. Pensavo che tu, più di tutti, mi conoscessi bene. Ma mi sbagliavo.” Mi voltai e mossi un passo verso l’auto. “Sai qual è la cosa peggiore? Che se le nostre situazioni fossero al contrario, io mi fiderei di te, Alice. Lo farei sempre e comunque.”
    Salii in auto e sfrecciai via. La mia mente era un tumulto di emozioni, e non riuscivo a trovare la calma necessaria. Mi faceva imbestialire questa sua mancanza di fiducia. Avevo passato cinquant’anni a rimpiangerla, solo per capire che non avevo perso nulla. Non si fidava nemmeno di me. Forse avrei fatto meglio a non affacciarmi nemmeno, a casa. Avrei dovuto rimanere con Bella. Mi sarei risparmiato questa sceneggiata.
    Quando parcheggiai a qualche chilometro da casa di Bella, ero ancora scosso. Uscii dall’auto, chiusi la portiera e mi arrampicai fino in camera sua. Stranamente il letto era vuoto. Forse è più tardi di quanto pensassi.

    *****


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    Quando mi svegliai, Jasper non c’era. Sperai di essere ancora addormentata, ma purtroppo era proprio la realtà. Magari ho anche sognato che ieri sera è venuto a scusarsi e a raccontarmi tutto. Mi sentii come se la mia bolla di felicità fosse scoppiata, lasciandomi disorientata. Per distrarmi, andai in bagno e l’acqua calda mi riportò alla vita. Una volta asciutta, mi spalmai la crema idratante su tutto il corpo, pettinai i capelli e mi lavai i denti. Rientrai in camera per vestirmi, ma mi venne quasi un infarto quando vidi Jasper al centro della stanza. Chiusi di scatto la porta alle mie spalle e arrossii.
    “Scusa, ci è voluto più del previsto.” Il suo sorriso forzato mi fece capire che qualcosa a casa sua doveva essere andato storto.
    Una volta ripresa, mi avvicinai a lui e lo accarezzai su una guancia. “E’ stato tanto brutto?” Guardai i suoi occhi tristi, cupi e mi sentii in colpa per non averlo potuto proteggere da qualunque cosa fosse accaduta.
    “Cosa?” chiese.
    “Qualunque cosa ti abbia fatto star male. I tuoi occhi sono più cupi. E non sorridi nemmeno.”
    In quel momento sorrise, e si illuminarono anche quei suoi occhi meravigliosi. “Sei davvero una sorpresa continua, Bella Swan.” Fece una brevissima pausa. “Sai, avrei tanto voluto conoscerti una cinquantina di anni fa. Avrei vissuto una vita più piacevole con te al mio fianco. Peccato che tu non esistessi affatto, allora. Credo che non ci fossero nemmeno i tuoi genitori.”
    Risposi al suo sorriso. “Sono lieta di poterti rallegrare. Ma non hai risposto alla domanda.”
    “Diciamo di sì. Non mi aspettavo una reazione simile… e mi sono arrabbiato. Tutto qui.” Sapevo che non era tutto lì. Chi aveva avuto una brutta reazione, e perché? “D’accordo, la verità. Al mio rientro in casa, ho litigato con Alice ed Edward per… te.”
    “Perché?”
    “Pensano che non sia forte abbastanza per restarti accanto senza provare ad ucciderti.”
    Allontanai lo sguardo dal suo viso, accigliata e mi morsi un labbro. “Non si fidano affatto di te. Non è solo Edward, allora.”
    “No. Anche Alice… ma l’ho capito solo stamattina.”
    “Mi dispiace, Jasper.” Lo guardai negli occhi, triste. Se nemmeno i suoi fratelli lo supportavano… “Forse per te sarebbe meglio se noi…”
    “Non provarci nemmeno, Bella! Io non ti lascerò solo perché un idiota e la sua ragazza mi ritengono un debole. Lo farò solo se me lo chiederai tu per un motivo serio. E non perché ti senti in colpa a causa dei litigi con i miei fratelli. Non pensarci proprio.” Annuii. Ma mi dispiaceva lo stesso per lui. “Prima che mi dimentichi. Rosalie ti manda i suoi saluti e non vede l’ora di rivederti domattina a scuola.”
    “Oh,” esclamai sorpresa. Pensavo che Rosalie fosse arrabbiata con me perché Jasper era andato via a causa mia. Evidentemente mi sbagliavo.
    “Allora, Bella. Cosa vuoi fare oggi?”
    Riflettei per un istante. In teoria sarei dovuta andare con i miei a La Push, ma Jasper non avrebbe potuto seguirmi. E la cosa non mi andava. Jacob e Seth avrei potuto vederli quando volevo. Jasper era lì, in quel momento. E volevo stare con lui. “Non lo so. Ma prima devo dire a mia madre che non vado a La Push con loro.”
    “Ok, ti aspetto qui, così poi ci organizziamo.”
    Annuii e mi voltai, diretta verso la porta… e mi ricordai di essere coperta solo da un asciugamano. “Jasper… posso chiederti di andare giù per qualche minuto?”
    “Come mai?”
    “Dovrei vestirmi...”
    “Giusto. Ok, sarò di nuovo qui tra dieci minuti.”
    “Grazie.” Lo sentii muoversi verso la finestra e poi un tonfo sordo provenire dal cortile.
    Mi infilai un paio di jeans e un maglioncino azzurro, le mie sneakers e scesi di sotto. Mamma stava preparando la sua borsa.
    “Ciao amore. Hai dormito bene?”
    “Si, mamma. Grazie. Voi… andate a La Push oggi?”
    “Sì, perché? Tu non vieni?”
    E adesso che mi invento? “E’ che ieri… con tutto quello che è successo, mi sono scordata di dirti che Angela voleva andare a fare un giro per Forks. E le avevo detto di sì. Ma se vuoi che venga a La Push...”
    “Tesoro, devi fare ciò che senti. Vuoi andare con Angela?”
    “Sì, mi piacerebbe. Potremmo farci due chiacchiere, è parecchio che non parliamo… solo noi due.”
    “D’accordo, allora. Diremo a Jake che vi vedrete un’altra volta. A che ora vi vedete con Angela?”
    “Penso tra un paio di ore. Non avevamo stabilito i dettagli.”
    “Ok, allora appena tuo padre torna dall’ufficio noi andiamo. E torniamo stasera per cena. Spero di trovarti a casa, senza nemmeno un graffio.”
    “Ci proverò mamma.” Le diedi un bacio sulla guancia e tornai di sopra. Jasper stava rientrando proprio in quel momento.
    “Quindi, io sarei Angela oggi?” Mi guardava divertito.
    “Se vuoi, torno di sotto e le dico che passerò la giornata con Jasper Hale. Ma non credo che ne sarebbe contenta.”
    “Perché non approverebbe un ragazzo come me?”
    “No, non mia madre. A lei non interessa. Ma mio padre ti farebbe un terzo grado che nemmeno tra cinque anni saresti libero dal suo sguardo inquisitore.”
    “Ok, vada per Angela.” Sorrise. “Allora, aspettiamo che tua madre e tuo padre vadano via, e poi dove vorresti andare?”
    “Non ne ho idea.” Afferrai il cellulare e mandai un messaggio ad Angela avvisandola della piccola bugia, e le promisi che le avrei spiegato tutto a scuola il giorno successivo. Poi mi misi a pensare a cosa avrei voluto fare durante la prima uscita ufficiale con Jasper. “Sai, forse dovrei chiedere scusa alla tua famiglia.”
    “Per cosa?” Mi guardò incuriosito.
    “Sei andato via a causa mia. E li stai mettendo in pericolo per me. E’ il minimo che possa fare.”
    “E tu vorresti affrontare una casa piena di vampiri?” Lo disse serio, ma le sue labbra erano leggermente incurvate all’insù
    “Non mi fai paura, nemmeno un po’.”
    Sorrise, molto più del solito, e intravidi i suoi canini affilati e lucidi. “Peccato. Perché penso che dovresti temere i cattivi succhiasangue. Soprattutto me.”
    Mi avvicinai a lui e gli gettai le braccia al collo, un gesto che lo fece immobilizzare e spense il suo sorriso. “Tu non mi fai paura, Jasper Hale.” Poi lo baciai.

    *****


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    Le sue labbra improvvisamente entrarono a contatto con le mie. Il suo gesto mi lasciò interdetto. Cercai di allontanarla da me, per non scatenare la mia sete. Non osavo respirare. Ma lei mi strinse ancora più forte a sé. Il movimento delle sue labbra sulle mie era eccitante, la sua mano accarezzava la mia nuca come se sapesse esattamente come farmi impazzire. Chiusi gli occhi, pensando che così sarebbe stato più facile resisterle, ma quanto mi sbagliavo! Persi totalmente il controllo del mio corpo. Le mie braccia la strinsero forte al mio petto. Le mie labbra si dischiusero, accogliendo il suo sapore così inebriante e dolce. La gola era in fiamme, come se un carbone ardente stesse andando su e giù per la mia laringe. E tutto quello che volevo era continuare a baciare quella ragazzina così fragile, accarezzare il suo meraviglioso corpo caldo, sensuale. La mia eccitazione era palpabile, e avvertivo le sue sensazioni di piacere, che amplificarono le mie. In centoquaranta anni non mi ero mai sentito così, nemmeno per un istante. Al confronto, i baci di Alice erano nulla. E tutte le sensazioni che ricordavo di aver provato con lei sparirono in un istante, rimpiazzate da quelle ben più potenti scatenate da Bella. Quando finalmente staccò le sue labbra, il suo viso aveva un’espressione stravolta… una pallida eco del mio viso, che vedevo riflesso nei suoi occhi lucidi. Restammo per un paio di minuti abbracciati a guardarci, mentre il suo respiro affannoso passava a ritmi più regolari.
    “E’ stato...” Sembrava non avere parole per descrivere quello che aveva appena provato.
    “Incredibile,” terminai io per lei. Ma non era la parola giusta, a malapena si avvicinava alla realtà. “Ma la prossima volta, ti prego, avvertimi. Hai rischiato grosso.”
    Sorrideva mordendosi un labbro. “Scusa. E’ che volevo farlo da parecchio, e… mi sono dimenticata che potresti uccidermi senza che nemmeno me ne accorga.”
    “Già...” Mi rabbuiai.
    “Scherzavo, Jasper. So che non mi faresti mai del male. Non ne sei capace.”
    “Oh, ne sarei capace eccome. E vorrei che tu non sfidassi la sorte ogni istante.”
    Inchiodò i suoi occhi nei miei, accarezzandomi una guancia con la sua mano calda. “Non mi farai mai del male. Non sopravvivresti alla vergogna e al dolore. Così come io non sopravvivrei se tu andassi via per non farmi del male.” Mi sorrise. “Ormai siamo una cosa sola, e non cercheresti mai di ferire te stesso.”
    “So che tu vuoi crederci, Bella. E mi fai impazzire per questa tua fiducia incondizionata.” Sorrisi, mentre le sistemavo una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Ma non devi mai, nemmeno per un istante, dimenticare che in me c’è un mostro incontrollabile pronto al massacro. Soprattutto se mi sorprendi con i tuoi gesti affettuosi.”
    “Bella?” La voce di Renée Swan arrivò improvvisa da dietro la porta. Mi fiondai fuori dalla finestra, nell’istante in cui lei aprì la porta. “Tesoro, noi andiamo. Sicura che non vuoi venire?”
    “Tranquilla, mamma. Angela ha detto che sarà qui tra mezz’ora. Ci vediamo stasera. Salutami Jake e Seth.”
    “D’accordo, amore. A dopo. Divertitevi.”
    Quando sentii la porta richiudersi e dei passi svelti lungo le scale, rientrai in camera sua. “C’è mancato poco.”
    “Ma non dovresti essere quello che sente il pericolo prima ancora che si concretizzi?” Mi guardava con aria di scherno.
    “Da qualche tempo, i miei sensi si sono un po’ arrugginiti. Mi capita soprattutto quando rifletto intensamente, o quando vengo distratto da qualcuno...” Sorridendo, mi avvicinai a lei e lasciai che le mie braccia la cingessero sui fianchi delicatamente.
    “Scusa...” Ma non era affatto dispiaciuta.
    Nel frattempo sentii l’auto del capo Swan partire dal vialetto e imboccare la strada, diretta verso la riserva. “Ora che siamo soli, cosa vuoi fare?”
    Per un istante mi pentii della domanda, formulata in quel modo. Se mi avesse chiesto di fare quello a cui stavo pensando, non so come avrei potuto reagire. Ma fortunatamente Bella era un po’ meno maliziosa di me. “Voglio davvero scusarmi con la tua famiglia per lo scompiglio creato. E che continuerò a creare finché staremo insieme.”
    “Niente di quello che potrei dirti ti farà desistere dal tuo voler incontrare sei vampiri adulti?”
    Scosse la testa. “Non puoi farmi paura in alcun modo.”
    “E va bene. Andiamo. Ma io ti ho avvertita.” La presi delicatamente sulle spalle. “Ti fidi ancora di me?”
    “Sempre.”
    “Allora chiudi gli occhi, sarà meno spaventoso per te.” La sentii stringersi a me, con le braccia e le gambe. Sorrisi prima di buttarmi giù dalla finestra e atterrare in giardino in meno di un decimo di secondo. “Tutto bene?”
    “Credo di sì.”
    Con cautela la aiutai a sganciarsi dalle mie spalle e rimettersi in piedi. Sembrava reggersi in perfetto equilibrio. Poi la accompagnai verso l’auto e le aprii la portiera Mi guardò per un istante, incerta se ridermi in faccia o inchinarsi. Poi salii e le allacciai la cintura, prima di chiudere lo sportello e salire in auto dal lato del guidatore. In un attimo fummo in garage.
    “Wow. Avete tutti questi mezzi?” Bella si guardava intorno estasiata, mentre il suo sguardo si spostava dalla Volvo S60R alla Aston Martin V12 Vanquish di Edward, dalla mia Ducati 848 alla BMW M3 Convertibile di Rosalie e infine la Jeep di Emmett.
    “Sì, beh. Gli anni passano e Carlisle guadagna bene. A volte anche noi ci diamo da fare con qualche lavoretto. E ci togliamo qualche sfizio.”
    “Qual è la tua?”
    “Non mi piacciono molto le auto, preferisco le moto.”
    “Oh, bello. Non sono mai salita su una moto prima d’ora.”
    “E non credo che ci salirai molto presto, Bella. Le moto sono pericolose. Dico sul serio.”
    “Anche se guidassi tu e io mi reggessi fortissimo a te?” Mi guardava con quegli occhioni enormi.
    “Beh, forse se andassi piano... un giretto potresti farlo.” Mi sorrise come se le avessi detto che Natale era alle porte.
    Scendemmo dal Mercedes e la accompagnai di sopra, tenendola per mano. Sapevo per certo che Alice aveva previsto il nostro arrivo, perché sentivo un gran trambusto provenire dal salotto e dalla cucina. Repressi una risata e aprii la porta del garage. “Benvenuta a casa Cullen, mademoiselle.”
    Bella si guardava intorno con la bocca spalancata in un’espressione di pura sorpresa. “E’… stupenda. Luminosissima.”
    “Già, non viviamo in un seminterrato.”
    Mi guardò scuotendo la testa. “Idiota. Non intendevo quello. Pensavo che la luce del sole vi infastidisse.”
    “Non proprio. Ma è meglio se gli umani non ci vedono, quando il sole splende in cielo.”
    “Perché?”
    “Un giorno te lo farò vedere.” Esme, Rosalie ed Emmett si materializzarono istantaneamente di fronte a noi. “Bella, lei è Esme, la nostra… mamma adottiva.”
    “Buongiorno.”
    “Buongiorno a te, cara. E’ così bello conoscerti.”
    “Rose ed Emmett li conosci già.”
    Rose si azzardò ad abbracciarla e la guardai stupito. “Che bello rivederti, Bella.”
    “Anche per me.” Bella era leggermente a disagio. Non credo si aspettasse questa accoglienza.
    “Ehi, Bella!” Emmett era il solito. Invece di restarsene in disparte, strinse Bella in un abbraccio stritola-costole. Dovetti staccarla da lui con forza “Scusa.”
    “Stai bene?” La scrutai ansioso. Anche Rose ed Esme erano preoccupate.
    “Sì, credo.”
    “Tranquilla, Carlisle sarà qui a momenti. Così potrà visitarti.” Esme le accarezzò una guancia con delicatezza.
    Alice ed Edward scelsero proprio quell’istante per rientrare. “Vedo che l’idiota continua a scherzare col fuoco.”
    Ci voltammo tutti verso di lui. “Edward, sparisci. Non è aria,” lo avvisai guardandolo in cagnesco.
    “Preferisco rimanere nei paraggi, nel caso bisognasse ripulire i tuoi casini.”
    Stavo per attaccarlo, quando Esme sorprese tutti. “Edward Anthony Masen Cullen! E’ così che ci si comporta quando ci sono degli ospiti?” Nessuno di noi l’aveva mai vista così infuriata prima. Era davvero spaventosa… forse più di me. “Scusati immediatamente con Bella e Jasper!”
    Carico di rabbia per essere stato rimproverato per la prima volta in vita sua – almeno per quanto ne sapevo, Edward ci guardò in cagnesco e poi sparì di sopra, in camera sua. Alice mi guardò furiosa prima di seguirlo.
    Esme nel frattempo era tornata la solita dolce, materna Esme. “Scusalo Bella, non è in sé. E’ preoccupato per questa storia. Ma non voglio che pensi che sia un cattivo ragazzo.”
    “Non importa. Davvero.” La vidi fare una smorfia.
    “Bella, tutto ok?”
    “Non lo so. Ho avuto come una fitta mentre respiravo.”
    Emmett era pietrificato. “Bella, scusami. Non volevo farti male. Davvero.”
    Per fortuna Carlisle rientrò in quel preciso istante. “Ciao, Bella. Non credevo di rivederti così presto.”
    “Carlisle, dovresti visitarla.” Esme si avvicinò a lui per accarezzargli il braccio. “Emmett ha usato un po’ troppa forza mentre l’abbracciava.”
    “Sta’ tranquilla, cara. Ora controllo che sia tutto ok. Vieni nel mio studio.” Feci per accompagnarla, ma Carlisle mi bloccò. “E’ meglio se aspetti qui. Farò in fretta.”

    *****


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    Lo studio di Carlisle era incredibilmente grande e meraviglioso. C’erano ampie vetrate attraverso cui la luce del giorno penetrava colpendo i mobili in quercia rossa. Carlisle mi fece accomodare su una poltrona, poi si arrotolò le maniche della camicia sugli avambracci. “Devo chiederti di togliere il maglioncino, Bella. Devo controllare che Emmett non ti abbia rotto qualche costola.” Arrossii alla sola idea di rimanere in reggiseno davanti a lui. “Tranquilla, è il mio lavoro. Guarderò solo per un istante e poi potrai rivestirti.” Mi sorrideva tenendosi a qualche centimetro da me. Con riluttanza, sollevai il maglioncino e lo sfilai. Mentre lui mi tastava con delicatezza, cominciai a guardare il soffitto, dove trovai delle decorazioni in legno molto graziose. E al centro era dipinta una scena campestre molto rilassante. “Grazie, cara. Puoi rimetterti il maglione.” Abbassai lo sguardo e lo vidi girare attorno alla scrivania per prendere qualcosa dal cassetto. Velocemente mi rivestii. “Fortunatamente non c’è nulla di rotto, almeno ad un primo esame.”
    “Prima, mentre inspiravo, ho sentito una fitta dolorosa.”
    “Potrebbe essere una costola leggermente incrinata che preme sul polmone. Comunque, non preoccuparti. In poco tempo sarai perfettamente in grado di respirare senza problemi.” Srotolò le maniche della camicia e si rimise la giacca. “Possiamo tornare dagli altri.” Mi fece cenno di precederlo. Mentre tornavamo in soggiorno, notai ogni minimo particolare. Quella casa era davvero straordinaria. Il soggiorno, la sala da pranzo e la cucina sembravano un unico enorme stanzone suddiviso in tre parti con degli ampi archi. Le scale che conducevano ai piani superiori erano in legno chiaro. Tutte le pareti erano bianche, brillanti. Sembrava di essere sommersi da tonnellate di candida neve. Raggiungemmo gli altri. Jasper guardava fuori dalla finestra, assorto. Rose ed Emmett erano seduti sul divano, lei leggeva una rivista e lui giocava alla play station. “Scusa un momento, cara.” Carlisle mi sorrise, poi si diresse verso la cucina.
    “Bella, tutto bene?” Emmett sollevò lo sguardo dal suo joystick solo per un istante, senza nemmeno attendere la mia risposta.
    “Sì, per fortuna.” Mi avvicinai a Jasper che ora mi guardava fisso. Gli presi una mano e me la portai sulla guancia. “Niente di rotto.”
    Mi sorrise. “Meglio così.” Spostò la sua mano dalla mia guancia, fin dietro l’orecchio. Vidi le sue labbra aprirsi in un sorriso più ampio mentre sentiva il mio corpo rabbrividire. Mi allungai verso di lui per baciarlo, e stavolta non si pietrificò. Fece scivolare la mano destra lungo la mia schiena, tirandomi a sé, mentre le sue labbra giocavano con le mie. E poi, fu lui a sorprendermi, prendendomi in braccio e tenendomi stretta a sé con le sue mani sulle mie cosce, saldamente avvinghiate alla sua vita. Mi staccai da lui e lo guardai sorpresa. “Troppo?” mi chiese imbarazzato.
    Scossi la testa sorridendo, prima di riprendere a baciarlo. Ogni sua carezza, ogni bacio… erano sensazioni nuove, mai provate prima. Non avevo mai baciato nessun ragazzo prima, e fino a qualche mese prima la cosa mi preoccupava. Tutte le mie amiche, sia a Forks che a Phoenix, avevano già dato il loro primo bacio. Ma se avessi saputo cosa mi aspettava, non mi sarei preoccupata affatto di tutto questo ritardo.
    Il ritorno di Carlisle ed Esme in soggiorno ci sorprese in quella posizione imbarazzante. Jasper mi rimise a terra, mentre io arrossivo più di quanto avrei voluto. “Bella, Esme pensava che potessi avere fame. Ti andrebbe di assaggiare le sue frittelle?”
    Il pensiero che un vampiro qualsiasi, che non mangia cibo umano, potesse aver pensato di cucinare per me era commovente. “Ne sarei davvero lieta.” Jasper mi accompagnò al tavolo da pranzo, dove Esme aveva già apparecchiato. Poi mi fece sedere a capotavola, mentre lui si sistemava alla mia destra. Esme e Carlisle si sedettero accanto a lui. Il primo boccone fu qualcosa di eccezionale, nemmeno mia madre aveva mai fatto delle frittelle così buone. “Sono deliziose, grazie.”
    “Di nulla, cara. Sono contenta che ti piacciano.”
    Mentre finivo di mangiare, Emmett e Rosalie ci raggiunsero e si accomodarono alla mia sinistra.
    “Io volevo scusarmi con voi,” iniziai. “So che è stata colpa mia se Jasper è sparito per un mese. E mi sento veramente uno schifo. Mi dispiace.”
    Rosalie fu la prima a parlare. “Bella, non è affatto colpa tua. Ho provato spesso a parlarti, in quei giorni. Ma ho capito che ti sentivi talmente in colpa da non ascoltarmi neppure.”
    “Le cose erano un po’ complicate, ma ora sembra che si siano risolte.” Carlisle aveva un sorriso davvero rilassante. O forse era Jasper? Lo guardai con un sopracciglio alzato, ma lui scosse la testa.
    “E tu non hai nulla da rimproverarti, tesoro. Sei la benvenuta in questa famiglia, fin quando lo vorrai.” Esme sorrideva.
    Istintivamente mi rilassai, consapevole che le cose sarebbero andate alla grande. Non so cosa mi dava quella certezza, ma sentivo che sarebbe andato tutto per il meglio in futuro. “Grazie mille. Cercherò di non deludere la vostra fiducia.”
    “Bella, siamo noi – soprattutto io – che non dobbiamo tradire la fiducia che ci stai accordando.” Jasper mi accarezzò un braccio, e il mio corpo reagì immediatamente facendomi tremare. “Sei entrata volontariamente in una casa piena di vampiri, fidandoti del fatto che nessuno ti avrebbe fatto del male. E ti giuro che nessuno mai potrà ferirti. Chiunque dovesse provarci, firmerebbe la sua condanna a morte.”
    Terminai le frittelle, poi Esme sparecchiò. Ci mise un secondo a far sparire tutto e a risistemare la cucina. Mamma sarebbe invidiosa della sua velocità. “Alice ed Edward?” chiesi mentre accarezzavo il braccio di Jasper, disegnando ghirigori sulla sua pelle ghiacciata e dura.
    “Non lo so. E onestamente non mi interessa.” Il suo tono era duro, anche se continuava ad accarezzarmi con dolcezza.
    “Vorrei tanto sapere cosa pensano.”
    “Non credo ti piacerebbe, Bella.”
    “Ma perché ce l’hanno con te? Non capisco.”
    Mi sorrise amaramente. “E’ complicato. Tra di noi ci sono cinquant’anni di odio, rancore – più da parte mia in realtà, ma non è questo il punto. Il problema di fondo è la loro totale mancanza di fiducia nei miei confronti. Sono convinti che presto tradirò la fiducia di Carlisle, attaccando un umano. Te, ad esempio. E questo li spaventa perché se uccido qualcuno, metto nei guai anche tutti loro, che sarebbero costretti a fuggire da Forks. E non potremmo tornare prima che passino almeno un centinaio di anni. Cioè, quando tutti i testimoni non saranno spariti.”
    “Da quando ti conosco,” lo guardai fisso negli occhi, “non ti ho mai visto debole. E di occasioni per uccidermi ne hai avute tante.” Sorrisi. “Di certo non ti ho reso la vita facile, devo ammetterlo. Ma tu sei stato grandioso, non hai mai vacillato. Nemmeno quando sanguinavo davanti ai tuoi occhi.”
    “Bella, non so nemmeno io come abbia fatto. Ma non pensare che sia sempre facile. Ci saranno momenti in cui il tuo odore potrebbe essere troppo irresistibile, tanto da costringermi ad allontanarmi da te. Ma ti prometto che non sarà mai una fuga. Servirà solo per accertarmi di poter essere in grado di proteggerti. Anche da me stesso.”
    “Capisco. E lo accetto. E io ti prometto di non arrabbiarmi se tu mi dovessi allontanare per la mia stessa sicurezza. L’importante è che la tua lontananza sia di breve durata.”
    “Questo penso di poterlo promettere.” Jasper mi sorrise e mi baciò. “Allora, ora che hai chiesto scusa alla mia famiglia, cosa vuoi fare?”
    “Potresti portarmi a fare un giro...” Lo guardai con quello che pensai fosse uno sguardo malizioso.
    “Un giro… in moto?” Sorrisi, mordendomi il labbro inferiore. “Vuoi davvero rischiare la tua vita oggi. E sia, vada per il giro in moto.” Si alzò dalla sedia in un istante, caricandomi contemporaneamente sulle sue spalle. Mi strinsi a lui mentre volavamo lungo la sala da pranzo e il soggiorno fino alla porta del garage e poi giù per le scale. Quando mi mise giù, accanto alla sua Ducati, per un istante mi girò la testa e mi sembrò di svenire. Ovviamente le sue mani mi sostennero senza sforzo. Appena mi ripresi, lo guardai serena. Mi allacciò il casco, poi montò sulla moto e mi aiutò a salire dietro di lui. Mi avvinghiai con le braccia attorno al suo petto e sentii la moto partire, più veloce di quanto mi aspettassi. Provai una strana sensazione di libertà, mentre sfrecciavamo lungo le stradine di campagna intorno a casa Cullen. E poi, senza capire, ci ritrovammo nella foresta. La moto sembrava non avere alcun problema a schivare alberi, radici e rocce. Salimmo sempre più su, veloci come il vento. All’improvviso Jasper spense il motore e scese dalla moto, con me ancora attaccata alla sua schiena, i piedi sospesi in aria. Li allungai lentamente finché non toccai il terreno, poi mi staccai da lui per consentirgli di girarsi a guardarmi.
    “Dove siamo?” chiesi mentre mi sganciava il casco.
    “Volevi sapere perché non vogliamo farci vedere da voi umani alla luce diretta del sole. E qui, oltre le nuvole, posso mostrartelo.” Mi prese per mano e camminammo per qualche minuto, mentre la nebbia intorno a noi si diradava, aprendo un paesaggio stupendo. Il sole illuminava ogni filo d’erba, ogni gocciolina di rugiada sulle foglie e sui fiori. I colori degli alberi erano luminosi, brillanti. Non avevo mai visto uno spettacolo simile, nemmeno a Phoenix.
    “Wow.”
    “Aspetta e vedrai,” mi sussurrò Jasper all’orecchio prima di lasciarmi la mano e continuare a camminare verso la luce da solo. Mi incantai a guardarlo muoversi, e poi fermarsi nel cono di luce. All’iniziò non colsi la differenza, ma quando si voltò verso di me rimasi senza fiato. La luce colpiva la sua pelle candida e perfetta, illuminandola come se fosse fatta di minuscoli diamanti puri e perfetti. Era una visione paradisiaca, meravigliosa, divina. Con movimenti lenti, e gli occhi fissi su di lui, mi avvicinai per toccare quello spettacolo di luci. “Sei stupendo.”
    “Non so se ringraziarti o arrabbiarmi.” Sorrideva, quindi capii che mi stava prendendo in giro.
    “Perché dovresti arrabbiarti? E’ la verità. Sei una visione stupenda.”
    “Mi arrabbio se dici che sono stupendo solo perché mi vedi alla luce del sole.” Continuava a sorridere.
    Gli misi una mano sul petto. “Tu sei stupendo a prescindere, Jasper. E non devo essere io a dirtelo. Ma come fai a non capire che sei davvero una persona straordinaria?”
    “Lo capisco, eccome. Lo vedo riflesso nei tuoi occhi puri e innamorati.” Mi prese la mano tra le sue e la baciò a lungo. Poi si sdraiò sull’erba e mi fece cenno di sdraiarmi accanto a lui. Restammo così, a parlare e accarezzarci per non so quanto tempo. Non avrei mai voluto interrompere l’incantesimo che ci aveva colpito. Avrei voluto restare lì, con lui, in quell’istante perfetto, per tutta l’eternità. E anche lui sembrava provare le stesse cose. I suoi occhi non potevano ingannarmi.
    “Bella, dobbiamo andare.”
    “Perché?” chiesi improvvisamente triste. “Ti sei stancato di me?”
    “Non mi stancherò mai di te, Bella. Davvero.” Mi baciò a lungo prima di continuare. “I tuoi saranno a casa tra pochi minuti. E tu hai promesso di essere lì quando rientrano.”
    Cavoli, è già sera? Non me ne sono nemmeno accorta. Mi guardai intorno. I raggi del sole erano sbiaditi, mentre il cielo si scuriva sempre più velocemente. “Accidenti, non me ne sono accorta.”
    “Nemmeno io, se ti può consolare.” Mi prese per mano e ci alzammo in piedi, poi ci riavvicinammo alla moto e mi infilò di nuovo il casco. Saliti sulla moto, ripartì a velocità fortissima, mentre io mi stringevo al suo petto e mi godevo il suo odore buonissimo di… era difficile da identificare, ma sembrava profumare di natura e dolcezza. In pochi minuti parcheggiò la moto sul retro della casa. I miei erano ancora fuori, per fortuna. Ci avvicinammo alla porta d’ingresso e mi voltai per guardarlo. “Ora devo lasciarti. Tuo padre sta arrivando.”
    “Ok...” Mi morsi un labbro accigliandomi.
    “Tornerò appena si farà notte, te lo giuro amore mio.”
    Amore mio. Il mio cuore perse un battito. “Non mi avevi ancora chiamata così.”
    “Beh, volevo corteggiarti con calma. Ma il tuo bacio di stamattina ha accelerato tutto. E non mi dispiace affatto.”
    “Ti amo, Jasper Hale.”
    “Ti amo, Isabella Swan.”
    Non amavo particolarmente il mio nome per intero, ma sulle sue labbra aveva un suono eccitante. Ci baciammo e lui sparì in un solo istante, lasciandomi sulla porta, la chiave nella mano sospesa in aria, imbambolata. Solo la vista dell’auto di papà che arrivava e si fermava nel vialetto mi riscosse. Salutai i miei, poi mamma preparò la cena mentre io salii di sopra a preparare lo zaino per la mattina successiva. Dopo cena, andai in bagno per mettermi il pigiama e prepararmi. Quando tornai in camera, Jasper era già lì, ad aspettarmi. Mi infilai sotto le lenzuola e lui si sdraiò accanto a me. Parlammo moltissimo, finché non crollai addormentata.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:39
     
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    Dopo due mesi, la mia storia con Bella diventava sempre più intensa. Era difficile starle lontano anche solo per darle il tempo di vestirsi o di pranzare con i suoi. Non vedevo l’ora di stringerla a me, baciarla, accarezzare la sua pelle. E per lei era la stessa cosa, lo vedevo nei suoi occhi, che riflettevano una pallidissima eco della mia voglia di lei. Ma non potevo pensare a Bella in quel modo, non era possibile. Fare l’amore con lei sarebbe stato un giusto coronamento dei nostri desideri, delle nostre sensazioni, del nostro amore. Ma avrebbe potuto ucciderla, e non potevo permetterlo. Avrei resistito anche per tutta la vita, non mi importava. Finché potevo baciarla e averla accanto, ero soddisfatto. La mia sete era totalmente sotto controllo, non avevo mai ceduto al mostro che mi chiedeva il suo sangue. Per la primissima volta nella mia vita da vampiro ero davvero orgoglioso della mia forza, della mia concentrazione. Bella era meno timida, quando stavamo insieme. E anche in pausa pranzo, quando ci sedevamo insieme al tavolo con i suoi amici e con Rose ed Emmett, rideva e scherzava come se fosse completamente a suo agio. Era una situazione talmente piacevole, che non mi importava più nemmeno di quello che facevano Edward o Alice. Carlisle ed Esme erano raggianti, ogni volta che Bella veniva a casa nostra a passare il pomeriggio - quando Renée e Charlie Swan uscivano da soli. E lei si sentiva a suo agio, molto più di quanto non lo fosse tra gli umani. Le sensazioni di assoluta pace e felicità che emanava in ogni momento della giornata mi stupivano continuamente.
    “Voi festeggiate in Natale?” La domanda di Bella mi sorprese. Eravamo nella Jeep di Emmett, per riaccompagnarla a casa dopo la scuola.
    “Certo, perché?” La guardai incuriosito. Anche Emmett guardò dallo specchietto retrovisore.
    “Mi domandavo come passavate le feste. Visto che non mangiate nulla, presumevo che non festeggiaste nemmeno.”
    “Beh, invece festeggiamo eccome,” rispose Emmett.
    “Cosa fate?”
    “Di solito andiamo a caccia, e poi ci scambiamo i regali.” Si voltò verso di me. “Tutto qui.”
    “Quindi, più o meno come una festa umana.”
    “All’incirca, sì. Cerchiamo di stare insieme il più possibile, come una vera famiglia.” Mi sorrise. “D’altronde è questo il senso del Natale, no?”
    Emmett fermò la Jeep davanti casa di Bella. La aiutai a scendere. “Ciao Bella, ci vediamo presto.” Sia Rose che Emmett la salutarono e poi ci lasciarono un po’ di privacy. Li avrei raggiunti a casa correndo.
    “Vuoi entrare?” Di nuovo, la domanda di Bella mi sorprese.
    “Tua madre è già rientrata.”
    “Lo so,” disse abbassando lo sguardo per un istante. “Ma mi chiedevo se tu volessi presentarti ufficialmente come il mio… ragazzo.” Mi guardava titubante.
    Ovviamente la risposta avrebbe dovuto essere un sì, se fossimo stati ancora nel 1860. Avrei dovuto conoscere i genitori della mia futura sposa, ma sarebbe accaduto prima ancora di poterci scambiare un bacio o una carezza. Invece noi avevamo totalmente stravolto le regole. La guardai, cercando di capire cosa volesse davvero. “Sei sicura? Per me possiamo aspettare ancora, non ho fretta.”
    “Sono sicurissima. So che ai tuoi tempi si faceva in maniera totalmente diversa, e mi dispiace di averti privato del lungo periodo di corteggiamento che avevi in mente.” Mi accarezzò la guancia. “Voglio solo riportare un po’ di normalità nella nostra storia. La tua normalità.”
    Misi la mia mano sulla sua. “Non sei costretta, lo sai.”
    “Voglio farlo. E poi sarà più facile affrontare prima la mamma. Così con papà avremo già un’alleata.”
    “D’accordo, allora. Sarò il fidanzato perfetto.” La tirai a me con la mano libera. “Ma prima concedimi un bacio.” Poggiai le labbra sulle sue e le accarezzai la schiena, facendola rabbrividire. Quando la lasciai andare, sorridemmo entrambi. “Modalità fidanzato perfetto attiva. Andiamo?”
    La presi a braccetto e salimmo i gradini che ci separavano dalla porta d’ingresso.
    “Mamma, puoi venire un istante?” La voce di Bella tremava lievemente per l’emozione. La feci rilassare il più possibile mentre Renée Swan si affrettava a raggiungerci dalla cucina. “Mamma, lui è Jasper Hale. E’ uno dei figli adottivi del dottor Cullen.”
    Tesi la mano destra verso la madre di Bella, che la strinse con aria sorpresa. “Buon pomeriggio, signora Swan. E’ un piacere conoscerla.”
    “Il piacere è mio.” Guardava alternativamente da me a Bella.
    “Mamma, io e Jasper… ci stiamo frequentando da qualche settimana.” Sentii la stretta della sua mano sul mio braccio. Come a dirmi, reggimi il gioco. Misi la mano destra sulla sua per farle sentire che avevo capito il suo messaggio. “E volevo che voi lo conosceste.”
    “Beh, tesoro. Grazie mille per avermelo detto. Sai però che tuo padre non tornerà prima di cena.”
    “Non importa, signora Swan. Vorrà dire che lo aspetterò e nel frattempo mi intratterrò con lei e con sua figlia.” Le sorrisi con fare educato, cercando di non strafare.
    “Veramente,” Bella mi guardò come se fossi impazzito. “Abbiamo un sacco di compiti da fare. Quindi, mamma, ti spiace se andiamo di sopra? Scendiamo per quando torna papà.”
    “Certo, andate pure.” Ci voltammo verso le scale e iniziammo a salire, quando Renée chiamò Bella. “Lascia la porta aperta, per piacere,” le sussurrò in un orecchio, non immaginando che potevo sentirla comunque.
    Bella annuì e poi continuammo a salire le scale e ci dirigemmo in camera sua. Aprimmo un paio di libri sul letto, giusto per dare l’impressione che stavamo studiando, nel caso Renée fosse salita. Poi mi sedetti con la schiena appoggiata alla testiera del letto.
    “Allora, come sono andato?” le chiesi mentre lei si sedeva a cavalcioni su di me.
    “Direi, perfettamente. Ma con mamma era facile.” Mi baciò, mentre le sue mani cominciarono a scorrere sulla mia maglia. Io le accarezzavo la schiena e i capelli.
    “Penso che abbia paura che noi possiamo fare una stupidaggine, sai?” La guardavo mentre le accarezzavo una guancia.
    “Tipo?”
    “Beh… tipo quello che fanno i ragazzi quando sono soli in casa.”
    Le ci volle un po’ per capire, poi arrossì violentemente. “Jasper! Non ci stavo nemmeno pensando.”
    “Lo so… ma tua madre sì. Si preoccupa per te, qui in camera tua, con un ragazzo più grande.”
    “E non ha idea di quanto tu sia effettivamente più grande di me.”
    “Hai ragione. Centoquarantatré anni di differenza non sono pochi.” La baciai di nuovo. “Forse dovresti scappare via disgustata.”
    “Te l’ho già detto, non mi fai alcuna paura. E non ti lascerò mai andare via.” Mi baciò ancora, e ancora.
    “Amore, forse dovresti fare i tuoi compiti. Altrimenti tua madre verrà a cacciarmi via con la scopa.” Con riluttanza la feci scendere da sopra di me e le tenni la mano mentre leggeva i suoi appunti. Renée si affacciò un paio di volte, ma non vide nessun comportamento sospetto.
    Verso le 19,00 sentimmo parcheggiare in giardino. “E’ arrivato papà,” Bella disse alzandosi di scatto e precipitandosi verso la finestra.
    “Rilassati, Bella. Non ti preoccupare. Andrà tutto benissimo.” Le feci cenno di avvicinarsi, mentre la calmavo con il mio potere. Quando fu a portata, presi la sua mano tra le mie. “Pronta?”
    Lei annuì e scendemmo in soggiorno. Charlie Swan stava togliendosi la giacca e la fondina della pistola. Quando mi vide, fu quasi tentato di prendere in mano la pistola e puntarmela contro. Incoraggiante. “Papà, lui è Jasper Hale.”
    “Uno dei figli adottivi del dottor Cullen, amore,” aggiunse Renée uscendo dalla cucina sorridendo.
    “Buonasera, signor Swan.” Di nuovo, tesi la mano e lui la strinse continuando a scrutarmi sospettoso.
    “Lui e Bella stanno… insieme.” Renée mise un braccio intorno a quello di suo marito e ci guardava sorridendo, mentre Charlie sembrava sbiancato di colpo.
    “Insieme? Ma quanti anni hai?” il suo tono di voce era parecchio alto. Ma non mi lasciai scomporre troppo.
    “Ne ho diciotto, signore.” Di norma tutti pensavano che avessi oltre i vent’anni. Ma poiché a scuola ero all’ultimo anno, diciotto mi sembrò un’età accettabile… e soprattutto vicina a quella di Bella.
    “Diciotto, eh? Sembri più grande.” Continuava a guardarmi sospettoso.
    “Sì, lo so. Me lo dicono spesso. Dev’essere l’altezza...” O il fatto che sono su questa terra da quasi centocinquanta anni. Chissà.
    “Papà, accompagno Jasper alla porta.” Bella mi strinse la mano e ci spostammo verso la porta d’ingresso. Renée mi aveva già chiesto se volevo fermarmi a cena, ma sarebbe stato impossibile nasconder loro che non mangiavo cibo umano. Così inventai la scusa che mia madre aveva già cucinato perché avevamo dei parenti in visita. Ovviamente fummo costretti a salutarci a distanza, con Charlie e Renée alle spalle di Bella che ci osservavano. Appena rientrarono, cominciai a correre verso casa.

    *****


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    Bella-s-POV


    Ovviamente la cena fu un disastro. Papà mi fece un interrogatorio che nemmeno l’FBI userebbe con i peggiori criminali: da quanto lo conosci, come vi siete conosciuti, da quanto state insieme, avete già iniziato a baciarvi, siete andati oltre, hai conosciuto la sua famiglia, che tipi sono, lui che tipo è… un miliardo di domande a raffica. Fortuna che mamma cercava di distrarlo con la cena. Comunque, alla fine papà mi strappò la promessa di non andare oltre i baci con Jasper almeno fino al compimento del ventesimo anno. Poi sembrò tranquillizzarsi un po’, ma non troppo. Se avesse saputo la vera età di Jasper avrebbe sparato sia a lui che a me, e poi alla mamma che lo aveva fatto entrare in casa. Una volta finito di aiutare mamma a sparecchiare e rimettere a posto la cucina, andai in bagno a prepararmi per la notte. Da quando Jasper veniva a passare la notte da me, avevo preso l’abitudine di spogliarmi direttamente in bagno per non doverlo far aspettare in giardino. Quando entrai nella mia camera, lui non c’era ancora. Ma non mi preoccupai. Pensai ad un ritardo dovuto magari alla caccia. Presi Orgoglio e pregiudizio dal comodino e iniziai a leggerlo mentre aspettavo.
    Quando mi svegliai la mattina, la prima cosa che registrai fu che il libro era chiuso e riposto sul comodino. Mi guardai intorno: Jasper era seduto sulla poltrona, accanto alla finestra.
    “Sei in ritardo,” dissi alzandomi dal letto e accoccolandomi sulle sue gambe.
    “Scusa, amore. Ieri sera mi si è fatto un po’ più tardi. Quando sono arrivato, tu dormivi e non ho voluto svegliarti.” Mentre parlava, le sue mani mi accarezzavano i capelli e le gambe.
    “L’importante è che tu sia qui ora.” Lo baciai. “Cosa mi farai fare oggi?”
    “Mmmmh.” Ci pensò su qualche istante. “Non saprei. Tu cosa vuoi fare?”
    “Stare da te, con Rose ed Emmett.”
    “Ah.” Allontanò per qualche istante i suoi occhi da me. “Quindi non vuoi stare da sola con me?”
    “Scemo. Non possiamo mica stare sempre da soli.” Gli sorrisi.
    “Sicura che non vuoi fare altro?”
    “Jasper, cosa mi stai nascondendo?” Lo guardai con un sopracciglio inarcato.
    “”E’ che… casa nostra è un po’ invasa.”
    “In che senso?”
    “Sono venute a trovarci le nostre ‘cugine’ di Denali. E due amici.” Mi scrutò per un istante. “Ci sono altri cinque vampiri adulti in casa. E non so se ti va di stare con loro.”
    “Come sono le vostre cugine?”
    Sorrise. “Tanya, Kate e Irina sono fantastiche, davvero. Tutte bionde e con occhi color caramello dorato.” Istintivamente mi venne un attacco di gelosia, e voltai lo sguardo verso il letto. Sicuramente saranno anche bellissime. Come Rosalie. “Ma la loro bellezza è nulla in confronto a una certa ragazza umana, il cui sangue è una tentazione costante nella vita di un povero vampiro assetato.” Mi venne da sorridere. Mi voltai a guardarlo, e lui mi fissava con due occhi così luminosi. Mi sciolsi in un attimo. “E poi ci sono Carmen ed Eleazar, altri due vampiri vegetariani. Sono davvero simpatici.”
    “Come mai sono qui?”
    “Hanno deciso di passare le feste di Natale qui, con noi. E sono arrivati leggermente in anticipo. Non ce lo aspettavamo proprio.”
    “E’ per questo che ieri sera hai fatto tardi?”
    Annuì. “Scusami. Ti giuro che se avessi saputo del loro arrivo, non sarei tornato a casa ieri sera, mentre tu cenavi. Sarei rimasto qui e le avrei salutate stamattina, quando ti avrei lasciato dei momenti da umana in solitaria pace.”
    “Non fa nulla.”
    “Allora, vuoi ancora stare a casa nostra?”
    “Pensi che cinque vampiri possano spaventarmi?” Mi alzai e mi diressi verso la porta, per fermarmi con la mano sulla maniglia e voltarmi a guardarlo. “Non mi conosci affatto, tesoro.” Gli mandai un bacio, poi uscii dalla camera chiudendo la porta e fiondandomi in bagno per vestirmi.
    Scesi in cucina per lasciare un biglietto a mamma, che era uscita a fare spesa. Le scrissi che ero in giro con Jasper e che sarei tornata presto. Poi tornai di sopra e con Jasper, mano nella mano, uscimmo dalla porta principale, prima che lui mi tirasse sulle sue spalle e iniziasse a correre verso casa Cullen.
    “Bella,” Jasper mi fece scendere dalle sue spalle, una volta arrivati in garage, e mi bloccò stringendomi a sé con le sue braccia attorno alla mia vita. “Sicura che vuoi conoscere altre persone nuove? Possiamo ancora andare via e fare qualcos’altro.”
    Lo baciai. “Voglio conoscere la tua famiglia… per intero. Anche se sfigurerò al confronto con tre biondissime e perfettissime vampire.”
    “Parlavate di me?” Rose entrò proprio in quel momento.
    “Certo, di chi altro sennò?” Le sorrisi e lei mi rispose con calore, prima di venire a stringermi, staccandomi dalla presa di Jasper.
    “Lo so che parlavi delle nostre cugine. Ma ti adoro quando menti per farmi stare bene.” Mi lasciò andare. “E, a proposito delle nostre cugine di Denali, ti stanno aspettando trepidanti.” Rose poi tornò di sopra, lasciandomi il tempo di prepararmi psicologicamente.
    “Pronta?” mi chiese Jasper.
    “Facciamolo,” risposi voltandomi verso le scale per entrare in casa.
    “Ehi, aspetta un secondo.” Jasper mi afferrò un braccio e mi tirò a sé. “Tu non hai nulla da invidiare a Tanya, Kate o Irina. Bella, tu sei una ragazza meravigliosa, stupenda, sexy, affascinante, bellissima. E io sono l’essere più fortunato al mondo ad averti trovata.” Ci baciammo di nuovo, mentre le mie guance si colorarono di rosso. Poi entrammo finalmente in casa.
    Esme era seduta sul divano del soggiorno, con Rose e una vampira dai capelli castano scuro. Di fronte a loro c’erano le tre vampire biondissime. Accanto alla finestra, Carlisle ed Emmett si intrattenevano con un altro vampiro. Quando entrammo, tutti i nuovi arrivati si voltarono sorpresi a guardare me. Dovevano aver sentito l’odore del mio sangue. Si alzarono in piedi lentamente, immagino per non spaventarmi. Mi venne da sorridere, dopotutto Jasper con me si comportava con tanta naturalezza che ormai i suoi movimenti fulminei non mi sorprendevano nemmeno più.
    “Bella, tesoro. E’ un piacere averti qui di nuovo.” Esme fu la prima a raggiungermi e abbracciarmi. Poi mi presentò i nuovi amici. Salutai tutti con un leggero senso di disagio, subito mitigato da Jasper che ormai mi conosceva meglio di quanto non mi conoscessi io stessa.
    “Quindi sei tu la causa della fuga di Jasper.” Kate mi guardava con uno sguardo strano.
    “Pare di sì. Se avessi saputo di essere così brava a far sparire un vampiro, mi sarei arruolata come cacciatrice di vampiri già dalle elementari.” Non so perché mi uscì quella battuta così fuori luogo, ma per fortuna tutti si misero a ridere. Jasper mi strinse ancora di più a sé.
    “Kate, non stuzzicarla.” Jasper sorrideva alla vampira bionda. “Può finire molto male.”
    “Sì, certo. Jasper, sai che nessuno mi resiste.”
    “Beh… mai dire mai, Kate.”
    “Cosa mi sono persa?” chiesi confusa.
    Jasper rise. “Nulla, tranquilla. E’ solo che Kate ha un potere... particolare.”
    “Davvero?” mi voltai verso Kate.
    “Vuoi provarlo?”
    Annuii, ma Jasper accanto a me diventò teso. “Kate, ti sembra il caso?”
    “Ti prego, Jasper. Non mi farà del male… vero?” Guardai dubbiosa Kate, che continuava a sorridermi.
    “Ok, lo regolerò al minimo. Te lo giuro, Jasper. Non sentirà quasi nulla.”
    Guardai Jasper, finché non acconsentì. Poi Kate si avvicinò e allungò il palmo della sua mano destra verso di me. Con molta lentezza, avvicinai il mio dito alla sua mano, aspettando che accadesse qualcosa... e non sentii nulla. “Ma che…? Non sento nulla!” Ero delusa.
    “Strano, forse sei meno sensibile di quanto si possa pensare.”
    “Riproviamo!”
    “Bella, non mi sembra il caso.” Esme mi guardava preoccupata.
    “Alza l’intensità. Ti prego, Kate.”
    La vidi scambiarsi un cenno con Jasper. “La metto leggermente più alta?”
    Vidi Jasper roteare gli occhi. “Se proprio devi...”
    Stavolta fu Kate ad afferrarmi il braccio all’improvviso, ma nulla. Solo un lieve pizzicore. Mi sentivo quasi presa in giro, mentre gli altri mi fissavano sbalorditi.
    “Jasper, allunga il braccio per favore.” Kate era incuriosita. Jasper allungò il braccio e si irrigidì, sapendo forse cosa lo stava aspettando. E quando la mano di Kate lo toccò, lui sobbalzò.
    “Ehi, vacci piano!” le dissi guardandola storto.
    “Era la stessa intensità usata con te. Non era molto forte. Strano che tu non l’abbia sentita.”
    “Già… sapevo di essere strana, ma non fino a questo punto.”
    Eleazar mi guardava molto più sbalordito rispetto a tutti gli altri. “Cosa?” gli chiese Jasper.
    “Sto pensando che forse la tua compagna potrebbe essere uno scudo.”
    “Uno scudo? Però! Non ne avevo mai conosciuto uno prima d’ora.” Kate ora sembrava meno arrabbiata per il fatto che il suo potere non avesse avuto effetto su di me.
    “Sai se Edward riesce a leggere la sua mente?” chiese Eleazar a Jasper, che scosse la testa, stringendosi nelle spalle.
    “No,” rispose Emmett al posto suo, attirando su di sé molti sguardi curiosi. “Un giorno, parlando tra di noi, ad un certo punto mi ha confessato che non riesce a sapere cosa pensa Bella. E questo lo infastidisce parecchio.”
    “Quindi, può essere. Non mi è mai capitato di trovare un umano che potesse resistere ad attacchi psichici in questo modo, ma evidentemente il suo dono si sta sviluppando fin dalla nascita.” Eleazar ora mi scrutava quasi con ammirazione.
    “Perché Jasper riesce a manipolare le mie emozioni?” chiesi confusa.
    “Perché il potere di Jasper,” rispose Eleazar, sorridendomi, “non ha alcun effetto sulla mente. Solo sulle emozioni. Lo scudo protegge la tua mente. Ed è straordinariamente potente.”
    “Wow… sono circondata da dieci vampiri con forza e poteri eccezionali, e quella straordinaria sono io. Il mondo deve essere impazzito.” Scoppiarono tutti a ridere.
    Rimasi dai Cullen fino al pomeriggio inoltrato, quando mi ricordai che non avevo nemmeno chiamato mamma per dirle che restavo a pranzo da Jasper. “Ora mi ucciderà.”
    “Già… una casa piena di vampiri non può nulla contro tua madre.” Jasper mi strinse a sé mentre tutti mi sorridevano per salutarmi.
    “Bella, vengo con voi. Così mi scuserò con tua madre per averti trattenuta e chiederle se volete venire qui, a Natale.”
    La guardai sorpresa. “Con i miei genitori?”
    “Sì… è un problema per te?” Esme mi guardò preoccupata.
    “No… se per voi non lo è.”
    “Ok, allora andiamo.” Esme mi sorrise di nuovo e poi ci dirigemmo tutti e tre verso il garage per salire sul Mercedes di Carlisle.
    Arrivati davanti casa mia, scendemmo dall’auto e bussai alla porta. Ci aprì mamma.
    “Bella, che fine avevi fatto?” Era sconvolta. Dietro di lei arrivò anche papà, che mi guardava arrabbiato.
    “Signori Swan, mi dispiace. E’ tutta colpa mia.” Esme si mise davanti a me, con il suo fascino da vampiro. E la sua aria era così dolce e materna che i miei si sciolsero. “Ho preparato una lasagna per i miei figli e per i nostri ospiti, e quando Bella è venuta da noi non ho potuto resistere. Doveva mangiare con noi. Poi, una chiacchiera tira l’altra e ci siamo resi conto che si stava facendo tardi.”
    Wow, Esme è proprio brava. Se non sapessi la verità, ci cascherei anche io.
    I miei le dissero che non c’erano problemi, che non doveva affatto scusarsi. Poi Esme li invitò per passare il pomeriggio del 25 dicembre da loro. Mamma accettò entusiasta. Non vedeva l’ora di entrare in casa Cullen fin da quando aveva saputo dov’era situata. Papà accettò, con meno entusiasmo. Poi Esme e Jasper ci salutarono e tornarono alla Mercedes diretti verso casa.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:40
     
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    La notte di Natale, in gruppi di quattro, uscimmo a caccia. Io ero nel secondo gruppo, con Emmett, Rosalie e Kate. Nell’attimo in cui i nostri piedi entrarono nella foresta, Emmett prese Rosalie per mano e sparirono dalla nostra vista. Sempre il solito.
    “So di avertelo già detto, Jasper. Ma Bella è davvero una strana umana.”
    Le sorrisi. “Già. Me ne sono accorto fin dall’inizio.”
    Iniziammo a correre nella foresta, lasciando che i nostri sensi avvertissero la scia di un cervo o di qualche altro animale di cui cibarci.
    “Ed è anche sorprendentemente coraggiosa. Non molti vampiri vogliono provare il mio potere volontariamente.”
    “Io sono il primo.” Le diedi una pacca sulla spalla, ridendo.
    “E mi domando cosa possa significare il fatto che il suo scudo sia già attivo. Eleazar dice che è una cosa straordinaria anche per un vampiro. Di sicuro Aro, se lo venisse a sapere, vorrebbe averla nella sua schiera di fenomeni.”
    “Deve solo provarci. Non gli permetterò mai di avvicinarsi a lei. Piuttosto lo uccido.”
    Restammo in silenzio per qualche minuto, continuando a sfrecciare liberi per la foresta.
    “Comunque, sono contenta che tu abbia finalmente trovato la tua anima gemella.”
    “Kate, i vampiri non hanno un’anima.”
    “Sai cosa intendo.” Mi guardò come si guarda una persona un po’ tonta a cui stai spiegando una cosa ovvia. “E vedendoti così felice, posso perdonare più facilmente il tuo disinteresse nei miei confronti.”
    Mi fermai e la guardai. “Kate… scusami, davvero. Ma dopo Alice non sono più stato me stesso per un tempo lunghissimo.”
    “Lo so. E speravo di poter essere io quella che ti avrebbe riportato la felicità.” Mi sorrise amaramente. “Ma non importa. Il mondo è grande e prima o poi anche io troverò qualcuno.”
    Le posai le mani sulle spalle. “Lo troverai, ne sono certo.”
    Alle prime luci dell’alba, ci ritrovammo tutti in salotto. Dodici vampiri adulti, pienamente soddisfatti e dissetati, in attesa trepidante di tre umani. Beh, dieci vampiri erano in trepidante attesa. Due erano solo scocciati e insofferenti. Ma cercavamo di non farci caso. Ognuno di noi passò la mattina indaffarato in attività differenti. Avevo promesso a Bella una mezza giornata sola con i suoi genitori, e quindi dovevo distrarmi in qualche modo. Alla fine scelsi di giocare a scacchi con Eleazar, mentre Carmen e Kate ci guardavamo. Esme, Carlisle, Tanya e Irina chiacchieravano e ridevano in sala da pranzo. Rosalie ed Emmett erano spariti di nuovo, chissà dove. Alice ed Edward stavano in piedi, davanti la finestra. Guardavano male chiunque, ma nessuno guardava loro.
    Finalmente giunsero le 15,30. Bella stava per uscire di casa con Renée e Charlie. Con calma e naturalezza, ci accomodammo tutti in soggiorno, cercando di non inspirare ma continuando a sollevare di tanto in tanto le spalle per dare l’impressione di respirare. Quando sentimmo l’auto fermarsi sul vialetto, Carlisle si alzò dal suo posto e si avvicinò verso la porta per accogliere gli ospiti. Strinse la mano a Renée e Charlie con naturalezza, presentando al contempo tutti coloro che non conoscevano. Finiti i convenevoli, Renée diede ad Esme un pacco incartato con carta gialla a pois e un nastro rosso legato in un fiocco quasi perfetto.
    “Non dovevate disturbarvi, davvero.” Esme lo accettò con calore e lo aprì curiosa: era un meraviglioso vaso di cristallo alto circa 60 cm, con decorazioni floreali a rilievo. Molto grazioso. “E’ meraviglioso, non so come ringraziarvi.” Esme abbracciò Renée e Charlie, poi sorrise a Bella.
    “Non è nulla.” Renée era stranamente a suo agio. “Mi spiace solo non aver saputo che ci sarebbe stata tutta questa gente. Avrei pensato a qualcosa anche per gli altri.”
    Eleazar, Kate e Carlisle ribadirono più volte che non c’era bisogno di sentirsi in imbarazzo. D’altronde, cosa avrebbero mai potuto regalare ad un vampiro che aveva già tutto e che poteva comprare il mondo intero?
    Passammo un paio di ore a conversare piacevolmente in soggiorno. Renée era davvero una donna particolare, molto espansiva, allegra, solare. Metteva allegria solo con un sorriso. Era fantastica. Charlie, d’altro canto, somigliava molto a Bella. Parlava poco, era un po’ burbero all’inizio ma poi cominciò a sorridere più spesso. Io ovviamente cercai di usare il mio potere solo se necessario, per mettere tutti a proprio agio e rendere questa specie di riunione di famiglia un’occasione unica ed emozionante. Eleazar era il fascino fatto persona, riuscì ad incantare persino lo scontroso Charlie. Emmett li fece ridere tutti a crepapelle, raccontando storielle fantasiose su ipotetici scontri con i suoi compagni di scuola.
    Ad un certo punto, Esme chiese a Renée e Charlie di seguire lei e Carlisle in cucina per far riportare a Renée degli avanzi – che ovviamente avanzi non erano, visto che Esme aveva cucinato lasagne e pollo arrosto apposta per gli ospiti umani del nostro ‘pranzo di Natale’. Tanya e Irina li seguirono, per continuare un discorso con Renée su trucco e moda. Bella rimase con noi altri, in soggiorno.
    “Finalmente, non vedevo l’ora di dirti cosa ti ho regalato, Bella.” Emmett iniziò a saltellare contento sul posto. Aveva regalato a Bella un’autoradio nuova per il suo pickup e gliel’aveva installata mentre lei e i suoi genitori erano a pranzo fuori.
    “Mi hai fatto un regalo?” chiese Bella sorpresa.
    “Certo! Cosa credevi? Sei della famiglia, meriti un regalo.” Rose si schiarì la voce. “Oh, il regalo è anche da parte di Rose.”
    Bella li guardò commossa. “Grazie, Emmett. Grazie Rose. Ma dov’è questo fantastico regalo?”
    “Già installato sulla tua macchina. Se si può definire macchina.”
    “Ehi!” Bella lo guardò accigliata. “Cosa avresti installato esattamente sul mio pickup?”
    “Autoradio nuova nuova. Ultimissima generazione, ultimissimo modello super costoso. Sentirai la differenza.”
    “Emmett, non dovevate.” Emmett la tacitò con un cenno della mano.
    “Anche Esme e Carlisle ti hanno fatto un regalo,” le dissi porgendole un sottile pacchetto ricoperto di carta azzurra con un nastro blu notte. Bella esitava a prenderlo. “Vogliono che lo apri anche se loro sono di là. Hanno allontanato i tuoi per evitare che si sentissero in imbarazzo vista la gran quantità di regali che stai per ricevere. Potranno assistere solo alla consegna del mio.”
    “Ok, allora lo apro.” Bella prese tra le mani tremanti di emozione il sottile pacchetto e iniziò ad aprirlo, passando l’indice nella fessura tra i due lembi di carta.
    All’improvviso, mi arrivò l’odore del suo sangue. E la cosa strana, era che, dopo mesi di assenza, il mostro che albergava in me si risvegliò prepotentemente. Guardai Bella con aria famelica, e lei si ritrasse spaventata. Ancora più strano, fu che la mia mente era stranamente lucida. E immediatamente analizzai la situazione. Non era la mia sete – finora costantemente sotto controllo – ad avermi fatto perdere per un istante la lucidità. Era la mia sete, unita a quella di altri sette vampiri. La mia empatia stava dimostrandosi piuttosto fastidiosa, ma la mente per fortuna non cedette. Proprio mentre guardavo Bella e stendevo una mano verso di lei per cercare di tranquillizzarla, mi accorsi con la coda dell’occhio di un movimento fulmineo alle mie spalle. Troppo tardi! Sentii le braccia forti di Emmett bloccarmi con fermezza. Ma non ne aveva bisogno. Non avrei mai potuto ferire Bella. E poi capii: Edward aveva percepito la mancanza di lucidità momentanea scambiandola per sete inarrestabile e aveva mandato Emmett a fermarmi. Cercai di divincolarmi, per sfuggire alla presa di Emmett e spiegargli che ero perfettamente lucido e padrone di me, ma lui non mollò di un millimetro. All’improvviso, vidi Edward scagliarsi contro di noi, forse per cercare di fermarmi anche lui. Ma qualcosa andò terribilmente storto: Bella si trovava troppo vicina, stava cercando di allontanare Emmett da me. E non potei salvarla da Edward. La vidi mentre lui la colpiva incidentalmente, sbalzandola lontano da me e verso il muro.
    “Rose!” Urlai disperato mentre vedevo il mio unico amore, la sola ragione della mia esistenza, andare sempre più velocemente contro il muro. Rose provò a raggiungerla, ma era troppo lontana. Con uno sforzo, mi liberai dalle braccia di Emmett – che non erano più serrate intorno a me, forse perché era distratto dalla scena di Bella che volava in aria – e mi abbassai di scatto per evitare Edward. Scattai verso Bella, afferrandola a mezz’aria e stringendola contro il mio petto, prima di girarmi mentre la spinta mi buttava contro il muro con la forza di un camion da venticinque tonnellate. Il muro si sfondò mentre ci finivo contro e mi ritrovai a terra, con Bella incosciente tra le mie braccia. La depositai sul pavimento con cautela, tenendole la testa. Rose mi fu subito accanto per controllare che non avesse subito danni permanenti. Quando alzai lo sguardo su Edward, una furia cieca si impossessò di me. Mi scagliai contro di lui, afferrandolo per il collo e proseguendo la corsa verso il giardino.
    “Sei diventato completamente matto? Potevi ucciderla!”Il mio viso era a pochi centimetri dal suo.
    “Stavo cercando di fermare te, idiota!”
    “Già, peccato che io fossi perfettamente sotto controllo. E sei stato tu a ferire lei, non io. Poteva morire, se sbatteva contro il muro!”
    “Cose che capitano,” Edward cercava di divincolarsi dalla mia presa, ma non era alla mia altezza.
    “Giuro che se Bella ha anche solo un graffio, ti ammazzo. E non sto scherzando!” Lo mollai lì fuori, in ginocchio sul prato con le mani sulla gola, e mi precipitai nuovamente dentro per controllare Bella. Anche Renée e Charlie erano accorsi. Carlisle la stava già visitando.
    “Cos’è successo?” chiese Carlisle a nessuno in particolare.
    “Bella è… scivolata ed ha battuto la testa.” La mia risposta non si avvicinava minimamente alla verità, ma poi avrei spiegato tutto a Carlisle. Lui annuì impercettibilmente e continuò a chiamare Bella, tastandole la testa.
    Finalmente lei riaprì gli occhi. E iniziai a respirare con gratitudine. “Bella, stai bene?”
    “Sì, credo. Cosa… cosa è successo?” chiese confusa.
    “Sei scivolata ed hai battuto la testa a terra, amore.” Mi sedetti al suo fianco, tenendole la mano tra le mie. Per un attimo, solo un attimo, l’avevo quasi persa.
    “Già… tipico.” Il tono della sua voce era calmo, ma il suo sguardo mi fece capire che ricordava tutto.
    “Strano però che il muro si sia spaccato così, all’improvviso,” notò Charlie con aria sospettosa, guardando i pezzi di muro a terra. Nessuno gli degnò particolare attenzione, mentre Renée era preoccupata per sua figlia.
    “Tesoro, ti sei fatta male?” La voce di Renée era tesa, ma amorevole. Sembrava ormai aver fatto l’abitudine agli incidenti di Bella.
    “Nessun trauma, per fortuna, Basterà un cerotto sul dito, e siamo apposto.” Carlisle sorrideva rassicurante verso Bella, poi si voltò anche verso Renée e Charlie.
    “Tesoro, come ti sei tagliata?” Renée non capiva.
    “Aprendo il mio regalo,” risposi subito. Poi mi alzai e mi avvicinai al tavolo su cui avevamo messo i regali da scambiarci. Presi il mio pacchettino , tolsi la carta e le misi in mano la scatolina. Era una bella scatola blu, da gioielleria. Bella rimase scioccata quando la vide, così come Charlie. Renée aveva gli occhi lucidi.
    “Jasper...” iniziò Bella, ma le sorrisi.
    “Aprila, potrebbe stupirti!”
    Con mani tremanti, Bella aprì la scatolina che conteneva una collana delicatissima, in oro bianco, con un pendente a forma di cuore blu. Quando mi guardò, anche Bella aveva gli occhi lucidi. Presi la collana e gliela misi al collo. “Perfetta.”
    “E’ bellissima.” Bella non riuscì a dire nient’altro, ma io capii che se fossimo stati da soli mi avrebbe dimostrato la sua gratitudine in altri modi.

    *****


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    Quando tornai a casa, era già sera. I miei rimasero a guardare la TV, ma io salii in camera e aprii la finestra, nonostante il freddo. Jasper sarebbe arrivato a momenti, e se trovava la finestra chiusa avrebbe dovuto perdere tempo ad aprirla. Andai in bagno per mettermi in pigiama e mi infilai sotto le coperte. Non riuscivo ancora a credere a cosa fosse accaduto quella sera. Il taglio, Jasper che prima mi guardava come il primo giorno che ci eravamo conosciuti e poi cercava di calmarmi, Emmett che lo teneva stretto per paura che mi attaccasse, Edward… Edward che mi mandava contro un muro. Sarei morta se Jasper non fosse riuscito a liberarsi da Emmett e afferrarmi un istante prima dell’impatto col muro. Poi avevo sbattuto la testa – immagino contro il petto di Jasper, a causa dell’urto contro il muro - e mi ero risvegliata circondata da tanta gente. Ma Edward non c’era, e nemmeno Alice. Per fortuna non avevo nulla di rotto o peggio. Era la seconda volta che il corpo di Jasper mi faceva da scudo contro una morte certa. E all’improvviso mi vergognai della mia reazione al suo sguardo assetato, quando mi tagliai il dito. Avrei dovuto sapere che lui era più forte, avrei dovuto essere forte per lui. E invece lo avevo trattato peggio di come lo trattavano Alice ed Edward. Mi ripromisi di chiedergli scusa appena fosse arrivato.
    Al mattino mi risvegliai di soprassalto, madida di sudore. Avevo avuto un incubo orribile, ma la sensazione di confusione che provavo non derivava da quello. Piuttosto dal fatto che, per la prima volta in due mesi non avevo avuto Jasper accanto a me, a gestire le mie ansie notturne. E la cosa mi inquietava parecchio. Mi guardai intorno, ma di lui proprio nessuna traccia. Dalla finestra aperta entrava un’aria gelida. Con la coperta addosso, mi affrettai a chiuderla prima di andare in bagno a farmi una doccia calda. Poi mi vestii e tornai in camera, ma di Jasper ancora nessuna traccia. Scesi di sotto a fare colazione, con mamma e papà. Poi presi una decisione.
    “Mamma, io vado dai Cullen. Non penso di fare tardi, ma ti avviserò nel caso.”
    “D’accordo, amore. Ci vediamo dopo. E saluta ancora Esme e Carlisle da parte nostra.”
    Presi il pickup e partii in direzione della casa dei Cullen. Guardai l’autoradio che Emmett mi aveva regalato la sera prima e mi venne da piangere. Ero davvero fortunata a far parte di una famiglia così… dolce. Accesi la radio e mi godetti la musica mentre guidavo a velocità sostenuta. Parcheggiai davanti al vialetto e mi diressi verso la porta. Fu Carlisle ad aprirmi, come al solito.
    “Buongiorno, Bella.”
    “Buongiorno. Jasper è qui?”
    Carlisle attese qualche istante prima di rispondermi. “Forse dovresti entrare.”
    Quando oltrepassai la soglia, vidi tutti i Cullen – tranne Edward, Alice e Jasper – e il clan di Denali riunito al tavolo da pranzo e la cosa mi insospettì.
    “Che sta succedendo?”
    Esme si voltò a guardarmi e poi mi abbracciò. “Tesoro, che piacere vederti. Come stai?”
    “Bene, grazie. Mamma e papà vi ringraziano ancora per la bella giornata di ieri.”
    “Oh, che teneri. Ricordami di mandar loro dei dolci più tardi.”
    “Ok...”
    Jasper entrò proprio in quell’istante dalla porta del garage. “Bella, che ci fai tu qui?”
    “Veramente io vorrei sapere che fine avevi fatto tu.”
    “Scusa, avrei dovuto avvertirti. Stavo per venire da te, ma ho pensato che fosse più urgente risolvere la questione Edward. Per evitare che tu continui a farti male, se frequenti questa casa.”
    “Oh… ok. E avete risolto qualcosa?”
    “E’ quello che ci stavamo chiedendo un po’ tutti,” disse Carlisle prima che Jasper potesse rispondere alla mia domanda.
    “No. O meglio, io avrei voluto ma ero troppo infuriato per parlare con Edward. E lui è sparito con Alice, quindi siamo ancora punto e a capo.”
    “Allora risolviamola adesso, perché sinceramente questa cosa mi sta stufando.” Stavo iniziando ad innervosirmi, e non mi importava quale problema avesse Edward con me. Volevo che la smettesse di dare addosso a me e Jasper. “Dov’è?”
    “Io no...” Jasper mi guardò confuso.
    “Che vuoi ancora?” Edward ed Alice entrarono dalla porta d’ingresso, mano nella mano.
    Mi voltai verso di loro con aria di sfida. “Grazie per avermi quasi uccisa. Sai, ieri sera avevo un po’ fretta e non ho potuto ringraziarti come meritavi.” Il sarcasmo nel tono della mia voce era molto evidente.
    “Prego, quando vuoi.” Il suo sorriso sardonico mi fece venir voglia di tirargli uno schiaffo.
    “Ed, smettila!” Alice parlò a voce bassa, ma riuscii a leggerle le labbra.
    “Stavo pensando che oggi mi andrebbe di provare a precipitare dalla montagna. Ma da sola non so se avrò il coraggio. Non è che mi daresti una spintarella?” Continuavo a guardarlo in cagnesco. Sentivo gli altri trattenere il respiro, non sapendo bene cosa fare. Jasper tentò di calmarmi. “Jasper, finiscila!” Lui smise subito.
    “Potrei anche buttarti da un aereo senza paracadute, se proprio insisti.” Lui si beccò una gomitata nelle costole dalla compagna.
    “Quello magari lo proviamo domani. Ora posso sapere che diavolo ti è preso ieri sera? Perché hai attaccato Jasper, mandandomi contro un muro?”
    “Stava per ucciderti… e forse avrei dovuto lasciarlo fare. Mi sarei risparmiato tutta questa pantomima.”
    “Idiota! Non ti sei nemmeno soffermato per un istante a leggere davvero la mente di Jasper, invece di presumere che avrebbe fatto solo quello che tu ti aspetteresti da lui in situazioni simili?”
    “Io ho letto la sua mente. E stava per dissanguarti. Ma figurati, è davvero un piacere salvarti la vita.”
    “Se tu avessi davvero letto la sua mente - e se lo conoscessi bene, invece di allontanarlo e giudicarlo perché non è ‘perfetto’ quanto lo sei tu - avresti saputo che la sete che provava era solo un riflesso condizionato alla sete di tutti i vampiri presenti ieri sera, quando mi sono tagliata. La sua mente era lucidissima, lo vedevo nei suoi occhi.” Sentivo gli altri che mi fissavano alle mie spalle. “Non avrebbe mai attaccato. Voleva solo prendermi la mano e rassicurarmi. Ma tu tanto te ne freghi di lui, e te ne freghi di chiunque non sia Edward-perfettino-Cullen o Alice. E commetti errori stupidi, da principiante. Ieri sera chi mi ha messa in pericolo sei stato solo tu, e nessun altro. E se fossi meno presuntuoso lo avresti capito!” Mi ero sfogata. Mesi di rabbia, angoscia, frustrazione nel vedere Jasper trattato come un cane malato da quei due finalmente erano usciti dal mio corpo – forse con un po’ troppa foga. Ma non me ne fregava nulla. Qualcuno doveva rimettere quel vampiro al suo posto, e se quello era l’unico modo, andava benissimo così. “Ah, e tanto per la cronaca non sei perfetto proprio per nulla. Sei solo un borioso, egoista, arrogante, viziato ragazzino che gioca a fare l’adulto. Jasper sì, che è perfetto. Lui è altruista, generoso, dolce, amorevole e sa cosa significa soffrire. Tu sei solo un cretino!”
    Edward e Alice rimasero a bocca aperta, senza sapere cosa dire. Jasper mi si avvicinò e mi guardava esterrefatto. “Come hai fatto a leggermi dentro così bene? Con tutta quella confusione, ieri sera nemmeno io ero sicuro che questa fosse la verità. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono chiesto se la sete che provavo e che aveva risvegliato il mostro dentro di me non fosse solo dovuta alla mia troppa vicinanza a te.”
    “Jasper, io ti conosco. I tuoi occhi non mi hanno mai detto altro che la verità. Non ho bisogno di leggere le tue emozioni per sapere che non potresti mai e poi mai farmi del male.” Lo guardai dritto negli occhi, portandomi una sua mano sulla guancia. “E anche loro dovrebbero saperlo. E dovrebbero essere orgogliosi di te e del tuo autocontrollo fenomenale. Tu vali molto più di Edward, e non vuoi ammetterlo nemmeno a te stesso. Ma lo farò io per te, amore. Sempre e comunque. E mi dispiace di aver dubitato di te per un istante. Non avrei voluto spaventarmi, te lo giuro. Io...”
    Lui mi baciò, senza lasciarmi finire la frase. Mi strinse forte al suo petto e continuò a baciarmi per un tempo che mi sembrò infinito. “Bella… te l’ho già detto un milione di volte, ma voglio ripetertelo finché avrò vita. Sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto. E ti amo davvero tanto, forse più di quanto sia lecito o possibile. E non devi scusarti di nulla. La paura è un sentimento normale negli umani, ma non significa che tu non ti fidi più di me o che non mi ami più. Io lo so, e ora credo lo sappiano tutti.”
    Quando mi lasciò andare, mi ritrovai all’improvviso tra le braccia di Esme e Rose, che se avessero potuto avrebbero pianto dalla gioia. Carlisle mi sorrideva emozionato, Emmett mi faceva l’occhiolino e sollevava i pollici. Il clan di Denali era sconcertato, credo, dalla mia stranezza. Ma francamente non mi importava. Dovevo far capire a Jasper cosa significava lui per me, e il resto era marginale.
    “Bella,” disse Edward all’improvviso. “Mi dispiace. Credo che tu abbia ragione. Non sono riuscito a superare la gelosia nei confronti di Jasper. E me la sono presa con te.”
    “Perché dovresti essere geloso di lui? Sei tu che ora stai con Alice al posto suo. E’ Jasper, semmai, che dovrebbe essere geloso di te.”
    “Ero geloso della sua felicità. Lo preferivo quando era depresso e ancora cotto di Alice, mi faceva sentire più importante di lui. Ora che è felice, non ho più alcun ascendente su di lui. E questa cosa mi fa arrabbiare. E hai ragione, sono stato stupido, orgoglioso, presuntuoso e arrogante. E ti ho messa in pericolo. Scusami.”
    “Non fa nulla. E tu scusami per tutte le cose orribili che mi sono uscite dalle labbra senza che le avessi nemmeno pensate.”
    “Amici?” Edward mi tese la mano.
    “No.” Strinsi la sua mano. “Fratello e sorella, mi sembra più adatto.”
    Lui mi sorrise, e anche io gli sorrisi. Finalmente le nostre questioni sembravano risolte. Ma sarebbe durata per tutta l’eternità? Per esperienza personale, sapevo che una persona arrogante ed egoista difficilmente riusciva a diventare altruista e bendisposto verso gli altri. Ma magari con i vampiri era diverso, e poi avrei dovuto farlo per il bene di Jasper. Edward era suo fratello – anche se adottivo - e io stavo con Jasper, volevo il suo bene e questo significava intrattenere rapporti di cortesia con la sua famiglia. Quanto meno. Quindi avrei fatto tutto il possibile perché le cose con Edward e Alice potessero funzionare. Per Jasper.

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    Dopo la sfuriata di Bella contro Edward, le cose tra noi andarono un po’ meglio. Per lo meno evitavamo di scannarci ogni volta che ci vedevamo. Ed era un gran miglioramento, soprattutto per Esme che non voleva vederci litigare. Tanya e gli altri si trattennero da noi fin dopo le vacanze natalizie. Esme invitò ancora un paio di volte Renée e Charlie da noi per stare insieme. Col passare del tempo, Charlie iniziò a rilassarsi un pochino – anche se mi guardava sempre con preoccupazione, ma almeno mi lasciava entrare in casa. Festeggiammo insieme anche la notte di Capodanno, e ci volle un grandissimo sforzo da parte nostra per mangiare tutto ciò che Esme e Renée avevano cucinato per quella serata speciale. Bella di tanto in tanto ci guardava sorridendo, sapendo benissimo che per noi il cibo umano non ha alcuna utilità. Era solo fastidioso riempirsi lo stomaco di robaccia. Ma mantenemmo la copertura, per non scontentare nessuno e non farci scoprire. A volte mi chiedevo ancora come avrei fatto a mantenere le apparenze per tutta la vita umana di Bella. Se ci fossimo sposati o se Renée mi avesse invitato a cena o pranzo da loro, non avrei potuto addurre per sempre la scusa che Esme mi aspettava per cena o che avevo già mangiato. Ma avremmo sicuramente trovato una soluzione accettabile col tempo. Senza mettere in pericolo anche le loro vite.
    “Jasper, come sei diventato un vampiro?” La domanda di Bella mi sorprese mentre le accarezzavo i capelli, nella radura in cui per la prima volta le avevo mostrato ciò che il sole fa sulla nostra pelle. Febbraio ormai era arrivato, con il suo carico di freddo e neve. Da casa, Bella aveva portato una coperta molto spessa – che non usavano mai. La piegai più volte e la stesi sulla neve per farla stare al caldo.
    “Vuoi saperlo davvero?” Lei annuì, restando sdraiata sul fianco, con la mano poggiata sotto la sua guancia e puntandosi con il gomito per stare più comoda. “E’ una storia lunga, risale a circa centoquarantadue anni fa. Era il 1863, in Texas. Era un periodo molto complicato, c’era la guerra. Due anni prima, nel 1861, mi arruolai nell’Esercito Confederato. Non avevo ancora compiuto diciassette anni. Ovviamente, quando andai a registrarmi, dissi loro di averne già venti. Non mi avrebbero mai preso, se avessero saputo quanto fossi giovane.” Sorrisi mentre continuavo ad accarezzarle i capelli che svolazzavano nel vento. “Da umano ero molto carismatico, piacevo alla gente e in breve tempo riuscii a fare carriera nell’Esercito. Divenni il più giovane maggiore che ci fosse mai stata in tutta la storia, superando di grado gente molto più anziana ed esperta di me. Ma ero contento, mi piaceva la mia vita.” Feci una breve pausa. “Durante la prima battaglia di Galveston – battaglia è un eufemismo, diciamo che fu una lite – il mio compito era di evacuare donne e bambini e portarli al sicuro al porto dove ci attendevano le navi unioniste. Ci misi un giorno intero per radunarli tutti e prepararli per la partenza. Una volta che il primo gruppo di civili fu in salvo, cambiai il mio cavallo e tornai direttamente a Galveston, senza fermarmi nemmeno per un istante. Dovevo portare a termine il mio compito, avrei riposato dopo. Fu a circa un chilometro dalla città, quella notte, che incontrai tre giovani ragazze, da sole e a piedi. Pensai che avessero perso di vista gli altri civili e mi affrettai a raggiungerle per portarle in salvo. Avevano la pelle bianchissima, luminosa sotto i raggi della luna che splendeva su nel cielo. Capii subito che non facevano parte del gruppo di civili che avevo evacuato, mi sarei ricordato di tre ragazze così belle. Una di loro aveva i capelli scuri e tratti da messicana, mentre le altre due erano biondissime. La mora, si chiamava Maria, fu quella che mi trasformò. Quando la vidi avvicinarsi a me, rimasi inchiodato al suolo. Non riuscivo a muovermi. Lei inclinò la testa di lato e affondò i suoi canini affilati nella mia gola. Fu un’agonia, terribile.” La scrutai per vedere le sue reazioni, ma era stranamente calma.
    “E poi, cosa è successo?”
    “Il dolore che provai in quei due giorni di agonia… era come se un fuoco mi ardesse nelle vene. Urlavo dal dolore, mentre il mio corpo era scosso da spasmi violentissimi. Il veleno di Maria si faceva strada dentro di me, trasformandomi radicalmente da un umano fragile a immortale assetato di sangue e quasi indistruttibile.”
    Bella mi poggiò la mano libera sulla guancia. “Mi spiace che sia stato così doloroso.”
    “Tranquilla, ormai sono passati tanti anni. E comunque è stato così per tutti: Esme, Carlisle, Rose, Emmett, Edward… Anche loro hanno sofferto le pene dell’inferno quando si sono trasformati. L’unica che non ricorda il dolore o la sua vita da mortale è Alice. Ma non sappiamo perché.”
    “Poi ti unisti a Maria e alle altre due ragazze?”
    Annuii. “Nettie e Lucy. Maria voleva creare un esercito di neonati – vampiri appena creati – per combattere altri vampiri per la supremazia e il controllo degli Stati del Sud. A quei tempi c’era un vampiro, Benito, che aveva per primo avuto l’idea di combattere con dei neonati. I vampiri appena creati sono fortissimi, a causa del sangue umano che ancora gli scorre dentro. Ma sono anche molto prevedibili in fase di attacco. Un po’ come Emmett.” Risi e Bella fece altrettanto. “E soprattutto sono ingestibili, in preda alla sete di sangue. Combattono tra di loro. Un vero incubo tenerli a bada. Benito e i suoi eserciti furono distrutti dai Volturi.”
    “I Volturi?”
    “Sì. Diciamo che i Volturi sono i nostri giudici. Se tu uccidi troppe persone e metti a rischio il nostro segreto, loro sono tenuti ad intervenire per sterminare i clan che infrangono le regole. I principali sono tre: Aro, Caius e Marcus. Poi c’è tutta la guardia, composta da vampiri con forza e poteri letali. Non ti conviene farli intervenire. Dopo la venuta dei Volturi, i clan hanno continuato a creare vampiri ma lo facevano con più accortezza. Una di questi era proprio Maria. Dopo la mia trasformazione, lei capì che ero una vera risorsa per lei. Il mio carisma da umano si era trasformato nell’abilità di avvertire e manipolare le emozioni di chi mi circonda. Inoltre, la mia ambizione era addirittura diventata più forte. In breve tempo mi distinsi tra gli altri neonati per forza, capacità e volontà. Così Maria mi affidò il compito di addestrare prima e distruggere poi i vampiri neonati. Sai, dopo circa un anno noi vampiri esauriamo il sangue umano che ci scorre nelle vene e la nostra forza si riduce esponenzialmente. Quindi Maria voleva disfarsi di coloro che erano diventati solo un peso. Ed era un compito che svolsi con costanza e senza mai avere dubbi sul fatto che forse era la scelta sbagliata. Ero infatuato di Maria, e per me i suoi ordini erano indiscutibili.”
    “Quando hai deciso che non era quello che volevi?”
    Il ricordo mi fece sorridere. “Una sera, dopo decenni di questa vita, mentre uccidevo dei vampiri ormai inutili insieme al mio amico Peter - quasi un fratello in realtà – lui all’improvviso si infuriò. Stavo per uccidere una giovane vampira, - Charlotte - e lui le gridò di scappare via, e poi le corse dietro.” Guardai Bella con un misto di tenerezza e nostalgia. Mi mancavano parecchio Peter e Charlotte. “Peter non aveva mai veramente voluto combattere, ma non aveva altra scelta. E quando fuggì con Charlotte, io non ebbi il cuore di corrergli dietro e ucciderli entrambi. Li lasciai fuggire.” Altra breve pausa. “Maria si arrabbiò moltissimo con me. Mi punì in maniera tremenda. Fu allora, credo, che capii che c’era un altro mondo, un’altra maniera di vivere. Iniziai a sentirmi depresso, e per Maria in quelle condizioni ero inutile. Mi accorsi che lei stava provando sentimenti diversi nei miei confronti, e capii che avrebbe cercato di uccidermi. Così scappai via, correndo con tutta la forza che avevo a disposizione. Per qualche anno vissi da solo, cibandomi di umani. Ma ogni volta che prosciugavo qualcuno, la depressione aumentava. Fu quando rividi Charlotte e Peter – ormai una coppia di vampiri liberi e soddisfatti – che capii quale fosse il problema. Ogni volta che uccidevo, le emozioni della mia vittima mi entravano dentro. Potevo sentire la loro paura, e questo mi disturbava parecchio. Così lasciai i miei amici e cercai una strada alternativa. E finalmente trovai la dieta giusta.” Sorrisi di nuovo. “Certo, bere il sangue di un animale non è così soddisfacente quanto bere il sangue umano. Ma almeno non provo più sensi di colpa, e questa è una sensazione di gran lunga migliore.”
    “Fu allora che incontrasti Alice?”
    Allontanai lo sguardo da Bella per un istante. “Accadde nel 1948, a Philadelphia. Dopo la trasformazione, lei aveva visto che ci saremmo incontrati proprio lì. Mi aspettava in quella caffetteria e mi parlò di un’altra visione in cui ci vedeva raggiungere i Cullen. Ci vollero due anni per affinare le nostre capacità di adattamento alla dieta ‘vegetariana’. Poi raggiungemmo i Cullen e loro ci ospitarono.” Dovevo aver cambiato espressione senza accorgermene perché Bella si tirò su a sedere e mi abbracciò.
    “Mi dispiace, amore. Hai amato due persone, ed entrambe ti hanno voltato le spalle.”
    “Non fa nulla, davvero. Ormai è passato. E ci sei tu ora, nella mia vita.”
    “Finché vivo...” Si rattristò all’improvviso.
    “Cos’hai?” Le presi il mento con una mano e la guardai negli occhi.
    “Non voglio lasciarti, Jasper. Non posso sopportare che dopo la mia morte tu ricada nella depressione e nell’oscurità. Non è giusto. Non te lo meriti.”
    “Non succederà, amore mio. Te lo giuro. Il pensiero di te, del tuo amore, mi terranno in vita per tutta l’eternità. Anche se non potrò più averti accanto.”
    “Non è giusto lo stesso. Io vorrei… poterti state accanto per tutta l’eternità.” Le sue guance erano rigate da lacrime calde che le scivolavano giù fino al mento.
    “Bella… non sarebbe giusto soddisfare un mio capriccio egoistico e trasformati in una vampira. La mia vita è stata condannata molto tempo fa, e ne devo pagare le conseguenze. Ma tu hai una vita luminosa e piena da vivere. Non posso farti questo.”
    “Quindi sono solo un capriccio egoistico, un qualcosa da usare finché non mi rompo.” Si morse un labbro, mentre gli occhi si inumidivano di nuovo. “Dici di amarmi tanto, ma non credo sia vero. Se tu mi amassi davvero, vorresti avermi accanto per sempre.”
    “Amore, io ti terrei accanto a me per tutta l’eternità. Ma non ti trasformerò volontariamente, condannando anche te a questa non-vita. Sarei solo un egoista. E non voglio esserlo.”
    “Ma non è una scelta tua. E’ una scelta mia!” Si allontanò da me. “Sono io che voglio stare con te per l’eternità. Hai detto che avrei avuto io la scelta nella nostra storia, e sto scegliendo. Sto scegliendo di non lasciarti, mai e poi mai. Sto scegliendo di stare accanto all’unica persona che abbia mai davvero amato finché per entrambi non sopraggiunga la distruzione. Sto scegliendo di seguire i nostri cuori, le nostre menti, i nostri corpi. Jasper, noi vogliamo esattamente la stessa cosa. Non saresti egoista a trasformarmi. Esaudiresti il desiderio più grande della tua compagna, dell’unica ragione della tua esistenza. Sarebbe perfetto. Tu potresti finalmente essere te stesso completamente, e io non rischierei più la vita in alcun modo.”
    “Bella, ti prego. Non tentarmi. Sarebbe un sogno, ma tu hai davvero molto da perdere con questa scelta.”
    “Ho da perdere molto solo se resto umana, Jasper. Perché rischio di perdere te. E non lo voglio.”
    “Bella, pensa a Charlie e a Renée. Vorresti davvero lasciarli, far credere loro che sei morta? Perché solo così potrebbero andare avanti con le proprie vite. E tu non potrai vederli mai più.”
    Bella continuò a guardarmi infelice, ma sapevo che la sua famiglia era altrettanto importante per lei. E non volevo che prendesse una decisione basata solo su un sentimento che poteva essere momentaneo e fugace. Avrebbe potuto rimpiangere la sua decisione, e volevo evitarle ogni futuro dolore o depressione. Non me lo sarei mai perdonato altrimenti. Per l’eternità.

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    I giorni passavano, sempre intensi e belli. Peccato che Jasper non volesse trasformarmi in una vampira. Capivo le sue ragioni, e mi sarebbe dispiaciuto lasciare mamma e papà. Ma era ancora più doloroso per me pensare che presto sarei invecchiata, e la morte mi avrebbe reclamata, lasciando lui indietro in un’eternità piena di rimpianti e oscurità. Lui poteva dire ciò che voleva, ma vedevo la paura dietro ai suoi occhi: neanche lui avrebbe voluto lasciarmi andare, e se avesse potuto tenermi in vita per l’eternità lo avrebbe fatto. Era solo ostinatamente e disperatamente convinto che diventare una vampira per me sarebbe stato un grande errore. E restavamo in questa sorta di impasse, mentre la vita intorno a noi andava avanti.
    A complicare le cose, ci si mettevano anche Harry Clearwater e Billy Black, che stressavano mio padre perché non volevano che intrattenesse rapporti con i Cullen.
    “Harry dice che dovresti lasciare Jasper, tesoro. E a quanto pare, anche Billy la pensa così,” mi disse una sera, mentre cenavamo.
    Lo guardai sorpresa. “Cosa?”
    “Tranquilla. Per quanto io mi preoccupi per te e quello che potrebbe farti Jasper – e ti giuro che ho gli incubi ogni notte – ho detto sia a lui che a Billy di farsi i fattacci loro. E che se vuoi stare con Jasper, non sono loro che possono staccarvi.”
    “Grazie.” Gli sorrisi. “Comunque, papà, non ti preoccupare. Jasper è un ragazzo all’antica.” Non hai idea di quanto! “Vuole aspettare dopo il matrimonio per… quello.” Arrossii senza volerlo.
    “Meglio così,” rispose lui, cambiando discorso. Mamma guardava entrambi e rideva da sola. Non capiva come potessimo essere entrambi così impacciati e a disagio nel parlare tranquillamente tra di noi. Lei, che era così tranquilla e a suo agio in mezzo a chiunque.
    Così, ora dovevo preoccuparmi anche dei Black e dei Clearwater. Quella storia delle leggende doveva aver dato a tutti loro alla testa. Papà invece aveva a che fare con avvistamenti strani e morti sospette. Era così stressato per il lavoro, che spesso non voleva nemmeno guardare il baseball in TV. Sembrava che tutto ciò che poteva andare storto in una cittadina avvolta nella nebbia con poco più di 3000 abitanti si stesse improvvisamente avverando. Anche i Cullen erano allertati per le morti sospette. Ovviamente loro sapevano chi ne fosse responsabile.
    “Ci sono altri vampiri nomadi, Bella. Loro non cacciano animali come noi,” disse una sera di fine febbraio Carlisle mentre sedevamo sul divano con Jasper, Esme, Rose ed Emmett. “Quindi bisogna che facciate attenzione ad uscire di casa di notte. E di giorno.”
    Il solo pensiero di vampiri assetati di sangue in giro mi faceva rabbrividire. E temevo per mio padre, con il suo lavoro di poliziotto doveva indagare. E ogni volta che usciva tremavo di paura al pensiero che non sarebbe mai più tornato a casa. Era una bruttissima situazione, ma Jasper faceva di tutto per tenermi allegra e allontanare i brutti pensieri.
    “Mademoiselle, mi farebbe il grandissimo onore di venire con me al ballo di primavera della scuola?” mi chiese a tradimento il primo marzo, mentre uscivamo da scuola, in ginocchio davanti all’ingresso.
    Ormai tutti sapevano che stavamo insieme, era inevitabile. Mike si era rassegnato all’incirca verso Natale, e aveva finalmente chiesto a Jessica di uscire. Angie aveva trovato in Ben Cheney il compagno ideale, così ora eravamo tutti in coppia.
    Sorrisi a Jasper, che mi teneva la mano sinistra. “Sarebbe un vero piacere, Monsieur.”
    Avevo iniziato a scherzare con lui, sentendomi una damina dell’Ottocento. Era davvero tenero e divertente. E mi faceva sentire speciale. Così, ci eravamo accordati per andare insieme al ballo del sabato successivo. A me non piaceva particolarmente ballare – per via della mia goffaggine, ma Jasper mi aveva sempre detto di essere un gran ballerino e volevo vederlo in azione.
    Ovviamente chiesi a Rose qualche aiuto per il vestito. E lei non si fece affatto pregare.
    “Vediamo cosa c’è qui.” Iniziò a rovistare nel suo armadio, buttando i vestiti da tutte le parti. Alla fine mi mise davanti tre abiti: uno azzurro con strass sulle spalline e sulla striscia sotto al seno, con scollo a cuore e lungo circa fino a metà gamba; un tubino nero corto a metà coscia, senza spalline; il terzo era rosso fuoco, lungo fino al ginocchio, con spacco laterale, monospalla. “Quale ti piace di più?”
    Li guardai tutti e tre. Erano tutti splendidi… addosso a Rose, ovviamente. Su di me forse l’effetto sarebbe stato totalmente diverso. Se conoscevo bene Jasper, con quello nero lo avrei steso ma era troppo corto e stretto per i miei gusti. A papà sarebbe venuto un infarto, se avessi optato per quello. Il vestito rosso sarebbe piaciuto forse ad entrambi, ma non era il mio colore preferito. “Proverei quello azzurro,” risposi. Rose me lo porse, poi uscì lasciandomi in camera sua a vestirmi. Dovevo ammettere che era davvero stupendo, anche addosso a me. Mi fasciava bene in vita, ma era morbido sui fianchi e sulle cosce. Lo scollo poi era fenomenale, sembrava che avessi un bel seno florido. Qualcuno bussò alla porta e io li invitai ad entrare.
    Rose mi guardava raggiante. “Perfetta. Ora basta tirare su i capelli, mettere un bel tacco e un filo di trucco. E sarai la più bella della scuola… dopo di me, ovviamente.”
    “Ovvio. Non potrei mai rubarti la scena, Rose.” Le sorrisi.
    “Se vuoi, puoi portartelo a casa con queste scarpe.” Mi mise in mano un paio di decolleté azzurre con strass, tacco dodici credo. “Poi me li ridarai con calma.”
    “Grazie, Rose.” La abbracciai, poi mi lasciò di nuovo per cambiarmi. Era così bello avere una ‘sorella’ con cui potermi scambiare i vestiti o a cui chiedere consigli. Mamma aveva uno stile troppo diverso dal mio – non che Rose fosse meno appariscente di Renée, ma almeno nell’armadio della vampira avrei trovato qualcosa di utile a differenza dell’armadio di mamma.
    Quando parlai con Rose ed Emmett del mio desiderio di diventare una vampira, Emmett reagì con euforia.
    “Sarai una vampira fantastica, sorellina. Ne sono convinto. E finalmente avrei una compagna di giochi degna di me.”
    Rose era più scettica. “Tesoro, non ho nulla in contrario al fatto che tu faccia parte della famiglia. Sei già mia sorella, lo sai. Ma io non lo farei, al tuo posto.”
    “Perché? Hai Emmett, starete insieme per tutta l’eternità. Cosa c’è di più fantastico di questo?”
    Mi rivolse un sorriso amaro. “Amo Emmett, il mio scimmione. Ma vedi, Bella. Non potrò mai avere una cosa che per me, quando ero umana, era fondamentale: una famiglia. Un marito da amare e a cui cucinare dalla mattina alla sera, dei bambini che scorrazzano per casa e urlano felici. Nipotini che riempiano le nostre giornate.” Fece una pausa, sospirando. “Quando Carlisle mi ha trasformata, stavo morendo dopo che il mio futuro sposo – Royce King III – e alcuni suoi amici mi avevano lasciata a terra in una pozza di sangue dopo aver abusato di me.” Le posai una mano sul braccio, in segno di affetto. Lei mi sorrise. “Stavo per sposarlo, avere dei bambini con lui. E quella notte, a causa del suo bere, persi tutto in un istante. Non me lo perdonerò mai, perché io non potrò mai avere dei figli con Emmett. E questa è la cosa che mi manca più di tutte al mondo. Ed ecco perché penso che tu debba fare una scelta diversa. Ma se proprio vuoi diventare come noi, ovviamente non ti ostacolerò. Voglio solo che tu capisca a cosa stai rinunciando.”
    Lo capivo, certo. Avere dei figli per me non era così fondamentale in quel momento. Ma magari più in là avrei potuto desiderarne, e allora mi sarei trovata nella stessa situazione di Rose. Ma ero più che certa che avrei voluto dei bambini con Jasper, e non potendoli avere da lui cosa mi importava? Preferivo vivere una lunghissima eternità con l’uomo che amavo, anche senza bambini urlanti per casa.
    A tre giorni dalla festa di primavera ero agitatissima. Rose voleva vedermi per provare alcune varianti di acconciature e trucco, per valutare cosa funzionasse meglio. Erano ore che mi tirava i capelli a destra e sinistra, sporcandomi la faccia e poi ripulendomi di continuo.
    “Rose, possiamo fare una pausa? Sono ore che mi torturi.”
    “Bella! La festa è sabato. Ti rendi conto? Non so nemmeno ancora come pettinarti o truccarti.”
    “Almeno cinque minuti, ti prego. Non ce la faccio più.”
    Rose sospirò. “Va bene. Ma solo cinque minuti. E se non torni da sola, vengo a prenderti dovunque tu sia.”
    “Ok...” Mi alzai velocemente e fuggii via da quella camera. Mi affacciai in camera di Jasper, ma lui non c’era. Così decisi di scendere in soggiorno. Non si vedeva nessuno, a parte Edward da solo, accanto alla finestra.
    “Bella,” disse senza nemmeno voltarsi.
    “Hai visto Jasper?”
    “Credo sia in garage a sistemare la moto.”
    Ci dirigemmo verso la porta del garage. Edward la aprì e mi fece cenno di passare per prima. Scesi le scale ma non vidi nessuno. “Non mi sembra che ci sia qualcuno,” dissi voltandomi verso Edward, ma poi sentii un rumore provenire dal fondo della stanza. Mi diressi verso quella zona più scura, evidentemente si era fulminata una lampadina. Edward mi seguiva, ne percepivo la presenza.
    “Jasper, ti prego.” Era la voce di Alice. “In ricordo dei vecchi tempi.”
    Ci avvicinammo e vidi una scena che non avrei mai dimenticato finché avrei avuto vita: Alice e Jasper, bocca contro bocca, che si baciavano. Il mio respiro si fece affannoso per la rabbia che iniziava a montarmi mentre Jasper spalancò gli occhi puntandoli dritti dentro i miei. Senza una parola, mi voltai e corsi via, spingendo di lato Edward. Corsi su per le scale e poi nel soggiorno, fino alla porta d’ingresso. A malapena sentii Rose urlare il mio nome. Gli occhi erano colmi di lacrime che minacciavano di uscire e bagnarmi il viso. Corsi più veloce di quanto avrei mai immaginato. Caddi parecchie volte nel bosco, inciampando sulle radici degli alberi e sulle pietre che spuntavano di tanto in tanto dal terreno.
    “Bella, aspetta! Non è come pensi.” La voce di Jasper mi raggiunse mentre correvo a perdifiato.
    “Và via! Non voglio vederti mai più!”
    “Bella, ti prego. Ascoltami.”
    “Sparisci!”
    Corsi ancora più forte mentre il bosco cominciava a diradarsi e vidi in lontananza casa mia. Una volta dentro, salii di corsa le scale e mi buttai sul letto, per piangere da sola. Fu lì che, qualche ora dopo, mi trovò mia madre. Ero ancora in lacrime, avevo sporcato il copriletto di sangue e fango. Ero sconvolta.
    “Amore, cosa ti è successo?”
    Non riuscivo a parlarle, ero troppo addolorata. Ma lei capì e mi strinse forte al suo petto, accarezzandomi i capelli con dolcezza.

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    Vedere Bella allontanarsi da me, in lacrime e sconvolta, fu una prova durissima da mandare giù. Avrei tanto voluto spiegarle cosa stava succedendo, ma lei non voleva sentirmi. Rose mi raggiunse qualche istante dopo.
    “Dove diavolo sta andando? Non ho mica finito con lei.”
    “Rose, lascia… lascia stare. Bella non tornerà.”
    “Cos’è successo?”
    “E’ difficile da spiegare, Rose. Non ci capisco molto nemmeno io. So solo che ero in garage, a lavorare sulla moto, mentre aspettavo che tu finissi di torturare Bella, per riaccompagnarla a casa. Ad un certo punto Alice è entrata, adducendo la scusa che voleva parlarmi del futuro con Bella. Mi ha detto che da vampira sarebbe stata una vera bellezza, tranne per quegli occhi rossi che avrebbero rovinato l’effetto. Credo di averle detto che non mi interessava. Poi...” Feci una pausa, guardando mia sorella negli occhi. “All’improvviso Alice ha cominciato ad avvicinarsi e toccarmi il braccio, poi una gamba. E in men che non si dica ci siamo ritrovati al buio. Ha allentato la lampadina dal supporto e poi mi ha detto che voleva fare l’amore con me, in ricordo dei vecchi tempi. Ho cercato di mandarla via, ma… Bella è entrata mentre lei mi stava baciando ed è corsa via senza darmi il tempo di spiegarle.”
    “Oh, Jazz. Mi dispiace da morire.” Rose mi abbracciò, facendomi sentire tutto il suo dispiacere, così reale e puro.
    “Ora non so cosa fare...”
    “Parlerò con Alice, così sapremo cosa sta succedendo.” Rose tornò verso casa lasciandomi nel bosco da solo. Poco dopo la raggiunsi e vidi Alice… abbracciata ad Edward, come se nulla fosse accaduto.
    “Alice, io non capisco come tu possa essere stata così stronza!” le stava dicendo Rose a brutto muso.
    “Stronza? E perché dovrei esserlo?” chiese lei con aria da innocentina.
    “Perché mi hai baciato? Giù, in garage.” Il tono che usai fu molto più duro di quanto avrei voluto.
    “Io non ho baciato proprio nessuno… a parte Edward.” Continuava a sorridere con aria da innocente. Mi sentii ribollire dalla rabbia. Nel frattempo, anche Esme, Carlisle ed Emmett erano accorsi in soggiorno.
    “Mi prendi per scemo?” Le urlai contro. “C’era anche Edward, insieme a Bella. Se lei ha visto che mi baciavi, deve averlo visto anche lui.”
    “Io non ho visto un bel nulla, a parte Bella che fuggiva via per chissà quale motivo. Mi sa che entrambi soffrite di allucinazioni.” Anche Edward aveva un’aria da innocentino.
    “Cosa sta succedendo?” Carlisle aveva un tono calmo, apparentemente. Ma potevo sentire la sua tensione.
    “Alice mi ha baciato e Bella è fuggita via in lacrime. E vorrei solo sapere da lei cosa sta succedendo!” Ora iniziavo a stufarmi, stavo addirittura urlando dalla rabbia.
    “Alice?” L’attenzione di Carlisle ora si era spostata su di lei.
    “Che sarà mai? Se non sopporta di vederti baciare la tua ex ragazza, vuol dire che non è poi così innamorata di te.” Con Carlisle, Alice aveva smesso di fare l’innocente.
    “Io… non capisco come ti sia venuto in mente, Alice. Perché vuoi distruggermi la vita? Non ti è bastato buttarmi nell’oscurità una volta? Devi continuare a farlo per tutta l’eternità?”
    “Piantala di fare il melodrammatico, Jazz. Non ti crede più nessuno.”
    “TI HO GIA’ DETTO DI NON CHIAMARMI MAI PIU’ JAZZ! Anzi, non voglio nemmeno più sentirti pronunciarlo, il mio nome!” Ero totalmente fuori controllo per la rabbia. Edward fece scudo ad Alice spostandola alle sue spalle. “Tu sei sadica, crudele, meschina, stronza e invidiosa. Hai distrutto l’unica cosa bella che avessi da cinquant’anni. E non te lo perdonerò mai, finché avrò vita!” Poi mi rivolsi a Edward. “Tu non dici nulla? Strano, pensavo che aveste orchestrato la cosa insieme.”
    “E anche se fosse? Ci siamo tolti un peso. Bella era solo un passatempo stupido, che presto avresti dovuto lasciare. Ti abbiamo solo fatto un favore.”
    “Edward! Ma che diavolo hai per la testa?” Carlisle e gli altri lo guardavano sconvolti. Io avrei voluto staccargli la testa a morsi.
    “Avanti, non posso essere l’unico a capire che quella ragazza era un pericolo. E io l’ho eliminato, come faccio sempre. E poi quella sciacquetta mi ha deriso davanti a tutto il clan di Denali, dicendomi che sono egoista, arrogante e viziato. Se l’è cercata.”
    Sciacquetta? Ma come osi? Tu lurido figlio di… “Vediamo cosa dirai se ora elimino te, pezzo di idiota!” Ero pronto ad attaccarlo, ma Carlisle mi bloccò con un braccio.
    “Calma, Jasper. Risolviamola parlando. Siamo una famiglia, dopotutto.”
    “Edward, Alice. Spiegateci cosa volevate fare esattamente.” Esme si mise accanto a me, con una mano sulla mia spalla.
    “Non è ovvio? Avevamo un problema con l’umana, e ora non lo abbiamo più. E’ sparita dalle nostre vite. Siamo liberi.” Il tono di Edward mi dava davvero sui nervi. Anche Emmett stava per arrabbiarsi furiosamente con lui.
    “Edward, onestamente io non ti capisco.” Carlisle si mise tra lui e me. “Come ti è passato per la mente che Bella fosse un pericolo per noi? E’ la compagna di Jasper, che tu lo voglia o no. E’ della famiglia. E devi rispettarla per questo.”
    “Oh, andiamo! Ma non vedete cosa sta facendo? Ci sta separando perché vuole indebolirci.” Alice ora si era di nuovo fatta avanti. Non era più direttamente sulla mia linea di attacco. Per arrivare a lei avrei dovuto bypassare Carlisle.
    “Alice, tesoro,” Esme affiancò Carlisle. “Se Edward fosse un umano e tu lo amassi alla follia e noi vi ostacolassimo in ogni modo possibile, fino ad allontanarvi, tu cosa faresti?”
    “Edward non è umano. E’ un vampiro. E voi non ci allontanereste mai.”
    “Ma se fosse umano e noi te lo tenessimo a distanza? Che faresti?”
    “Mi arrabbierei da morire con tutti voi e poi mi riprenderei ciò che è mio.”
    “E tu, Edward,” disse Carlisle. “Se Alice fosse umana, che faresti se non ti lasciassimo vederla?”
    “Me ne andrei via con lei.”
    “E allora perché Jasper non può avere lo stesso trattamento che pretendete voi due? Perché volete farlo soffrire, dopo che ha passato cinquanta lunghi anni a rimpiangere di aver perso te, Alice? Proprio ora che ha trovato la sua compagna, voi due volete ferirlo così tanto?”
    Edward e Alice rimasero in silenzio, non erano affatto contenti di essere in minoranza. Ma non avevano ancora perso la speranza di farmi allontanare da Bella, in un modo o nell’altro.
    “Sai, Alice,” la mia voce era fredda come il ghiaccio. Finalmente mi resi conto di una cosa davvero importante. “Da Edward mi sarei aspettato di tutto. In fondo non è altro che un ragazzino viziato e coccolato, che fa i capricci quando gli conviene.” Lui subito ringhiò, ma Carlisle lo guardò per avvertirlo di non provare a muoversi. “Ma tu… tu che sei stata la mia compagna per sei anni, che mi hai amato – per lo meno dici di avermi amato – per tutto quel tempo. Tu che hai fatto l’amore con me, condividendo pensieri ed emozioni intimi. Tu che mi hai proposto di avvicinarci a questa famiglia per poter vivere una vita nuova, diversa, senza uccidere persone innocenti. Tu… che sei stata la mia ragione di vita per un tempo indicibilmente lungo e che mi hai fatto credere che anche per te fosse così.” Non riuscivo a ricordare quei dolci momenti senza provare rimpianto e rimorsi. Forse, se avessi deciso di non voler entrare nel clan dei Cullen, saremmo stati ancora insieme. Ma non avrei mai conosciuto Bella. “Tu mi deludi molto più di quel pagliaccio che hai affianco, e che chiami amore. Quando mi hai lasciato, hai detto che sei stata con me per non ferirmi, per non farmi soffrire. Sei stata solo una grandissima bugiarda. Perché ora mi stai facendo soffrire, e stai facendo soffrire Bella. Non avrei mai creduto che tu, la mia Alice, potessi un giorno diventare così stronza. Ma evidentemente ti sei dovuta adeguare al livello del tuo nuovo compagno.” Edward ringhiò di nuovo, ma non si azzardò a muoversi. “Ringrazio entrambi per avermi fatto capire una cosa: non è più possibile condividere lo stesso tetto. Perché se rivedo le vostre facce, da oggi in poi, sono convinto che vi farei a pezzi in un solo istante. E ne godrei anche.” Dovetti calmarmi di nuovo, per mantenere un tono di voce glaciale. “Ah, vi ringrazio anche per avermi completamente distrutto la vita. Bella non ha voluto che le spiegassi cosa aveva visto, e ora se davvero per me è persa per sempre, so che il dolore e l’oscurità vissuti dopo il tuo abbandono, Alice, non saranno nulla al confronto di ciò che mi aspetta. Perciò credo che i Volturi adesso siano la mia unica possibilità.” Sentii Rose ed Esme trattenere il respiro. “Almeno voi due avrete vinto, sarete liberi da me e da Bella. Il cui unico torto è stato quello di voler far parte di questa famiglia. E voi l’avete trattata come se fosse un’appestata. Grazie ancora, tanto. Con il vostro comportamento avete dimostrato chi sono davvero i mostri. E mi spiace che Esme, Carlisle, Rose ed Emmett dovranno sopportarvi ancora a lungo. Non hanno fatto nulla di così orribile da meritare una punizione simile. Tanto valeva,” aggiunsi infine guardando negli occhi Alice “che mi facessi a pezzi quando ci siamo conosciuti. Ci saremmo entrambi risparmiati dolori e fastidi. Spero che da ora in avanti la tua vita sia un inferno, insieme a quello lì, così capirai cosa significa soffrire. Tu… sei solo un essere senz’anima. E mi dispiace di averci messo cinquant’anni per capirlo.”
    Mi voltai e uscii di casa a velocità umana. Non avevo voglia di correre, né di sfogarmi distruggendo qualcosa. Avevo solo voglia di chiudere gli occhi e lasciarmi morire lì, sul posto. Ma poiché non era possibile, decisi di addentrarmi nel bosco per schiarirmi le idee e decidere la mia nuova vita che corso avrebbe seguito.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:43
     
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    Il venerdì pomeriggio, il giorno prima del ballo di primavera, finalmente riuscii a parlare con la mamma di quanto era accaduto a casa Cullen due giorni prima.
    “Tesoro, mi spiace da morire.” Mamma era seduta accanto a me, sul mio letto, e mi accarezzava i capelli distrattamente. “Ma non pensi che forse hai capito male?”
    “Mamma! Jasper e Alice si baciavano, cosa avrei dovuto capire?”
    “Ok, tesoro. Ma Jasper ti ama. Lo vedo come ti guarda, come ti protegge. Sembra quasi un supereroe pronto a prendersi una pallottola in pieno petto per te. E non ce lo vedo a farti soffrire in modo così stupido. Per che cosa, poi?”
    “Lo sapevo che non avrei dovuto dirti nulla,” dissi infuriata alzandomi dal letto e uscendo dalla camera, sbattendomi la porta alle spalle.
    Scesi le scale e spalancai la porta d’ingesso, richiudendola con forza. Poi salii sulla mia bici e pedalai fino a casa di Angela.
    “Bells, che succede?” Angela mi fece entrare e ci chiudemmo in camera sua. Anche a lei raccontai del bacio tra Jasper e Alice. “Non ce lo facevo, Jasper, così scemo,” fu il suo commento. “Scusami,” aggiunse poi.
    “Non fa nulla.”
    “E lui cos’ha fatto poi?”
    “Cosa vuoi che ne sappia? Io sono corsa via, verso casa.”
    “Non ha provato ad inseguirti?”
    “Sì… ma gli ho detto che non volevo vederlo mai più.”
    “Bells… forse dovresti lasciargli spiegare. Magari hai visto solo una cosa che non era davvero quella.”
    “Angie, ora ti ci metti anche tu a darmi della bugiarda? Non bastava mia madre?”
    “Scusa, Bells. Non ti sto dando della bugiarda, ma secondo me non puoi permetterti di lasciare Jasper così. Devi lasciarlo parlare. Se poi ti dirà che ha baciato Alice perché la ama ancora, allora lascialo. Ma io sono convinta che ci sia una spiegazione plausibile sotto. E te ne pentirai se non lo lasci parlare.”
    “Non voglio stare ad ascoltarlo. Mi ha tradita. E basta!”
    “Bells… ragiona un istante. Tu e Jasper state insieme da cinque mesi, più o meno. E lui ti guarda sempre come se ti avesse appena incontrata. Come se tu fossi una stella caduta dal cielo solo per lui. Nemmeno Ben mi guarda così. E io ti invidio per questo. Dico sul serio. Io credo che Jasper ti ami più di quanto dica, e anche tu lo ami. Perciò non capisco perché vuoi buttare tutto all’aria per una cosa così stupida. Un bacio può avere centinaia di spiegazioni.”
    “Grazie del consiglio, Angie. Ma non ho alcuna voglia di seguirlo. Ero venuta qui perché pensavo che tu stessi dalla mia parte, a differenza di mia madre. Ma evidentemente mi sbagliavo.” Mi alzai dalla sedia e mi avvicinai alla porta. “Fa’ finta che io non sia mai venuta. Ci vediamo.” Uscii da casa Weber e ripresi la bici, diretta non sapevo bene nemmeno io dove. Avevo bisogno di sfogarmi, di rompere qualcosa. Ma non sapevo cosa. Non so perché, ma mi fermai nel cortile della scuola. Scesi dalla bici e mi sedetti su una panchina, senza nemmeno riflettere. Era una giornata assolata, ma non faceva molto caldo. Un movimento alla mia sinistra mi fece voltare: un gruppo di ragazzi del quarto stavano portando dentro la palestra degli scatoloni pieni di decorazioni e roba varia. Il ballo di primavera, giusto. Ovviamente non ci sarei andata. Jasper non aveva ritirato l’invito, ma non stando più insieme non era necessario che lo facesse. E mentre osservavo quei ragazzi, rividi una scena vista proprio in quel punto del cortile: Emmett e Jasper che giocavano a tirarsi l’acqua ghiacciata addosso, mentre Rose li guardava. Mi si strinse il cuore, mentre dei lacrimoni caldi scivolarono lungo le guance. Non avrei più fatto parte di quella straordinaria famiglia, non avrei più rivisto Emmett, Esme, Carlisle, Rose. Cavolo, il vestito e le scarpe. Avrei dovuto ridare quelle cose a Rose. Ma come avrei fatto se non potevo parlare con lei o andare da loro? E se avessi incontrato Jasper? O peggio ancora, Alice? Avrei potuto chiedere alla mamma se mi poteva fare questa cortesia. Sicuramente non mi dirà di no. Rimasi lì, a guardare il vuoto, per qualche altra ora. Finché il freddo e il buio non mi sorpresero. Accidenti, è tardissimo. E devo tornare a casa in bici. Non mi piaceva molto l’idea di pedalare da sola, al buio. Mi ricordavo ancora cosa aveva detto Carlisle sui vampiri nomadi che attaccavano in città. E la cosa mi terrorizzava parecchio. Comunque, mi feci forza e, pedalando più veloce che potevo senza rischiare di uccidermi, mi avviai verso casa. Dal bosco che costeggiava entrambi i lati della strada, di tanto in tanto, sentivo degli ululati spaventosi e mi sentivo costantemente osservata. Non so perché ma mi vennero in mente Jake e le sue storie di paura sulle leggende dei Quileute. E divenni ancora più ansiosa di tornare a casa, al sicuro tra le quattro mura di cemento. Certo, non avrebbero tenuto fuori un vampiro fortissimo e assetato di sangue, ma almeno avevo la sensazione di essere protetta. Dovevo essermi distratta troppo, perché ad un certo punto persi il controllo della bici, che si inchiodò di colpo e mi ritrovai a volare sopra la bicicletta per ricadere a circa cinque metri di distanza. Mi facevano male tutte le ossa, e sentivo odore di sangue, probabilmente dalle ginocchia o da altre parti che avevano impattato contro l’asfalto. Provai a rialzarmi, ma le ginocchia facevano troppo male. Avevo sbattuto anche i gomiti, quindi farmi forza con le braccia era escluso.
    Fu in quel preciso istante che la sensazione di essere osservata si acuì. Mi guardai attorno, tremando – un po’ per il freddo, un po’ per la paura. Mancavano ancora diversi chilometri per arrivare a casa. E se fossi stata attaccata da un vampiro, correre non sarebbe servito a nulla. Dalla parte opposta alla mia carreggiata, vidi un movimento sospetto: sembrava un essere umano che usciva da uno spazio tra due alberi. Ma evidentemente non era umano. La sua pelle brillava sotto i raggi della luna, ed era pallida. Forse era uno dei nomadi di cui parlava Carlisle. Provai a muovermi, ma il dolore era insopportabile. Così decisi di rimanere lì, immobile, ad attendere la morte che sarebbe arrivata inevitabilmente. Nel frattempo, nella mia mente si accalcavano ricordi e pensieri confusi tra di loro: rividi i miei genitori, alle mie feste di compleanno, sorridenti e sempre dietro di me; Angie e gli altri ragazzi della scuola, alla pausa pranzo; Jake e Seth a giocare sulla spiaggia di La Push; i Cullen, felici di vedermi; Jasper…
    “Jasper...” la mia voce era un sussurro appena udibile, rotto dalle lacrime che avevano ripreso a rigarmi le guance. “Ho bisogno di te.”
    Intanto, la strana figura attraversò la strada con lentezza esasperante, squadrandomi come se fossi una strana creatura e lui fosse curioso di guardarmi per capire cosa fossi. Quando arrivò a qualche passo da dove mi trovavo, lo vidi bene in faccia. Per essere un vampiro, era stranamente anonimo. Aveva i capelli castani e gli occhi di un rosso spaventoso. Non era niente di che, al confronto con i Cullen.
    “Ma guarda un po’ chi abbiamo qui.” Anche la sua voce era piuttosto anonima. Non aveva nulla di straordinario. Eppure rimasi lì, inchiodata a terra, senza muovere nemmeno un muscolo. “Una giovane umana.” Inspirò a fondo. “Che odore delizioso. Mi fa venire l’acquolina.” Sorrise, scoprendo i denti affilati, e io mi irrigidii. Era davvero spaventoso.
    “James, che fine avevi fatto?” La voce di una ragazza mi sorprese. Voltai lo sguardo su di lei. Aveva dei folti capelli quasi arancioni che svolazzavano nel vento e un’aria selvaggia che faceva venire i brividi. Lui le indicò me, con un cenno della testa. Lei mi guardò con aria di sufficienza. “Sbrigati. Laurent si chiedeva che fine avessi fatto.” Poi, lanciandomi un ultimo sguardo sprezzante, tornò nel bosco lasciandomi sola con il vampiro di nome James.
    “Oh, faremo presto, tesoro. Molto presto.” Sorrise, mentre si avvicinava lentamente.
    Istintivamente, mi ritrassi verso il bosco alle mie spalle. Ad un tratto, toccai quello che sembrava un piede. Impossibile. Che ci fa qualcuno qui, a quest’ora di sera? Quando sentii un ringhio profondo e arrabbiato alle mie spalle, capii che non era un umano. Ma non osavo voltarmi.
    All’improvviso sentii due braccia forti e ghiacciate che mi sollevavano senza sforzo da terra. “Sorellina, tutto ok?” Era Emmett. Piansi dalla gioia. Non avrei mai creduto di poter risentire la sua voce.
    “Quella è mia. Sparisci!” James si avvicinò di un passo, ma Emmett mi fece sparire sulle sue spalle forti.
    “Provaci, andiamo! Non vedevo l’ora di fare a botte con uno di voi.”
    “L’umana è mia, e non mi sfuggirà.”
    “Prima devi passare su di me… e sulla mia famiglia. Poi, forse, potrai averla. Ma non ce la farai mai. Non sei così forte come credi.”
    “Non mi serve la forza. E io l’avrò, in un modo o nell’altro.” Poi James sparì nel bosco.
    “Ehi, Bella. Tutto bene?” Emmett mi riprese in braccio e mi rimise a terra. Notò in che condizioni ero, ma non fece commenti. Io annuii, mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai miei occhi, e il mio corpo era scosso dai singhiozzi. Credevo di morire, di non rivedere più i miei genitori, i miei amici, loro… Jasper. “Ti riporto a casa, tesoro. Per oggi hai sofferto abbastanza.” Mi prese tra le braccia, afferrò la bicicletta e si avviò di corsa verso casa mia. Mi lasciò sullo zerbino e si allontanò di qualche passo, per non essere visto dai miei quando avessero aperto la porta. Potevo però sentire il suo sguardo protettivo su di me.
    “Bella, che fine avevi fatto?” Mia madre era in ansia. Ero uscita ore prima e non le avevo nemmeno detto dove stavo andando. Piangendo, mi buttai tra le sue braccia. Lei mi fece entrare e chiuse la porta. Ci sedemmo sul divano e vide che mi ero massacrata. “Amore, ma che cosa è successo?”
    Quando mi calmai, le raccontai di essere andata da Angela per avere un conforto, e di aver poi fatto un giro fino a scuola per pensare. Quando mi ero accorta che si stava facendo tardi, mi ero affrettata a rientrare, ma ero caduta dalla bici e avevo aspettato di poterci rimontare sopra per tornare a casa. Scuotendo la testa e sospirando, mamma mi diede un bacio sulla fronte e poi salì di sopra per portarmi il necessario per medicare le ferite. Dopo cena, mi aiutò a salire le scale e mettermi a letto. Poi mi lasciò sola. E io ripensai a tutti gli avvenimenti della giornata, compreso il tempestivo salvataggio di Emmett da quel James. Un brivido mi scosse al pensiero che James potesse cercare di uccidermi mentre ero in casa, sola e indifesa, e che poi potesse uccidere anche i miei. Se solo Jasper fosse qui… Ma lui non c’era. Lo avevo allontanato io, per quel bacio con Alice. Ora ero in pericolo, e tutto ciò che avrei voluto era stare stretta tra le sue braccia forti. Ma non sarebbe accaduto.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:43
     
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