kika & Friends

Posts written by Nike8437

  1. .

    POV-Condiviso


    Jasper
    Appena rientrati in casa, mi diressi verso la foresta per una caccia solitaria.
    “Vengo con te,” disse Emmett, come se potesse leggermi nella mente.
    “Va bene, andiamo.” Non avevo voglia di litigare con lui. Dovevo cibarmi, e subito. Bella aveva notato che i miei occhi si stavano scurendo. Mi ero avvicinato troppo.
    “Jasper, cosa c’è? Potevamo aspettare altri tre o quattro giorni per la caccia.”
    “No, Emmett. Non posso aspettare. Bella mi ha fatto notare che i miei occhi si stanno scurendo. Se aspetto, potrei non avere più controllo a scuola.”
    “D’accordo. Allora cerchiamo qualche cervo.”
    Partimmo insieme, schivando alberi e rocce a velocità supersonica, cercando odori animali. Trovammo un branco di cervi che si abbeveravano. Fu facile abbatterne due ciascuno, prima che gli altri si dessero alla fuga. Ma a me bastava.
    “Sazio?”
    Annuii e tornammo indietro con più calma.
    “Emmett, secondo te cos’ha in mente Rosalie?”
    “A che proposito?”
    Sbuffai. “A proposito di Bella Swan. Cosa pensa di fare?”
    “Non ne ho la minima idea. Ma perché ti interessa tanto?”
    “Non sono io quello interessato. E’ lei che mi ha chiesto cosa prova Bella quando sta con me.”
    “Ah.” Poi scoppiò a ridere. “Scusa, non volevo.”
    “Emmett!”
    “D’accordo, ma non dirle che te l’ho detto. Mi farà a pezzi.”
    “Sputa!”
    “Rose pensa che Bella possa essere interessata a te.”
    “Impossibile. Sono un mostro. Cosa vorrebbe da me?”
    “Ehi, io sto solo riferendo un pensiero. Niente di più. Se vuoi altre informazioni, chiedi a lei.”
    “E poi da dove le viene questa idea malsana?”
    “Non lo so, giuro. Quando mi ha trascinato verso la Jeep ha detto che voleva vedere cosa sarebbe accaduto, ma non mi ha detto altro.”
    “Lasciamo perdere. Tanto non serve a nulla. Rose non parlerà. Non con me, almeno.” Superai Emmett di qualche metro, prima che lui mi raggiungesse.
    “Tu, invece? Che mi dici?” mi chiese all’improvviso Emmett.
    “Su cosa?”
    “Come mai sei sempre così… come dire, attento a quello che fa Bella?”
    “Scusa, cosa intendi?”
    Roteò gli occhi. “Sei sempre al posto giusto nel momento giusto. Se lei è in pericolo, tu ti butti senza nemmeno pensarci su.”
    “E quindi?”
    “Non è che Mr. Depresso si sta interessando all’umana?”
    “Emmett, non dire cretinate. Come posso interessarmi a lei? Sono il pericolo maggiore per Bella. Non potrei starle così vicino.”
    “Mah, finora i suoi peggiori nemici sono stati il ghiaccio e la sua goffaggine. Tu sei stato il suo protettore.”
    “Piantala, Em. Non sono il protettore di nessuno.”
    Raggiungemmo la casa in silenzio, senza più parlare. Emmett andò subito da Rosalie, mentre io sparii in camera mia a guardare la notte che pian piano oscurava tutto il mondo.
    Al mattino, mi vestii e scesi giù dai miei fratelli. Edward e Alice erano già spariti in garage. Io seguii Emmett e Rosalie fino alla Jeep.
    “Hai poi pensato a quello che dicevamo ieri?” mi chiese a tradimento Emmett mentre l’auto percorreva le strade bagnate di Forks.
    “No, Em. Non ci ho pensato. Ma non è così. Ti sbagli.”
    “Ok… sei tu quello che legge le emozioni degli altri,” rispose lui continuando a guidare e ignorando le domande inespresse di Rosalie.
    Quando fermò la Jeep nel nostro solito parcheggio, Emmett spense il motore e si voltò a guardarmi. “Almeno pensaci. Non chiedo altro.” Poi uscì prima che potessi rispondergli.
    Rimasi accanto alla macchina, pensando a cosa volesse dire Emmett. Certo, avevo salvato la vita di Bella da quel benedetto furgoncino. Ma bastava questo a pensare che lei potesse interessarmi? Ovviamente no. Eppure… sentivo una sorta di interesse per questa fragile umana, volevo che stesse bene. Che non si facesse male. Ma lo volevo per il suo bene. A me non cambiava nulla se lei moriva o meno. E se morisse? Beh, forse mi sarebbe dispiaciuto. Perché la conoscevo. Mi sarebbe dispiaciuto se fosse sparita dalla mia vita, ma come accadeva ogni volta che qualcuno ci lasciava. Perché Emmett pensava che per lei dovesse essere diverso? E perché lui e Rose si erano messi in mente di farmi impazzire? Accidenti a loro. Chiusi gli occhi e respirai profondamente per calmarmi.

    *****


    Bella
    Quando arrivai a scuola, quella mattina, vidi Jasper immobile accanto alla Jeep. Mi avvicinai a lui, lentamente, per capire cosa avessi fatto di sbagliato il giorno prima. Cosa lo aveva reso così freddo nei miei confronti. Arrivata ad un centimetro da lui, vidi che era ancora immobile, gli occhi chiusi. Mi schiarii la gola. I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, Erano di nuovo color caramello dorato. “Bella, non ti ho sentita arrivare.”
    “Scusa,” abbassai lo sguardo. “Volevo solo sapere se… ce l’avevi ancora con me.”
    “Scusami, non riesco a seguirti,” rispose dopo qualche istante di silenzio.
    “Ieri pomeriggio, mentre parlavamo… ti ho chiesto delle lenti a contatto e tu hai smesso di parlarmi. E sei andato via quasi senza salutare.”
    Lo vidi sbattere le palpebre più volte. “Mmmmmh. Hai ragione. Mi dispiace, Bella. Devi aver pensato che io sia un maleducato.”
    “No… non puoi esserlo.”
    “Perché no?”
    “Nessun maleducato si comporterebbe come fai tu con me.” Arrossii.
    “Beh, grazie del complimento.” Mi sorrideva, i suoi occhi erano così luminosi e affascinanti. “Perdonami per ieri. Stavo solo pensando ad altro. E non avrei voluto andare via senza salutarti.” Poi si fece serio. “Ma posso rimediare adesso, se me lo concede, Mademoiselle.” Suppongo che prese il mio rossore come un cenno affermativo, perché prese la mia mano e chinò lievemente la testa per baciarla. Poi mi lasciò andare. “Meglio?” Annuii, sorridendo debolmente mentre sentivo il cuore accelerare i battiti. “Bella, forse dovresti… sederti. Penso che sverrai, se continui ad agitarti così tanto.”
    Arrossii ancora più di prima, diventando quasi viola. Non capivo cosa stesse accadendo. Non avevo mai provato una sensazione simile in vita mia. Quando stavo accanto a lui, mi comportavo da perfetta idiota. E la cosa sembrava divertirlo. No, non divertirlo… intrigarlo. Sostenendomi con una mano sotto al gomito, mi condusse verso una panchina dove mi fece sedere lentamente.
    “Ehi, Bella.” Mike arrivò proprio in quel momento. Rompiscatole. “Stai bene? Sembri sul punto di svenire.” Parlava con me, ma guardava in cagnesco Jasper.
    “Sto bene, Mike. Ho solo un giramento di testa. Forse non ho mangiato abbastanza a colazione.” Sentii un rumore provenire dalla mia destra, come una risata interrotta. Immaginai che Jasper non se la fosse bevuta. “Tra poco arrivo in classe.”
    Mike continuò a scrutare Jasper, poi guardò me. “Ok, a dopo,” e si voltò per entrare.
    “Sei una pessima bugiarda, Bella. E lui non se ne accorge nemmeno.”
    “Credo che sia solo in ansia per me.”
    “Perché dovrebbe esserlo?”
    “Beh,” ormai il cuore era tornato ad un ritmo normale, e le mie guance erano di nuovo pallide. Voltai il viso verso di lui. “Ultimamente pensa che io stia troppo insieme a… qualcun altro.”
    “E che male ci sarebbe?” Mi guardò confuso.
    Roteai gli occhi. “E’ che Mike… credo sia innamorato di me. Ma a me non interessa affatto. Ed è geloso da morire.”
    “E a te da fastidio. Capito.” La sua mano si era spostata dal gomito verso la mano. Ora stava passando sul polso scoperto e la cosa mi fece rabbrividire. “Scusa, ho le mani un po’ fredde.” Ritirò la mano come se si fosse scottato. E la cosa mi infastidì parecchio. Mi morsi il labbro inferiore abbassando lo sguardo.
    “Non fa nulla, non me ne sono nemmeno accorta.” Mi strinsi le braccia intorno allo stomaco.
    “Ho sbagliato qualcosa?” Il tono della sua voce mi fece voltare di nuovo verso i suoi occhi dorati.
    “No, nulla. Comunque… ora va molto meglio. Sarà il caso di andare in classe. Ci vediamo dopo, immagino.” Spero.
    “A dopo, Bella.” Lo lasciai seduto sulla panchina e mi affrettai ad entrare in classe.
    Mike era intrattabile, non mi salutò nemmeno quando mi sedetti al nostro tavolo durante l’ora di biologia. Ma me lo aspettavo. E non mi importava. Se lui mi ignorava, potevo benissimo farlo anche io.

    *****


    Legenda:
    Abc Pensieri
    ABC Ricordi

    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:34
  2. .

    POV-Condiviso


    Jasper
    L’ultima ora di lezioni la passai con Rose. Lei sembrava divertita per qualcosa, ma non capivo a cosa stesse pensando. Mi servirebbe il potere di Edward, ogni tanto. Non volevo chiederle nulla, magari era qualcosa che aveva fatto Emmett per lei, e non volevo invadere la loro privacy. Perciò sollevai le spalle e voltai lo sguardo fuori dalla finestra.
    “Jazz… che emozioni ti arrivano da Bella Swan?”
    La strana domanda mi fece voltare. La guardai con un sopracciglio alzato. “In che senso?”
    “Quando vi trovate insieme, che emozioni ti trasmette?”
    “Perché vuoi saperlo?”
    “Curiosità femminile.”
    La scrutai attentamente, ma lei era impenetrabile. Sbuffai. “Non saprei. Spesso è a disagio, arrossisce sempre parecchio. A volte è spaventata. Altre volte sinceramente mi arriva un senso di confusione che non capisco.”
    Lei annuì e lasciò cadere l’argomento. Io rimasi a fissarla confuso. Che diavolo significava questa domanda? Provai un paio di volte a chiederle spiegazioni, ma lei mi zittì e alla fine ci rinunciai. Prima o poi lo capirò. Forse.
    Uscimmo dalla classe insieme, e fummo subito raggiunti da Emmett.
    “Rose, cos’erano quelle domande di prima?” Ci riprovai, sperando di riuscire ad ottenere una risposta.
    “Volevo solo sapere cosa provava la nostra nuova amica. Tutto qui.”
    Non mi convinceva, aveva gli occhi illuminati come se avesse pensato a qualcosa di bello. “Rose!”
    “Davvero, Jazz. Voglio solo conoscerla meglio. Tutto qui.”
    “Rose, noi siamo pericolosi per lei. Non sarebbe il caso di mantenere le distanze?”
    Si voltò a guardarmi. “Certo, giusto. Ma dopo che le hai detto che saresti arrivato in caso di bisogno, penso sia un tantino da ipocrita dire a me di starle lontana, no?”
    Non seppi cosa risponderle, e lei lo prese come un segno di vittoria. Incrociai le braccia al petto e li seguii fuori dalla scuola. Bella ovviamente era già lì ad attenderci per restituire la giacca a Rose. Ci avvicinammo tutti e tre a lei e Rose prese la giacca.
    “Grazie,” disse Bella mentre le sue guance si imporporavano di nuovo. Da lei veniva solo la solita sensazione di disagio, anche se non ne capivo davvero il motivo.
    “Di nulla, cara. E’ stato un piacere.” Rose le rispose con un sorriso aperto. Raramente si comportava così con un umano. E non ne capivo il motivo. “Ci vediamo, Bella.” Prese per mano Emmett e mi lasciò lì, come un cretino, con Bella mentre loro raggiungevano la jeep.

    *****


    Bella
    Rimasi sola con Jasper, come se Rosalie avesse qualche tipo di idea in mente. Non potei trattenermi dall’arrossire ancora di più. Sperai che Jasper non se ne accorgesse.
    “Vuoi un passaggio?” mi chiese all’improvviso.
    “Grazie… ma tra poco arriva mia madre,” risposi abbassando leggermente lo sguardo. Ormai il ghiaccio era sparito, trasformato in acqua ghiacciata che scivolava via come i miei pensieri.
    “Ok, allora ti faccio compagnia mentre la aspetti.” Arrossii ancora. “Se ti va.” Ok, se ne è accorto.
    “Ok.” Ci incamminammo verso una panchina, giusto per non stare in mezzo alla strada. “Ma Rosalie ed Emmett…?”
    “Tranquilla, aspetteranno anche loro. Non hanno fretta.”
    Che famiglia strana. In quel preciso istante, la Volvo di Edward si fermò per un istante di fronte a noi. Alzai lo sguardo solo per vedere Edward, con un’espressione assolutamente furiosa, guardare prima Jasper e poi me. Istintivamente mi ritirai verso lo schienale della panchina, mentre dalla mia destra – dove c’era Jasper – proveniva un ringhio molto basso e roco. Mi spaventai molto, ma fu solo un attimo. Poi la Volvo ripartì e rimanemmo di nuovo soli.
    “Scusalo, Bella. Edward è… beh, non so nemmeno io perché si comporta così.”
    “Ok… non importa. Non devo mica piacere a tutti.”
    Quando Jasper non disse nulla per un intero minuto, alzai lo sguardo su di lui. Mi fissava intensamente, con una punta di curiosità. “Sei una ragazza davvero...”
    “Strana?”
    “No… assolutamente no.” Sorrise. “Volevo dire particolare.” Praticamente è la stessa cosa. “Non mi è mai capitato di incontrare una ragazza che avesse più incidenti di te.” Arrossii di nuovo, per l’imbarazzo. “Scusami, non volevo dire che è una brutta cosa. E’ che rendi interessanti le giornate qui a scuola.”
    “Certo, faccio ridere tutti infatti.”
    “Non me. Né Rosalie, per quanto ne sappia.”
    “Sai che novità...”
    “Scusami Bella, non volevo davvero offenderti.” Sentii la sua mano delicatamente poggiata sul mio mento, mentre lentamente mi costringeva a voltare il viso verso di lui. “Davvero. Non era un’offesa. Mi piace il tuo essere goffa. E’ davvero… intrigante. L’importante è che tu non ti faccia troppo male.”
    Non potei far altro che guardare i suoi occhi, e finalmente capii cosa c’era di diverso: erano più scuri del solito. Sempre color caramello, ma tendevano verso il nero. Che strano. “Porti le lenti a contatto?”
    “No… perché?”
    “I tuoi occhi… sono più scuri del solito.” La sua mano lasciò andare il mio mento e si voltò a guardare la scuola. Rimasi in silenzio, non sapendo bene cosa avevo detto per farlo reagire così. Fortunatamente poco dopo arrivò mia madre.
    “Ci vediamo, Bella,” mi disse Jasper alzandosi senza guardarmi e dirigendosi verso la jeep dove si trovavano Emmett e Rosalie.
    Mi sentii mortificata per averlo offeso, senza sapere bene perché. Salii in auto con mia madre e tornammo a casa. Ovviamente sia mamma che papà avevano saputo dell’incidente con il furgoncino di Tyler e mi fecero un milione di domande. Quando finalmente si stufarono, andai a fare i compiti ma non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione di aver ferito Jasper.

    *****


    Legenda:
    Abc Pensieri
    ABC Ricordi

    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:34
  3. .

    POV-Condiviso


    Jasper
    Il tempo trascorreva sempre uguale, sempre molto lentamente per chi ha già vissuto per oltre un secolo e mezzo su questa terra. Ma stavolta, per la prima volta in vita mia, mi sentivo forte. Non come Emmett, che sradicava alberi per puro divertimento, esternando la sua forza muscolare. Mi sentivo forte interiormente, sapevo di poter tenere a bada il mostro. E questa forza si rispecchiava nel mio umore. Tutta la famiglia si rese conto che ora ero rilassato, sereno, in pace. Certo, se pensavo ad Alice ed Edward mi veniva ancora voglia di scappare via, ma potevo sopportarli un po’ di più. Continuai comunque ad andare in macchina con Emmett e Rose fino a scuola. Non volevo sentire le loro emozioni soffocanti. Mi sarei depresso di nuovo, e onestamente mi ero stufato di questa costante nuvola nera che mi portavo dietro.
    Scendemmo dall’auto e Emmett si rallegrò. “Ghiaccio. Lo adoro.”
    “Se mi arriva uno schizzo d’acqua gelata nei capelli, ti stacco un braccio.” Rose odiava qualunque cosa che potesse rovinare il suo meraviglioso aspetto perfetto e curatissimo.
    Emmett alzò le mani con fare innocente. Ma sapevo che non avrebbe resistito alla tentazione di lanciarle contro una palla di neve, se ne avesse avuta una a portata di mano. Per un secondo mi voltai verso la Volvo. Che errore madornale. Edward stava baciando Alice, appoggiata alla macchina, mentre con una mano le accarezzava la coscia che lei teneva appoggiata sul suo fianco. Chiusi gli occhi mentre un ringhio sordo mi percosse il corpo. Sentii la mano di Rose sul mio braccio. “Scusa,” risposi senza nemmeno aprire gli occhi.
    “Tranquillo. Vogliamo andare?”
    Annuii, poi riaprii gli occhi e mi voltai verso di loro. Riuscirò mai a guardarla solo come una sorella? No, io non credo. Eppure lei ci riesce. Ma perché? Perché devo essere sempre io quello debole? Percepii l’imbarazzo di Edward, era di nuovo entrato nella mia testa senza permesso. Fatti i fatti tuoi! Mossi qualche passo in avanti, dietro a Rose ed Emmett e all’improvviso sentimmo un rumore di freni tirati. Guardai verso il lato da cui proveniva il rumore e vidi un furgoncino senza controllo attraversare il parcheggio a velocità spaventosamente alta per una giornata così. Scossi la testa, rimproverando l’autista per la poca lucidità dimostrata mettendosi al volante con questo ghiaccio. Poi lo udii. Un sospiro. Veniva da dietro di me. Mi voltai appena e vidi Alice ed Edward rapiti dalla scena che si stava manifestando anche davanti ai miei occhi. Il furgoncino senza controllo stava per schiantarsi contro… Bella! In un millesimo di secondo, presi una delle decisioni più folli della mia vita. Corsi accanto a lei, gli occhi serrati e un’espressione di terrore sul viso. La strinsi forte al mio petto e ci accucciammo a terra, mentre le mie spalle assorbirono l’urto del furgoncino. Lo sentii arrivare violentemente e sbattere contro il mio corpo granitico, immobilizzandosi all’istante. Respirai a fondo, ma non c’era traccia di sangue, o per lo meno non lo percepii. Con cautela, allentai la presa su Bella e la allontanai da me di qualche centimetro, per vedere se era ferita o peggio.
    “Bella?” La chiamai due o tre volte ma lei non accennava a rispondere. Stavo per perdere il controllo delle mie emozioni, quando lei finalmente aprì gli occhi. “Stai bene, Bella?”
    Lei annuì soltanto. Da un lato ero felice che fosse viva, ma avevo bisogno di sentirla parlare per accertarmi che stesse davvero bene.
    “Sicura di stare bene? Vuoi che ti porti in ospedale?”
    “No!” urlò quasi terrorizzata. Mi venne da ridere, ma cercai di trattenermi. Ovviamente non ci riuscii, perché lei arrossì violentemente e cercò di allontanarsi da me. Glielo concessi, ma non le permisi di alzarsi da sola. Una volta in piedi la lasciai finalmente andare e mi guardai intorno. Il furgoncino e l’auto tra cui eravamo intrappolati rallentavano i curiosi. Il conducente del furgoncino doveva essere svenuto, non percepivo nulla da lui. Sperai che non si fosse fatto troppo male. Con il piede, cercando di nascondere il gesto a Bella, lisciai la carrozzeria posteriore del furgoncino che aveva impattato contro la mia schiena. “Non hai sbattuto la testa?”
    “No, sto bene. Davvero.” Solo in quel momento sembrò realizzare il pericolo che aveva corso, e ne fu terrorizzata. Cercai di rilassarla un po’, e la vidi respirare più lentamente.
    “Bene. Ora aspettiamo che ci liberino, allora.”
    “Tyler?”
    “Chi?”
    “Tyler… il ragazzo che guidava il furgoncino. Come sta?” Sembrava preoccupata.
    “Oh,” dissi. Poi mi voltai verso il furgoncino e guardai dal finestrino. Vidi un ragazzo svenuto al posto di guida. Doveva aver sbattuto la testa durante l’urto, perché aveva diverse ferite aperte. Strano che il suo sangue non avesse effetto su di me. Ma mi voltai comunque velocemente verso Bella, per evitare rischi. “E’ svenuto. Ma credo che stia bene.”
    “Ok.”
    Nel frattempo sentimmo arrivare l’ambulanza e tante voci esplosero intorno a noi: studenti, insegnanti, il preside, i bidelli, i paramedici. Estrassero Tyler dall’auto e lo caricarono su una barella prima di spostare il furgoncino per raggiungerci. Bella disse che stava bene e che voleva solo andare in classe. Io la accompagnai, sostenendola delicatamente mentre attraversavamo il parcheggio ghiacciato per non farla cadere. La vidi arrossire per l’imbarazzo, ma in quel momento fu più forte l’istinto di aiutare una donna in pericolo che quello di assaggiare il suo sangue. Quando fu al sicuro, oltre la porta dell’edificio, le sorrisi e le augurai buona giornata. Poi raggiunsi la mia classe.

    *****


    Bella
    Mentre raggiungevo l’aula, ero ancora intontita. Ricordavo distintamente il furgoncino che si avvicinava, prima che chiudessi gli occhi per la paura. Poi mi sentii afferrare e stringere forte da qualcosa di freddo e duro come il marmo, che in un istante mi fece ritrovare inginocchiata sul lastricato ghiacciato E poi il botto assurdo, fortissimo, del furgoncino che impattava contro qualcosa di duro, come se fosse un muro. Ma quando riaprii gli occhi c’era solo Jasper Hale tra me e il furgoncino. Com’era possibile? Forse era tutto un incubo, e a breve mi sarei risvegliata a Phoenix con mamma e papà. Doveva essere così, non c’era alcun dubbio. Mi pizzicai un braccio, ma non cambiò nulla. Beh, cambiò che ora dopo aver sollevato la manica della maglia, avevo un grosso livido sull’avambraccio sinistro… e altri lividi su entrambi gli avambracci. Li accarezzai lentamente, come se fosse davvero un sogno. Non erano dolorosi, ma non avevo idea di come me li fossi procurata. Ok… ci sono solo due spiegazioni: o sono impazzita di colpo – e potrebbe anche essere vero, oppure Forks non è il luogo tranquillo e sicuro che ricordavo da bambina. Il suono della campanella mi riscosse dalle mie fantasie e mi misi a correre per raggiungere la classe.
    Alla pausa, raggiunsi gli altri in caffetteria. Mentre ero in fila per il pranzo, vidi che il tavolo dei Cullen era ancora semi-vuoto e mi chiesi come mai Jasper, Rosalie ed Emmett avessero preso a saltare la pausa pranzo. Non so esattamente cosa mi prese, ma mollai il vassoio sul bancone e mi avvicinai a Edward e Alice. Edward si voltò verso di me prima ancora che io arrivassi abbastanza vicina. I suoi occhi mi bloccarono lì sul posto: erano dorati, come sempre, ma l’espressione era decisamente ostile. Respirando un paio di volte, presi coraggio e continuai ad avvicinarmi a loro.
    “Tu devi essere Bella Swan,” mi disse Alice. Annuii, un po’ a disagio. “Io sono Alice, e lui Edward. Non abbiamo avuto modo di conoscerci finora.”
    “Alice, che diavolo stai facendo?” Il tono di voce di Edward era ancora più ostile dei suoi occhi.
    “Sono gentile, tesoro. Mi sto presentando.” Si voltò brevemente verso il suo ragazzo, ma poi tornò a guardare me. “Avevi bisogno di qualcosa?”
    Momentaneamente dimenticai perché mi ero avvicinata. Poi mi tornò in mente, e mi sembrò una cosa totalmente stupida. “No, io… scusate. Vi ho disturbati inutilmente.”
    “Aspetta...” mi richiamò Alice mentre io mi voltavo per allontanarmi. “Sembrava che ti servisse qualcosa di importante. Perché non mi dici cos’era?”
    Arrossi mentre mi decidevo a parlare. “Mi chiedevo se… come mai i vostri fratelli non ci sono.”
    Il suo sguardo si rabbuiò brevemente. “Beh, ecco… Rosalie ed Emmett hanno deciso di fare una passeggiata durante la pausa pranzo. E Jasper… non ne ho idea.”
    “Oh. Ok. Allora ciao.” mi voltai velocemente e rischiai di inciampare su uno zaino poggiato a terra. Fortunatamente riuscii a poggiare le mani su un tavolo lì accanto e rimasi miracolosamente in piedi. Poi corsi fuori dalla caffetteria, per prendere un po’ d’aria fresca. L’ossigeno che entrava in circolo mi schiarì la mente. Ma che diavolo ti è saltato in mente? Idiota. Una risata, anzi diverse risate, attrassero la mia attenzione. Spostai lo sguardo nella direzione da cui arrivava il suono e li vidi, i gemelli Hale ed Emmett Cullen. Si stavano divertendo da matti a scivolare sul ghiaccio che a tratti ricopriva ancora il lastricato. Senza accorgermene, mi trovai a muovermi in quella direzione. Non si accorsero subito di me, perciò potei approfittarne per guardarli da lontano, mentre i miei piedi accorciavano la distanza che ci separava. Rosalie era sempre perfetta, con i capelli biondi che ricadevano sulle sue spalle e i vestiti immacolati. Emmett e Jasper a volte si lanciavano addosso acqua ghiacciata, raccolta da terra. E proprio mentre mi fermavo a qualche passo da loro per guardarli, Emmett mirò a Jasper, che si scansò fulmineo e l’acqua mi ricoprì completamente, togliendomi il fiato per quanto era gelata.
    “Bella!” La voce di Jasper mi arrivò forte e chiara, mentre un istante dopo le sue mani furono sulle mie braccia. “Tutto ok?”
    Ripresi a respirare, mentre gocce di acqua mi scorrevano dai capelli sul viso e sul collo, facendomi rabbrividire. “Penso di sì.”
    “Scusami tanto, non volevo.” Emmett si era avvicinato, insieme a Rosalie, e mi guardava preoccupato e con aria colpevole.
    “Non fa nulla,” risposi cercando di sorridergli. Ma sentivo troppo freddo.
    Rosalie si sfilò la giacca e me la porse. Era gelata, per via di tutto il tempo che era stata fuori, ma la ringraziai e Jasper me la mise sulle spalle.
    “Che ci fai qui fuori?” mi chiese Jasper portandomi con calma verso una panchina per farmi sedere. Emmett e Rosalie si schierarono davanti a noi.
    Già, che ci facevo lì? Bella domanda. “Volevo fare due passi.”
    Jasper mi guardò con un sopracciglio alzato, ma non disse nulla.
    “Scommetto che anche tu odi giocare a palle di neve, come la mia Rose.” Mentre mi parlava, Emmett fece passare un braccio dietro Rosalie per stringerla a sé. Quanto sono dolci.
    “Assolutamente sì,” risposi annuendo con vigore. Questo provocò una serie di risate generali.
    “Jasper,” dissi appena le risate si spensero. Mi voltai verso di lui e mi ritrovai immersa in quegli occhi dorati. C’era qualcosa di diverso, ma non riuscii ad afferrare cosa. “Non ti ho ringraziato per avermi salvato la vita… prima.”
    “Non c’è problema, Bella.” Mi sorrise. “Quando ha bisogno di aiuto, mademoiselle, io sarò sempre disponibile.” Si inginocchiò ai miei piedi e io iniziai ad andare in iperventilazione mentre mi prendeva la mano per accostarla alle sue labbra, come aveva fatto la prima volta.
    “Jazz… piantala! Così la farai morire di vergogna,” Rosalie tirò un calcetto a suo fratello, che sorridendo si tirò su e si sedette di nuovo accanto a me, senza lasciare la mia mano. Era ghiacciato, questo lo avevo notato fin da subito. Ma non era affatto spiacevole quel contatto.
    “Chiedo umilmente perdono, mademoiselle,” mi fissò serio, con uno sguardo che avrebbe fatto sciogliere un ghiacciaio.
    “Devo andare,” dissi debolmente.
    “Si, anche noi dobbiamo tornare in classe.” Rosalie si allontanò leggermente da Emmett e attese che io e Jasper ci alzassimo. Ci incamminammo insieme verso l’ingresso, poi mi tolsi la giacca per ridarla a Rosalie. “Tienila pure. Serve più a te che a me, al momento. Me la ridarai a fine giornata.” Poi con un sorriso smagliante, si voltò mano nella mano con Emmett e sparirono tra gli altri ragazzi.
    “A dopo, Bella.” Jasper mi sorrise ancora e anche lui sparì tra i vari studenti in corridoio. E io rimasi lì, imbambolata, a cercare di capire che diavolo mi stesse succedendo.

    *****


    Legenda:
    Abc Pensieri
    ABC Ricordi

    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:33
  4. .

    POV-Condiviso


    Jasper
    Il rientro a casa dopo la scuola fu veramente pesante. Edward continuava a guardarmi infuriato, coadiuvato da Alice che mi accusava di essere un ingenuo. Rosalie ed Emmett pensavano che fosse andata bene, ma non volevano litigare con Edward e Alice perciò non dissero nulla. Esme, poverina, non capiva cosa fosse accaduto e non sapeva bene da che parte schierarsi.
    “Jasper, posso parlarti un attimo?” Carlisle era appena rientrato dall’ospedale, in netto ritardo rispetto al suo solito. Incuriosito dal suo tono, lo seguii nello studio – anche per allontanarmi dagli sguardi furiosi di Edward. Rimasi accanto alla porta chiusa, mentre lui si sedette alla scrivania. Mi guardava con un’espressione strana. “Sono appena stato a casa Swan.”
    “Bella?” chiesi senza nemmeno riflettere. Mi tornò alla mente il suo viso sanguinante, con un filo di trucco che non avrei nemmeno notato se non l’avessi rivista all’uscita di scuola. E quelle due ciocche libere dalla coda, che le incorniciavano il viso a forma di cuore.
    Carlisle mi guardò in maniera interrogativa per un istante. “Bella Swan sta bene. Sua madre voleva accertarsi che non avesse traumi alla testa, dopo la botta che ha preso a scuola. E in effetti non c’era nulla di preoccupante in lei.”
    Sospirai, chiudendo gli occhi per un attimo. Mi sentivo meglio ora. Se Carlisle l’aveva visitata e diceva che stava bene, doveva essere così.
    “Jasper, Bella Swan mi ha detto che l’hai aiutata a rimettersi in piedi.”
    Annuii. “Si, io… era circondata da tutti i ragazzi della scuola che ridevano per la sua goffaggine. Sentivo il suo imbarazzo a restare lì, guardata da tutti. Ho provato a darle una mano a cui appoggiarsi, ma…”
    “Ha ritirato la mano a contatto con il freddo della tua?”
    “Sì. Ma non volevo lasciarla lì, così. E… non so a cosa stessi pensando. So solo che mi sono ritrovato a cingerle la vita con le mani per tirarla su.” Scossi la testa, abbassando lo sguardo a terra. “Ha ragione Edward, sono un vero idiota.”
    “Non credo, sai?” Alzai lo sguardo su Carlisle. Mi guardava ancora in maniera strana. “Jasper, tu… hai avuto un’educazione molto diversa da quella di Edward, o Emmett.” Sorrise. “Non parlo del tuo stile di vita dopo la trasformazione. Parlo della tua adolescenza, da umano. Sei stato allevato nel Texas, e sei nato oltre mezzo secolo prima di loro. I tuoi comportamenti da gentiluomo del sud sono ancorati a ciò che eri e a ciò che sei. Non possono morire, solo perché tu sei diventato immortale.” Si alzò dalla sedia e fece il giro della scrivania, appoggiandosi al tavolo. “Forse è stato... ingenuo da parte tua avvicinarti ad un umano sanguinante, data la tua condizione. Ma non ti definirei idiota. E’ la tua natura, quella di essere gentile e aiutare le ragazze in difficoltà. Non ti giudico per questo.”
    “Forse dovrei andare via di nuovo. Non faccio altro che mettervi in difficoltà. Io… mi dispiace Carlisle. Se vuoi, me ne vado via anche subito.”
    “Jasper, non voglio che tu te ne vada. Sei della famiglia, sarebbe alquanto ipocrita da parte mia sbatterti fuori alla prima difficoltà. E poi sai che io ed Esme la volta scorsa siamo stati davvero in pena per te. Sei sparito senza dire una parola. Capivamo che lo facevi per trovare un equilibrio, dopo… beh, lo sai.”
    “Mi dispiace. Io non voglio farvi stare male. Ma non voglio nemmeno continuare a sbagliare così. Io… vorrei solo essere perfetto, come Edward… o Alice.”
    Carlisle si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla. “Tu sei Jasper Withlock, o Hale se preferisci. Nessuno pretende che tu sia una copia di Edward o Alice. Ognuno di noi è speciale, a modo suo. Anche tu.” Mi sorrise. “Non sentirti in colpa nemmeno per un istante. Non volevo parlarti per rimproverarti. Al contrario, volevo congratularmi con te. Ho sentito Emmett stamattina, mentre diceva a Rosalie che il sangue di Bella Swan per te è un richiamo irresistibile. E mi chiedevo solo come avessi fatto a starle vicino così a lungo oggi, mentre la ferita sulla sua testa sanguinava. Dovresti essere orgoglioso di te stesso.”
    Sorrisi debolmente. “Per un istante mi sono sentito così. Finché… finché Mr. Perfezione non ha deciso di farmi la predica dopo le lezioni. In quel momento mi ha fatto sentire un vero schifo.”
    “Io direi che dovrebbe prevalere l’orgoglio, Jasper. Sei stato davvero molto controllato. Bella Swan ha rischiato grosso, ma per sua fortuna tu non sei così debole come credevamo.”
    Se fossi stato ancora umano, credo che mi sarei commosso. Carlisle non mi aveva mai parlato così. Certo, mi aveva sempre spronato a migliorarmi, incoraggiandomi a cacciare magari più spesso di quanto fosse necessario. Ma non mi aveva mai detto che era orgoglioso di me. “Grazie,” fu l’unica cosa che riuscii a dirgli, ma so che lui aveva capito cosa significasse. Mi lasciò andare e per la prima volta sentii di poter camminare a testa alta tra i miei simili.
    La mia nottata la passai a leggere e a immaginare le mie nuove giornate a scuola, sapendo che ora la sete non era più così problematica. Verso mezzanotte pensai di andare a caccia, giusto per assicurarmi che non accadesse nulla di brutto se avessi dovuto rivedere Bella Swan a scuola. Poi ripresi la lettura fino all’alba.

    *****


    Bella
    Erano passati già diversi giorni dall’ultimo incidente a scuola. Fortunatamente non era accaduto nulla: niente cadute, niente imbarazzo, niente risatine. E andava decisamente meglio. Potevo finalmente essere me stessa. In caffetteria ridevo e scherzavo con Mike, Eric, Ben, Jess e Angie senza preoccuparmi più di nulla. Le lezioni finalmente iniziavano ad essere più complesse rispetto ai primi giorni, il che richiedeva tutta la mia attenzione e questo fu un bene. Meno distrazioni significavano anche meno incidenti. Certo, almeno finché il destino non decise diversamente.
    Durante la notte, le temperature erano scese oltre la norma e l’acqua si era trasformata in ghiaccio. Papà si era alzato davvero prestissimo per andare a comprare quattro ruote nuove per l’auto di mamma dal suo amico carrozziere. La sua auto era perfettamente apposto, visto che con il budget della stazione di polizia avevano cambiato le gomme proprio la settimana prima. Il problema era che io non potevo uscire in bici. E mamma avrebbe dovuto allungare il giro per accompagnarmi. Il che significava anche che sarei arrivata a scuola almeno mezz’ora prima di tutti gli altri. E la cosa non mi entusiasmava moltissimo. Comunque, mi preparai e fui pronta per uscire insieme a lei.
    “Bells, poi non mi hai più detto come va con Mike Newton.”
    “Mmmmh, già.” Sospirai. Non è che proprio fosse cambiato qualcosa tra noi, anzi. Da quel giorno in cui mamma mi aveva mandata a scuola truccata e pettinata, Mike mi seguiva dappertutto come un cagnolino. Anche se avevo smesso di truccarmi ed ero tornata a portare i capelli sciolti sulle spalle. “Direi che va ancora male. Non trovo mai il momento giusto per parlargli. Mi segue come un cagnolino. E’… è fastidioso.”
    “Beh, amore. Prima ci parli e meglio è per tutti. Anche per Jessica, così se davvero le piace Mike almeno saprà che tu hai fatto di tutto per allontanarlo.”
    “Già...”
    Quando arrivammo nel parcheggio del liceo, lasciai un bacio sulla guancia di mia madre e scesi con cautela dall’auto. Il parcheggio era quasi interamente coperto da una lastra di ghiaccio scivolosa. Sbuffando, cominciai a muovermi con lentezza esagerata, un piede dopo l’altro, verso l’ingresso della scuola per sedermi su una panchina mentre attendevo che almeno qualche altro studente si facesse vivo. Quando raggiunsi la panchina e mi sedetti, fui quasi tentata di saltare per aria: era ghiacciata. Ma mi feci forza e resistetti finché non sentii più il freddo. Intanto qualche auto cominciava a fare capolino dai due lati della strada. Comprese la Volvo metallizzata di Edward Cullen e Alice Brandon e la Jeep con Emmett Cullen e i gemelli Hale. Quando vidi arrivare Angie, pensai che fosse una buona idea alzarmi per andarle incontro. Con molta cautela, mossi qualche passo verso il parcheggio, scendendo dal marciapiede e infilandomi tra le varie auto già parcheggiate. Accadde tutto in un istante. Sentii un rumore di freni, mi voltai e vidi il furgoncino di Tyler Crowley venire verso di me. Indietreggiai il più possibile, ma mi ritrovai a sbattere contro un auto parcheggiata, mentre il furgoncino si avvicinava a velocità sostenuta, sempre più fuori controllo. Sentivo Angie urlare disperata, ma non poteva fare nulla per salvarmi. Chiusi gli occhi, serrandoli fortissimo mentre pregavo che la morte fosse istantanea e indolore.

    *****


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  5. .

    Bella-s-POV


    Appena Jasper si voltò per allontanarsi, guardai Angela.
    “Bells, stai bene?” Annuii. “Sicura di non voler andare in infermeria?” Scossi la testa. “Ok. Allora ti accompagno in classe.”
    Camminammo in silenzio lungo il corridoio, ognuna persa nei propri pensieri. Forse, allora, ieri ho solo immaginato che Jasper fosse pericoloso. Eppure… la sua espressione, i suoi occhi. Sembrava volesse uccidermi. E oggi, invece, niente. Mi ha aiutata, nonostante non glielo avessi chiesto. Mi ha prestato il suo fazzoletto. Guardai la mia mano che stringeva ancora il fazzoletto completamente insanguinato. Non posso nemmeno ridarglielo, il sangue non se ne andrà mai via. Sembrava sinceramente preoccupato per la mia salute. E poi, quel baciamano imbarazzante. Scossi la testa, mordendomi un labbro. Certo che pure io… inciampo sempre sui miei stessi piedi, uff. Ma perché non posso essere come gli altri? Cos’ho che non va?
    A fine giornata, ero esausta. Non vedevo l’ora di inforcare la bici e tornare a casa. Angela mi aveva già chiesto se volevo un passaggio con la sua auto, ma avevo rifiutato Non volevo farle perdere tempo, e poi mi sentivo molto bene, quindi potevo tranquillamente pedalare. Uscii dall’edificio e l’aria fresca mi diede quel pizzico di lucidità che mi mancava. Rimasi ferma qualche minuto a godermi il fresco sul mio viso. La tempia destra, dove avevo sbattuto, pulsava ancora un po’ ma era sopportabile. Mi guardai intorno, mentre gli altri ragazzi si affrettavano verso le proprie auto. E poi sentii dietro di me due voci, arrabbiate. Una la conoscevo, l’altra no.
    “Sei stato un vero idiota. Cosa sarebbe successo se avessi perso il controllo?” La voce che non conoscevo era anch’essa bassa e melodiosa, ma non era di Jasper Hale. Forse era del ragazzo moro.
    “Beh, ma non è successo. E poi, con che coraggio vieni a dare a me dell’idiota?”
    “Sei idiota. Ti chiamerò così d’ora in avanti.” Sbagliavo, la seconda voce non era del ragazzone moro, ma dell’altro Cullen. Mi avevano oltrepassato – tra l’altro il ragazzo infuriato mi diede anche una spallata, senza nemmeno accorgersene - e continuavano a camminare.
    “Piantala, Edward. Non ho bisogno dei tuoi stupidi rimproveri.” Edward, giusto. Ecco come si chiama.
    “Certo che no. Infatti te la cavi benissimo a metterci nei guai. Continua pure, tranquillo. Tanto mica pensi agli altri tu.”
    Jasper si bloccò e lo fronteggiò. Emanava un’aria spaventosa che mi fece venir voglia di fuggire via urlando. Invece rimasi inchiodata lì, a pochi passi da dove avevo iniziato ad ascoltare la loro conversazione. Senza rendermene conto, li avevo seguiti. “Quindi io sarei egoista? Davvero? Ma che… faccia tosta. Se fossi stato davvero egoista, pensi che te l’avrei lasciata? No, caro. Me la sarei ripresa con la forza, se necessario. E l’avrei portata via da te. Se fossi egoista, non sarei sparito per più di vent’anni.” Vent’anni? Ma cosa…? Di che diavolo stanno parlando?
    “Tu sei pazzo. E se continuerai a comportarti in questo modo, ci costringerai alla fuga. Lo sai questo?”
    “Io non costringo nessuno a fuggire. E non è successo nulla. Perciò piantala di darmi addosso e vai a fare quello che sai fare meglio: stare abbracciato a lei.”
    Continuarono a guardarsi in cagnesco e non riuscivo ancora a muovermi. Ero curiosa di sapere di cosa stessero parlando, ma non volevo che pensassero che fossi una spiona. Cercai di trovare una soluzione, ma all’improvviso gli occhi di Jasper incrociarono i miei. Imbarazzata, arrossii violentemente e mi morsi il labbro inferiore.
    “Bella? Che ci fai qui? Stai bene?” Mi guardava come se avesse notato solo ora qualcosa di strano in me.
    Prima di rispondere, incrociai lo sguardo di Edward Cullen. Era furioso. Non so se ce l’avesse con me per qualche motivo, o se era ancora un riflesso della lite avuta con il fratello. Presi un bel respiro e, facendo finta di nulla, gli sorrisi debolmente. “Volevo… volevo ringraziarti per… prima. Io… mi dispiace, non… il fazzoletto è tutto sporco. Te ne comprerò uno nuovo domani.” Avrei tanto voluto sotterrarmi per l’imbarazzo.
    Jasper sbattè le palpebre per una o due volte. Poi sorrise. “No, figurati. Il fazzoletto non devi ricomprarlo. Ne ho tanti a casa.” Poi il suo sguardo si fece preoccupato. “Sicura di stare bene?”
    Annuii. Lui mi sorrise di nuovo, poi guardò di nuovo suo fratello e il sorriso si spense, sostituito da un’espressione di rabbia. Infine si diresse verso una Jeep guidata dal Cullen moro e si sedette dietro, continuando a guardarmi. Edward Cullen, senza rivolgermi la parola o dare cenno di ricordarsi che anche io ero lì, si mise in moto e raggiunse la Volvo e la sua ragazza. Rimasi qualche istante a guardare il punto da cui le due auto erano appena sparite. Sicuramente devo aver capito male. Jasper non può aver detto di essere stato lontano da qualcuno per più di venti anni. Non li ha nemmeno venti anni. Forse la botta in testa è stata più forte di quanto pensassi e ora mi immagino le cose. Alla fine decisi che non valeva la pena scervellarsi per cose simili. E poi, cosa mi importava se Jasper Hale ed Edward Cullen litigavano? Erano fatti loro, e io avevo già tanti casini nella mia vita per potermi accollare anche i problemi degli altri. Presi la mia bicicletta e arrivai a casa. Mamma si accorse della ferita sulla tempia e volle accertarsi che stessi bene, perciò chiamò l’ospedale per sapere se c’era un medico che potesse visitarmi. L’infermiera le disse che il dottor Cullen era appena uscito per tornare a casa, ma che lo avrebbe chiamato subito al cellulare per avvisarlo. Pochi minuti dopo, qualcuno bussò alla porta e mamma andò ad aprire.
    “Buonasera, sono il dottor Cullen. Mi hanno detto che c’è stato un incidente e di controllare che non ci fossero danni gravi.” Sentii la sua voce dal soggiorno. Era un tono davvero attraente, così piacevole.
    “Buonasera, dottore. Sono Renée Swan. Ho chiamato per mia figlia. Ha sbattuto la testa a scuola e vorrei assicurarmi che non abbia commozioni o altro.”
    “Controlliamo,” disse il dottore, prima che la mamma lo facesse entrare. Rimasi ammaliata da quell’uomo. Era giovanissimo, avrà avuto forse trent’anni al massimo. Biondo, con occhi color caramello dorato – come quelli dei suoi figli adottivi. Strano. “Tu devi essere la paziente.”
    “Bella,” risposi semplicemente. Lui mi sorrise e poi cominciò a tastarmi la tempia destra, anche lui – come Jasper – aveva le mani ghiacciate.
    “Com’è successo?”
    “Sono scivolata…. e ho sbattuto contro lo spigolo di un muro.” Arrossii di nuovo pensando a quanto fossi goffa.
    “Beh, fortuna che non ci sono stati altri danni,” disse il dottore continuando a guardare la ferita con un sorriso smagliante. Qual è il problema di questa famiglia? Possibile che siano tutti così belli?
    “Suo figlio….” mi schiarii la voce. “Jasper mi ha aiutata a rimettermi in piedi. Mi ha anche dato un fazzoletto per… ripulire il sangue.”
    “Davvero? E’ proprio un ragazzo d’oro.” La sua espressione cambiò impercettibilmente mentre parlavo, ma il suo sorriso riapparve quasi istantaneamente. “Beh, senza una radiografia non posso esserne certo al 100%, ma non credo ci siano traumi. Bella è sana come un pesce.”
    Mia madre lo ringraziò moltissimo mentre lo accompagnava alla porta. Io invece andai di sopra a fare una doccia e lavare i capelli incrostati di sangue rappreso. Dopo cena, salutai i miei genitori e salii in camera a fare i compiti - prima di crollare dal sonno, dopo aver letto appena due pagine di Cime tempestose.

    *****


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  6. .

    Jasper-s-POV


    Dovevo ammetterlo, Emmett aveva ragione. Dopo aver superato le mie ansie sul poter incontrare quella ragazza – Isabella Swan – all’ingresso del liceo o nei corridoi, la giornata era trascorsa in maniera piuttosto piacevole. Le lezioni con Emmett poi furono un vero spasso. Emmett non era proprio capace di restare serio per più di cinque minuti, e forse in quel momento era proprio quella leggerezza che mi serviva per andare avanti. Alla pausa pranzo, Rose ed Emmett mi accompagnarono fuori. L’aria fresca e frizzante era un sollievo dopo le ore di lezione al chiuso.
    “Allora, Jazz. Tutto bene?” Rose mi guardava sorridente, ma sentivo la sua ansia.
    “Stranamente sì. E’ la prima volta in cinquant’anni che mi sento quasi felice.”
    Rose si rilassò. Emmett iniziò a prendermi a pugni. “Visto che avevo ragione? E tu che volevi stare a casa. Idiota.”
    “Emmett piantala! Così mi costringi a reagire, e sai che lo farò.” Lo guardai con un sorriso.
    “Figurati, pappamolla. Non sei capace di mettermi al tappeto.”
    “Scusami? Mi hai chiamato pappamolla?”
    Lui annuì più volte, guardandomi con aria di sfida. Rose cercava di farlo rinsavire. Ci trovavamo nel parcheggio della scuola, mica su un ring. E poi avrebbe potuto vederci qualcuno.
    “D’accordo, Em. Te la sei cercata.” In un attimo entrai in modalità battaglia. Ero tornato ad essere il maggiore Jasper Withlock, il più giovane graduato dell’esercito dei Confederati. Emmett era solo un avversario qualsiasi, niente altro che un bersaglio. Ci studiammo per alcuni istanti, soppesando forze e debolezze dell’avversario. Rose si allontanò scuotendo la testa. Poi Emmett attaccò, come sempre. E non poteva fare scelta peggiore. Mi ero allenato a combattere i neonati, i vampiri appena trasformati. Loro non avevano strategie, attaccavano semplicemente. Ed Emmett non faceva eccezione, nonostante fosse un vampiro ormai da settant’anni. Lo schivai facilmente, posizionandomi poi alle sue spalle. Lui si voltò, il viso trasfigurato in una maschera di rabbia. Non mi spaventava nemmeno un po’. Lo lascia attaccare di nuovo, schivando i suoi pugni in rapida successione, prima di dargli un solo, unico pugno nello stomaco. Lo vidi volare per una decina di metri, prima di atterrare con un ginocchio a terra e l’altra gamba piegata. Ci scrutammo ancora, e poi…
    “Adesso piantatela. Capisco che sia bello per voi combattere, ma i ragazzi stanno uscendo dalla caffetteria. Quindi fatela finita ok?”
    Emmett si rialzò e io tornai ad essere il vampiro Jasper Hale. Ci abbracciammo, poi con Rose entrammo nell’edificio per andare in classe. Passando davanti alla caffetteria, notai che Alice ed Edward erano ancora seduti al nostro tavolo, stretti in un abbraccio. Scossi la testa e mi allontanai da lì. Rose doveva aver visto la scena, perché mi poggiò una mano sul braccio. Le sorrisi, grato della sua amicizia. Stavo per entrare nell’aula di spagnolo quando sentii uno scoppio di risate provenire da qualche metro più avanti. Senza pensare, proseguii per vedere cosa fosse accaduto. Sentivo l’ilarità generale provenire da tutti i ragazzi che oltrepassavo, e poi una sensazione di disagio, di imbarazzo, di vergogna. Quando superai tutti i ragazzi, vidi una ragazza a terra, seduta contro il muro. Nessuno pensava di aiutarla, a parte Angela Weber.
    “Bells, stai bene?” le chiese.
    Isabella Swan. Di nuovo. Accidenti. Avrei voluto voltarmi e tornare in classe, ma non potevo. Non era da gentiluomini scappare di fronte ad una damigella in pericolo. Con passi lenti e concentrati, mi avvicinai a loro.
    “Serve aiuto?”
    Angela Weber guardò verso di me e cominciò ad emanare una sensazione di disagio. La conoscevo bene, facevo quell’effetto a tutti, a causa della mia natura. Ero quello che spaventava di più gli umani, tra tutti i miei fratelli. Le sorrisi, cercando di ispirarle sensazioni più cordiali. Poi spostai lo sguardo su Isabella. C’era qualcosa di diverso in lei. I capelli erano raccolti in una coda invece che sciolti sulle spalle come al solito. Era ancora a terra – forse incapace di rialzarsi da sola, così senza riflettere le tesi una mano. Lei la accettò, titubante. Quando il calore della sua mano si scontrò con il gelo della mia, si ritrasse immediatamente, guardandomi con stupore, paura e imbarazzo. Le sue guance si colorarono in un attimo e il suo odore mi colpì di nuovo, forte come il giorno prima. Chiusi gli occhi, smettendo immediatamente di respirare. Volevo calmarmi, volevo andare via. Se attaccavo lei avrei dovuto fare una strage per poter scappare… e non volevo farlo. Mi costrinsi a pensare ad altro. Quando riaprii gli occhi, cercai di sorriderle, ma questo la agitò ancora di più. Così feci l’unica cosa che mi venne in mente. La afferrai in vita, delicatamente. A contatto con i suoi vestiti, le mie mani non sembravano così fredde. Con lentezza, la sollevai dal pavimento e la lasciai appena fu di nuovo in piedi. Solo a quel punto mi accorsi che un rivolo di sangue le scendeva dalla tempia destra. Senza fissarmi troppo sul suo viso insanguinato, presi dalla tasca un fazzoletto e glielo porsi, ma lei non lo prese. Al suo posto lo fece Angela, che le tamponò la ferita. I ragazzi intorno a noi si erano diradati, le lezioni erano ricominciate e molti erano tornati ai loro obblighi.
    “Isabella, stai bene?” chiesi, esaurendo la riserva d’aria nei polmoni.
    Lei continuò a guardarmi con una strana espressione, ma annuì. Bene, è ancora viva. Se non inspiro, forse riuscirà a sopravvivere a questa giornata.
    “E’ scivolata su una pozza d’acqua,” disse Angela, rispondendo alla mia domanda inespressa. “E ha sbattuto la testa contro lo spigolo del muro.”
    Solo in quel momento notai che sul muro c’erano alcune gocce del suo sangue. Strano, avrei dovuto sentirlo da prima. Così mi sarei allontanato prima ancora di vederla. Avrei dovuto dire qualcosa, ma se avessi inspirato aria… Chiusi di nuovo gli occhi e tentai un breve respiro. La gola mi bruciò come se un carbone ardente mi scorresse lungo la laringe, il mostro che era dentro di me ringhiò in estasi, predisponendosi ad assaggiare quel dolcissimo nettare. E stavolta niente Emmett o Rose a trattenermi.
    “Grazie,” disse Isabella, con la sua voce armoniosa. Non so come, ma all’improvviso il mostrò si ritirò. Mi sentivo stranamente calmo - assetato sì, ma calmo. Aprii gli occhi e la vidi con il fazzoletto insanguinato tra le mani. Mi guardava con i suoi occhi color cioccolato, non c’era traccia di paura. Solo il disagio che le causava la folla.
    “Di nulla, mademoiselle.” Le sorrisi, poi mi inchinai lievemente e le afferrai una mano per portarla alle labbra. Il suo odore era davvero troppo potente per i miei sensi. Ma il contatto con la sua mano calda fu piacevole e lei stavolta non si ritrasse. Quando alzai nuovamente lo sguardo su di lei, era arrossita di nuovo. “Se vuoi, ti porto in infermeria.”
    Scosse la testa velocemente, senza quasi darmi il tempo di finire la frase. Forse non voleva che si pensasse che lei era debole. “Sto benissimo, grazie. Non mi serve… altro. Solo… puoi chiamarmi Bella? Isabella non… non mi piace molto.”
    “Ok. Vada per Bella.” Le sorrisi. “Allora, io vado in classe. A presto.” Sorrisi anche ad Angela e mi voltai, stupito dal mio strano autocontrollo. Non l’avevo attaccata, nemmeno con il sangue che le scorreva sul viso. Era davvero straordinario. Mi sentivo… per la prima volta ero orgoglioso di me.

    *****


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  7. .

    POV-Condiviso


    Jasper
    Passai tutta la notte a rimproverarmi mentalmente per quello che avevo fatto. No, quasi fatto. Se non fossero arrivati Rosalie ed Emmett a trattenermi, non avevo idea di cosa sarebbe accaduto. Non mi aiutò affatto, in auto, sentire la rabbia di Edward e Alice, che ovviamente aveva previsto qualcosa e aveva mandato Rose ed Emmett a fermarmi. L’espressione di quella ragazza, terrorizzata dal mio volto trasfigurato dalla sete. Non riuscirò a dimenticarla finché avrò vita. Nella mia mente rivedevo quegli occhi color cioccolato spalancarsi per la paura dopo aver visto la mia reazione al suo odore, quel dolce richiamo per il mostro che ancora era in me. Il suo sangue era dolce, più di quello di chiunque altro. Non avevo mai sentito un odore così attraente, nemmeno nella mia precedente esperienza da vampiro classico. Improvvisamente ero passato dalla consapevolezza che quella ragazza provasse una sorta di disagio nello stare accanto a me al vedere quel disagio riflesso nei suoi occhi così profondi e grandi. E quello che avrei potuto fare…
    “Ehi, tutto ok?” Emmett mi colse di sorpresa. Non mi aspettavo che potesse arrivarmi alle spalle senza che me ne accorgessi. Forse dovevo concentrarmi di più. “Ti ho visto uscire ore fa da casa, ma non ti vedevo tornare. Eravamo preoccupati.”
    “Scusate,” dissi soltanto.
    “Non vogliamo le tue scuse, Jasper. Vogliamo sapere se stai bene. Ieri è stata una giornata strana per te.” Poi sorrise. “Certo che avresti dovuto vedere la faccia di Edward quando li hai mandati al diavolo. Sembrava che volesse spaccarti un palazzo addosso.”
    “Che lo facesse pure, magari servirebbe.”
    “Ehi, basta. Non voglio vederti così. Reagisci, su! Andiamo a fare a braccio di ferro, ti lascio vincere.”
    Sorrisi. “Emmett, io vinco contro di te.”
    Scoppiò a ridere. “Sì, come no. Dai, fratellino. Fatti sotto.” Emmett si mise in posizione, con le gambe leggermente piegate e i pugni chiusi, con aria di sfida. Mi venne da ridere. “Visto che riesco a farti scordare tutto? Così mi piaci, ragazzo mio. Ora andiamo, devi prepararti per la scuola.”
    Alla parola ‘scuola’ improvvisamente mi sentii male. Se fossi stato ancora umano, forse sarei svenuto… o avrei vomitato. “Io non vengo.”
    “Cosa? Perché?”
    “Emmett… non posso tornare lì. E se quella ragazza mi capitasse di nuovo tra i piedi? E se stavolta tu e Rose non arrivaste in tempo? Cosa potrei farle?”
    “Jasper, è impossibile che tu e Isabella Swan possiate incrociarvi. A meno che non la butti a terra anche oggi e dovrai chiederle scusa.”
    “Tu proprio non capisci, Emmett. Quella ragazza, il suo sangue è troppo… Non so se riuscirò a starle lontano. E’ un richiamo irresistibile.”
    “Una volta è successo anche a me. Stavo tornando da Rose, e questa donna era in giardino a stendere i panni. All’improvviso il vento mi portò il suo odore e… beh, non è andata molto bene.”
    “E vorresti che corra lo stesso rischio?”
    “Mmmmh. Capisco cosa intendi. Ma oggi abbiamo tante lezioni noiose, e un paio di ore le passeremo insieme. Posso aiutarti.”
    “Emmett…”
    Emmett mi guardò per alcuni istanti. “Facciamo così. Vieni con noi a scuola e quando ci sarà la pausa pranzo, noi e Rose andremo fuori nel parcheggio finché non saranno rientrati tutti in classe. E poi andiamo anche noi, così non sarai costretto a vederla e non potrai rischiare di ucciderla.”
    Scossi la testa. “E’ un rischio troppo grande. E se la vedo nel corridoio? O se inciampo in lei mentre entriamo o usciamo?”
    “Ehi, non ti mollo nemmeno per un istante. Non pensarci nemmeno. Beh, ovvio quando avremo lezioni diverse dovremmo separarci, ma lì sarai al sicuro.”
    Risi di nuovo. “Io sarò al sicuro… Emmett, sono io il pericolo, non lei.”
    “Dettagli.” Mi guardò con sguardo implorante. “Allora?”
    Ci pensai su per qualche istante. Avrei voluto davvero saltare la scuola, anche solo per non dover stare a contatto con Alice ed Edward. Avrei potuto andare nel bosco e magari cacciare, solo per il gusto di farlo. Jazz, noi non cacciamo mai per divertimento. Solo per cibarci. Ok, niente caccia. Ma magari avrei potuto correre libero, senza pensare. E poi guardai Emmett, quell’espressione da grizzly ferito e mi arresi. “D’accordo, vengo. Ma se succede qualcosa, sarà l’ultima volta che frequento quella scuola.”
    “Per me va benissimo. Tanto non succederà nulla.” Mi diede un pugno sul braccio e corse verso casa.
    Rimasi lì, un istante, a guardare Emmett sparire. E’ proprio un bambino troppo cresciuto. Ma almeno riesce a farmi stare meglio. Lo raggiunsi in casa qualche istante dopo. Rose mi sorrise, stringendomi il braccio. Come a dirmi, ci sono anche io. Poi, insieme, prendemmo la Jeep di Emmett e partimmo per andare a scuola, così avrei evitato anche di stare con quei due in macchina. Forse la giornata non sarebbe andata poi così male.

    *****


    Bella
    Mi svegliai agitata. Avevo avuto incubi spaventosi, pieni di mostri e sangue. Non riuscivo a capire cosa mi inquietasse, ma di sicuro non era niente di buono. Mi infilai in bagno per fare una doccia fredda e svegliare il mio corpo addormentato. La mia faccia era un vero disastro, avevo due occhiaie nere e il colorito pallido che mi caratterizzava era come ingrigito. Wow. Oggi Mike deciderà di lasciarmi stare, se si volta a guardarmi. Sembro uno zombie. Sbuffai, poi tornai in camera per vestirmi. Avevo pensato di truccarmi un po’, ma sinceramente non ne avevo voglia. Così scesi di sotto con lo zaino già pronto ed entrai in cucina.
    “Ciao, amore. Oggi ho fatto le frittelle.” Mamma si voltò appena mi sentì avvicinarmi alla cucina. I suoi capelli erano perfettamente ordinati, in uno chignon classico. Il suo viso era riposato e tirato in un sorriso smagliante. Al confronto, io sembravo il cugino Itt. “Tesoro, stai bene? Sembri stanca.” Il suo sorriso si spense quando mi vide.
    “Ho dormito male. Incubi.” Mi sedetti al tavolo e tirai il piatto verso di me. Papà era già uscito, aveva appuntamento con il suo capo.
    Senza dire nulla, mamma uscì dalla cucina e torno poco dopo con la sua trousse. “Finisci di mangiare, poi ti sistemo io. Farai venire un infarto a tutti i ragazzi oggi, te lo garantisco.” Mi sorrise, facendomi l’occhiolino.
    La guardai preoccupata. “Mamma, non serve. Davvero. Sto bene anche così.”
    “Eh no, non posso permettere che mia figlia venga trattata male da qualcuno. Ieri hai avuto una pessima giornata, e oggi voglio che tu ti senta più a tuo agio. Fidati, non esagererò. Hai visto quanto mi trucco io. Non si vede nemmeno.”
    Alzai gli occhi al cielo e annuii. Tanto, in un modo o nell’altro, avrebbe vinto lei. Finii di mangiare, poi ci spostammo in bagno. Mamma mi pettinò i capelli e li tirò su, in una coda alta, lasciando libere un paio di ciocche ai lati del mio viso. Poi le arricciò e le lasciò cadere in due boccoli. Per gli occhi usò un po’ di correttore per nascondere le occhiaie e un leggero tocco di ombretto color glicine. Sulle labbra solo un filo di lucidalabbra.
    “Amore, sei splendida. Ti cadranno tutti ai piedi, oggi.”
    “Sì… se non cado prima io.”
    “Piantala di dire assurdità, Bella.” Mi strinse forte a sé, mentre io inspiravo il suo odore così familiare: sapeva di cannella e di rose – come la sua acqua di colonia preferita. Quel profumo mi rilassò. “Sei pronta?”
    La guardai negli occhi e le sorrisi. “Ti voglio bene, mamma.” Lei mi baciò sulla fronte e mi lasciò andare. Avevamo entrambe fretta e uscimmo di casa qualche minuto dopo, lei in auto e io in bici come sempre.
    La mattina scorse in fretta, ormai tutti i professori sapevano chi ero e non pretendevano più di farmi presentare davanti a tutta la classe, cosa che mi rilassò ancora di più. Nei corridoi, spesso notai molti ragazzi voltarsi a guardarmi, come se non mi avessero mai vista prima. Era una cosa davvero imbarazzante, e maledissi la mia poca forza di volontà per aver lasciato che mamma mi truccasse. Avrei voluto solo essere ignorata, e invece ora tutti si voltavano verso di me, facendomi arrossire e distraendomi. Rischiai di inciampare quattro o cinque volte sui miei stessi piedi. Fortuna che quando stavo con Angela potevo ignorare gli altri. Mike invece era una vera tortura. Spesso lo vedevo mentre mi fissava con intensità, come se fossi un bocconcino irresistibile. E meno male che avrei dovuto dirgli di lasciarmi stare. Jessica era gelosa, mi lanciava certe occhiatacce dall’altro lato del tavolo in caffetteria… Se gli sguardi potessero uccidere. Per distrarmi da Mike e Jess, mi voltai quasi inconsciamente verso il tavolo dei Cullen. Stranamente oggi c’erano solo due ragazzi, quello dai capelli ramati – ma perché non ricordo mai i nomi, uff? - e la ragazza che somigliava ad un elfo. Si stavano baciando, come al solito, incuranti di avere centinaia di spettatori. Erano quasi fastidiosi da guardare, sembravano lasciarsi trasportare troppo dalla passione. Al contrario della bionda e del ragazzone riccio. Loro si scambiavano molte più effusioni, era vero, ma erano anche più teneri. Spostai lo sguardo sui miei amici. Mike mi guardava ancora sbavando, e Jess guardava sia me che lui arrabbiata. Non li sopportavo più. Guardai Angela, che mi capì al volo, e ci alzammo per sparecchiare e tornare in classe. Se ieri era stato un incubo, oggi è anche peggio. Chissà perché gli altri Cullen non ci sono. Avrei voluto vedere… se ieri mi sono immaginata tutto.

    *****


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  8. .

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    Jasper
    Una volta fuori dalla caffetteria, avrei voluto continuare a correre via, lontano da tutto e tutti. Non sarebbe servito a molto, lo sapevo. Avevo già provato, subito dopo la rottura con Alice, a sparire. Mi ero rifugiato per qualche mese dalle nostre cugine di Denali, poi ero andato in giro per gli Stati Uniti, qualche mese da una parte, qualche settimana da un’altra. E poi l’Europa, l’Asia. Ma la lontananza di decenni non aveva avuto alcun effetto. Quando tornai dalla mia famiglia, più di vent’anni dopo, il mio amore per lei si ripropose più forte che mai. Anche dopo tutte le umiliazioni subite, starle lontano era un’opzione impensabile. Quello che mi serviva davvero sarebbe stato di riuscire ad isolarmi completamente da loro - non andando via, ma restando e tenendo lontane tutte le loro emozioni. Quello avrebbe potuto aiutare a non farmi infuriare, per lo meno. Ma non avevo un dono che potessi spegnere con un pulsante. E così ero costretto, senza volerlo, ad essere soffocato dal loro amore, dalla loro passione, dal loro scherno nei miei confronti… senza poter reagire. Mi lasciai cadere sul muretto di un’aiuola, che almeno avrebbe retto il mio peso a differenza di una qualsiasi panchina in metallo, e mi presi la testa tra le mani. Non volevo più stare male per lei… ma non avevo altra scelta. O questa vita o… Rialzai di scatto la testa. I Volturi. Loro potrebbero mettere fine alle mie sofferenze. Come mai non ci avevo mai pensato prima? Andare a Volterra era l’unica soluzione. Avrei smesso di soffrire per sempre. Non avrei più dovuto preoccuparmi di imparare a gestire la cosa, o a cancellare Alice dalla mia mente. Lo avrebbero fatto loro per me. In un istante, la mia esistenza sarebbe finalmente finita. Era la soluzione ideale, e allora perché non ci avevo pensato negli ultimi cinquant’anni? Mi sarei risparmiato un sacco di problemi.
    “Non provarci nemmeno.” Alzai lo sguardo. Rosalie ed Emmett mi guardavano furiosi.
    “A fare cosa?” Sapevo che probabilmente Alice aveva visto la mia decisione e lo aveva comunicato agli altri, ma non mi importava.
    “A fare cosa? Pensi che siamo idioti?” Rosalie si lasciò cadere affianco a me. “Ti rendi conto che quello che vuoi fare avrà conseguenze disastrose per noi?”
    “Rose, non vedo come la mia morte possa essere un disastro per voi.”
    “Ah no? E non pensi che io, Esme, Carlisle ed Emmett saremmo distrutti dalla tua morte? Noi ti vogliamo bene, Jazz.” Quando mi chiamava Jazz così mi ricordava molto Alice, ma a lei concedevo quel diminutivo. Almeno non aveva cercato di tradirmi, lei. “Esme morirebbe se sapesse che vuoi farti uccidere.”
    “Io non vorrei, Rose. Te lo giuro. Se ci fosse un’altra soluzione, la userei ma… Hai visto anche tu che starle lontano non serve a nulla. Non ho la forza necessaria per dimenticarla, nonostante tutto. Cosa dovrei fare? Una scenata come quella di prima ogni volta che sono abbracciati? Non sono così, non mi piace essere così. Vorrei…”
    Rose mi strinse la mano. “Lo so, Jazz. Lo so.”
    “Ehi, comunque credo che dovresti scusarti con la ragazza nuova,” disse Emmett richiamando la mia attenzione. Lo guardai sollevando un sopracciglio, come se fosse una domanda inespressa. “Prima, uscendo dalla caffetteria, hai buttato sul bidone della spazzatura quella povera ragazza. E’ stato divertente.”
    “Non è stato divertente, Em. E’ stato imbarazzante per lei. Cadere in quel modo, davanti a tutta la scuola, vedersi ricoperta di spazzatura. Povera cara. Poteva anche farsi male seriamente.” Rosalie aveva questa strana capacità di sentire pena per alcuni umani, mentre altri li detestava proprio.
    “Beh… la cercherò all’uscita della scuola per scusarmi,” risposi. Il mio lato da gentiluomo del sud si riaffacciava spesso nei miei comportamenti, ed era giusto chiedere scusa per aver messo in imbarazzo qualcuno. Umana o immortale che fosse.
    “Noi ora andiamo in classe. Tu stai bene?” mi chiese Rosalie continuando a tenermi la mano.
    “Non lo so. So solo che non ho alcuna voglia di tornare lì dentro e rischiare di incappare in Alice o Edward.”
    “Tranquillo, ti giustifichiamo noi con i professori. L’importante è che tu non faccia stupidaggini… chiaro?” Rosalie mi lasciò andare solo quando le promisi di non scappare in Italia. Poi mi lasciarono da solo sul muretto dietro l’edificio scolastico, tormentato dai miei demoni personali.

    *****


    Bella
    Le lezioni pomeridiane furono un vero incubo. Appena entravo o uscivo dalla classe, tutti nascondevano una risata al pensiero del mio tuffo tra l’immondizia. Cercavo di ignorarli, ma non era facile. Fortuna che questa giornata era quasi giunta al termine. Non vedevo l’ora di tornare a casa e farmi un bagno lungo e caldo per togliermi di dosso tutto il peso della giornata. Al suono della campanella, uscii dall’aula di corsa, senza guardare nessuno, e puntai dritta verso la segreteria per riportare il modulo firmato da tutti i professori. Poi raggiunsi la mia bicicletta per tornare a casa quando mi si avvicinò qualcuno. Mi voltai e mi trovai davanti il ragazzo biondo, quello del tavolo dei Cullen. Aveva un’espressione triste sul volto. Mi sorpresi a fissarlo senza volere e arrossii appena me ne accorsi, abbassando velocemente la testa.
    “Ciao, io sono Jasper Hale,” disse con una voce melodiosa, bassa. Non avevo mai sentito nulla di simile prima. Alzai lo sguardo per ritrovarmi incatenata ai suoi occhi color caramello. “Tu devi essere Isabella Swan.” Annuii soltanto, incapace di formulare alcun pensiero coerente. Lui sorrise e abbassò lo sguardo, liberandomi dall’ipnosi che mi aveva colta. “Volevo chiederti scusa per prima. Alla caffetteria.”
    “Oh,” fu il primo suono che sentii uscire dalle mie labbra. Scossi la testa per riprendermi, schiarendomi al contempo la gola. “No… non fa nulla.”
    “No, ti sbagli. Sono stato imperdonabile. Avevo fretta e non mi sono nemmeno fermato per vedere se ti servisse aiuto. Spero che tu non ti sia fatta male.”
    “No… sto bene. Davvero. Nessun danno.” Cercai di guardare ovunque, tranne che davanti a me. Ritrovarmi a fissare quel viso, quegli occhi ipnotici… era meglio di no. Una folata di vento mi sorprese, scompigliandomi i capelli e buttandomeli in faccia. Mentre cercavo di liberarmi dalla folta chioma, mi parve di sentire un rumore strano provenire da Jasper, come un ringhio. Quando riuscii a guardarlo, i suoi occhi erano cambiati: ora sembravano più scuri e davano al suo volto l’espressione di qualcosa di pericoloso. Inevitabilmente iniziai a tremare, cercando di allontanarmi da lui senza movimenti bruschi, come se fossi davanti ad un orso o un serpente velenoso. E poi…
    “Jazz, eccoti. Ti cercavamo da un po’. Si sta facendo tardi.” Jasper era circondato dalla sua gemella e dal ragazzo moro. Entrambi lo avevano preso per una spalla e lo guardavano. Poi si voltarono verso di me, sorridendomi. “Ciao, io sono Rosalie e lui è Emmett.”
    Ero ancora troppo spaventata per riuscire a parlare, non sapevo cosa avessi visto davvero. Magari era solo la mia immaginazione. Jasper sembrò cambiare espressione all’improvviso.
    “Scusami ancora, Isabella. Ora devo andare.”
    Poi si voltò con i suoi fratelli e li vidi avvicinarsi ad una Volvo grigio metallizzato. Al volante c’era il ragazzo Cullen dai capelli ramati e accanto a lui il folletto. Quando tutti furono saliti in auto, la Volvo partì veloce e sparì nel traffico.
    Sbattendo più volte le palpebre, riuscii a riprendermi abbastanza da riuscire a salire in bici e pedalare verso casa. Non l’ho nemmeno corretto, dicendogli che preferisco essere chiamata solo Bella. La macchina di mamma era già nel vialetto, ovviamente. Quindi lasciai la bici accostata al muro delle scale ed entrai. Era in cucina, a sistemare i piatti che aveva lavato e tra poco avrebbe iniziato a preparare la cena.
    “Bella?”
    “Ciao, mamma.” Mi avvicinai alla porta della cucina. Lei mi sorrise mentre sistemava l’ultimo piatto pulito nella credenza.
    “Com’è andata oggi?” mi chiese asciugandosi le mani e sedendosi su uno sgabello.
    La imitai. “Insomma. Mike Newton è ancora innamorato di me.”
    “E cosa c’è di male, tesoro? E’ un bel ragazzo.”
    “Si, credo. Ma non è… non è il mio tipo. E poi lui piace a Jessica, non posso farle questo.”
    “A te Mike piace o no? Pensa prima a questo, poi potrai pensare agli altri.”
    Scossi la testa. “No, mamma. Mike è solo un amico. Niente di più. Ma lui… non credo se ne renda conto.”
    “Beh, tesoro. Prova a dirglielo. Almeno ti togli dall’imbarazzo.” Mi sorrise di nuovo, poi si alzò e fece una faccia strana. “Cos’è questo odore?”
    Oh… “Mmmmh. Credo di essere io, mamma.” Mi guardò con un’espressione interrogativa. “Alla pausa pranzo, sono inciampata… sul bidone della spazzatura.”
    “Oh, amore.” Mi guardò con amore e rassegnazione, scuotendo lievemente la testa. “Vai a farti un bel bagno caldo. Ti metto i panni in lavatrice, così si puliranno per bene.”
    Volai di sopra a riempire la vasca da bagno, cercando di non pensare a Jasper Hale o a qualunque altra cosa accaduta quel giorno.
    Durante la cena, chiesi a papà informazioni sui Cullen.
    “Perché? Si parla ancora di loro a scuola? E’ ridicolo.” Papà sembrava scocciato da qualcosa.
    “Sì, se ne parla. Ma perché…?”
    “Bella, i miei colleghi mi hanno detto che il dottor Cullen è un grande chirurgo, ed è stato un vero miracolo che abbia accettato di venire qui da noi. E’ la persona migliore che esista, e sua moglie è stata un vero angelo a decidere di trasferirsi in questa cittadina, invece di spingere il marito verso Los Angeles o qualche altra grande città.” Sembrava che papà ci tenesse a difendere i Cullen, come se avessi detto chissà quale cattiveria su di loro. “E i figli sono molto più educati della maggior parte dei ragazzi di Forks. Non combinano mai guai, non danno mai problemi, stando ai registri dei miei colleghi. La gente di qui dovrebbe baciare la terra su cui cammina il dottor Cullen, invece di inventare chissà quali storie su di loro.”
    “Amore, lo sai che in una città piccola i nuovi arrivati suscitano sempre curiosità.” Mamma posò una mano sul braccio di papà, come per calmarlo. “E poi la signora Cullen è un vero tesoro. L’ho incrociata al supermercato l’altro giorno, con le figlie. Sono entrambe adorabili. Spero che farete amicizia, Bella. Così avrai nuove persone con cui uscire, oltre ad Angela e Jessica.”
    Annuii, cercando di non sembrare troppo sconvolta dall’atteggiamento di papà al solo nominare i Cullen. Poi, una volta sistemata la cucina, diedi loro la buonanotte e filai in camera mia.

    *****


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  9. .

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    Jasper
    Seduto in caffetteria, al nostro solito tavolo, guardavo fuori dalla finestra annoiato a morte. Solo quando stavo con Emmett non mi annoiavo, ma non avevamo molte lezioni insieme purtroppo. Mi sarebbe servita qualche distrazione extra. In quel momento, però, lui era tutto preso da Rose, e io non esistevo nemmeno. Non gliene facevo una colpa, anzi. Anche per me, quando stavo con Alice, il resto del mondo spariva. Ma ormai quel capitolo della mia vita era passato e avrei dovuto voltare pagina già da tempo. Se solo avessi saputo come fare, invece di lasciarmi ossessionare da quei due. A lei in fondo era bastato guardare Edward negli occhi per scordarsi completamente di me. E continuavo a non capire perché avesse continuato a stare con me in quei lunghi anni.
    “Stai con Edward da quattro anni e me lo dici solo ora?” Ero furioso, avevo appena scoperto il suo tradimento. “Se non ti avessi vista mentre lo baciavi, quando avresti deciso di dirmelo?”
    “Jasper, che vuoi che ti dica? Amo Edward, non te. Non so perché è successo, ma è così. Mi dispiace di non avertelo detto prima. Ma ti voglio bene e non volevo che soffrissi.”

    Già… la sua scusa per tutto. Ti voglio bene. Ma per piacere. La rabbia e la frustrazione stavano cominciando a farmi perdere il controllo. Chiusi gli occhi per un istante, cercando di darmi una calmata. Sentivo le emozioni di Edward. Era improvvisamente agitato, doveva aver letto la mia mente e aver capito cosa stavo pensando… ma sinceramente non me ne fregava nulla. Non avevo alcuna intenzione di rassicurarlo. Non dopo che mi aveva rubato l’amore della mia vita. Quando riaprii gli occhi, espirando con forza, vidi che la caffetteria era ormai colma di gente. Evviva, una stanza piena di ragazzini in crisi ormonale. Sai che spasso!
    “Jasper,” iniziò Edward, ma lo bloccai immediatamente.
    “Sta’ fuori dalla mia testa!” Le parole uscirono più come un ringhio, ma nessun umano avrebbe potuto sentirlo, lontani com’erano.
    “Jazz…” Il tono di rimprovero usato da Alice mi fece infuriare ancora di più.
    “E’ Jasper per te, non Jazz. Hai perso il diritto di chiamarmi così quando hai deciso di giocare con me, con i miei sentimenti.”
    “Jasper!” Edward era arrabbiato. Ovvio, gli ho toccato la ragazza. E lui si mette sulla difensiva. “Credo che dovresti scusarti con Alice.”
    “Scusarmi… certo. Come no. Mi ha usato per tutto quel tempo come scusa per non far sapere agli altri che stavate insieme. E ora sono io quello che deve scusarsi.” Feci per alzarmi. “Sai che c’è, caro il mio Edward? Andate al diavolo. Tutti e due. E lasciatemi in pace!”
    Mi alzai, lasciando cadere la sedia a terra, e camminai verso la porta della caffetteria, senza badare a ciò che avevo intorno. Urtai anche qualcuno, credo, ma non mi interessava. Volevo che quei due pagassero per quello che mi avevano fatto. Mi avevano retrocesso a scemo del villaggio, quello da prendere in giro per farsi due risate. E io glielo avevo permesso. Ma ora basta.

    *****


    Bella
    Arrivate in caffetteria, io e Angela prendemmo il vassoio con del cibo e ci sedemmo insieme a Mike, Jessica, Ben Cheney e Eric Yorkie. Mike era furioso perché quando era arrivato davanti alla mia classe io ero già sparita. Chiacchierammo per un po’ del più e del meno, finché non mi accorsi di un gruppo di ragazzi seduti al tavolo più lontano della caffetteria. Erano in cinque, tre ragazzi e due ragazze. C’erano due ragazzi biondi che si somigliavano molto, poi un ragazzo enorme con i capelli ricci neri, una ragazza minuscola dai capelli neri e un ragazzo dai capelli ramati. Sembravano non aver nulla in comune, eppure… erano tutti di una bellezza innaturale, strana. Nonostante il diverso colore di capelli, avevano gli occhi dello stesso identico color caramello dorato e la pelle di un pallore mortale. Il biondo sembrava arrabbiato per qualcosa, continuava ad agitarsi sulla sedia, mentre gli altri quattro… beh, si baciavano. Cioè, la bionda baciava il riccioluto dai capelli neri, mentre il ragazzo dai capelli color rame baciava la ragazza-folletto.
    “Chi sono quelli?” chiesi a nessuno in particolare. Ma fu Angela a rispondermi.
    “Quelli sono i figli adottivi del dottor Cullen. Vediamo,” fece una breve pausa per aiutarmi ad identificarli meglio. “I due biondi sono Jasper e Rosalie Hale, gemelli in affido. La signora Cullen credo sia una loro zia. Poi ci sono Emmett – quello con i capelli neri – ed Edward Cullen. E la ragazza minuta è Alice Brandon. Sono stati tutti adottati dai signori Cullen qualche anno fa.”
    “Già,” aggiunse Jessica con un tono strano. “E stanno insieme. Che schifo.”
    “Jess… non sono mica davvero fratelli. Cioè, a parte Rosalie e Jasper intendo.” Angela arrossì mentre difendeva i ragazzi Cullen. Non era abituata a parlare troppo in pubblico, un po’ come me.
    “E sono qui da tanto?”
    “Due anni. Si sono trasferiti dall’Alaska,” rispose Mike. Il suo tono era inequivocabilmente pieno di gelosia. Finsi di non farci caso. Tornai a voltarmi verso i miei compagni di tavolo mentre il biondo sembrava parlare rabbioso con il ragazzo dai capelli ramati. Chissà come mai era così infuriato.
    Qualche minuto dopo, con Angela ci alzammo dal tavolo e ci avvicinammo al secchio della spazzatura per svuotare il vassoio prima di riportarlo sul bancone. Mentre svuotavo il mio, fui spinta all’improvviso in avanti e mi ritrovai a cadere sul bidone che si aprì, rovesciando il contenuto sul pavimento e sui miei abiti. Immediatamente mi ritrovai circondata da risate, mentre le mie guance si imporporavano per l’imbarazzo. Angela cercò di aiutarmi come poté, e poco dopo arrivarono anche Mike e Jessica – che stentavano a nascondere le risate. Una volta tornata in piedi, cercai di darmi una ripulita. Poi corsi verso il bagno per riprendermi. Angela mi seguì per aiutarmi a finire di ripulire gli abiti e i capelli.
    “Scusami, Bells. Non sono riuscita ad avvisarti che Jasper Hale stava per venirti addosso. E’ accaduto tutto così in fretta.”
    “Tutto ok, non è mica colpa tua. Sono io quella imbranata.”
    Una volta controllato di non avere più spazzatura addosso, e aver tolto il cattivo odore da mani e faccia, tornammo in corridoio dirette verso la nostra lezione.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:30
  10. .

    Bella-s-POV


    Primo giorno nella scuola nuova… fantastico!
    In realtà non era proprio una nuova scuola… beh, lo era per me che tornavo a Forks dopo un’assenza di tre anni. I miei avevano deciso di trasferirci a Phoenix per un po’, per vedere se il sole e il caldo potessero essere un’attrattiva piacevole. Papà non era entusiasta all’idea di lasciare Forks, i suoi colleghi, gli amici… ma la mamma era troppo autoritaria e alla fine si faceva sempre quello che diceva lei. Per tre lunghi anni siamo stati bene, papà lavorava come poliziotto, mamma insegnava alla scuola elementare e io frequentavo i miei compagni di scuola. Sembrava che saremmo rimasti lì per sempre… e invece mamma aveva deciso di tornare a Forks. Si rendeva conto che per mio padre la lontananza dai suoi amici – Billy Black e Harry Clearwater in primis – era dolorosa. E così, eccoci qui di nuovo a Forks. Non che mi dispiaccia, ho degli amici anche qui ovviamente – Jessica Stanley, Mike Newton e Angela Weber ad esempio. Ma cominciare il terzo anno di liceo qui mi sembrava strano.
    “Bella, la colazione è pronta!”
    Mia madre era in cucina a preparare la mia colazione prima di uscire. Anche senza vederla, la immaginavo bella come il sole in uno dei suoi tailleur classici e quel filo di trucco a malapena visibile sulla sua splendida pelle. Avrei tanto voluto essere bella quanto lei, elegante, rilassata, felice. Invece ero timida, impacciata e goffa. Bastava avere una cosa qualsiasi davanti o sotto ai piedi e puntualmente mi ritrovavo a terra. Era imbarazzante, umiliante… avrei dato qualsiasi cosa per essere un’altra persona. Purtroppo somigliavo molto più a mio padre che a mia mamma. Anche lui era riservato e parlava poco, ma almeno non cadeva ogni cinque minuti come un sacco di patate.
    Mi infilai le sneakers ai piedi e scesi giù. Dalla cucina proveniva un profumo di pancakes e sciroppo d’acero da far svenire. Mamma era proprio una gran cuoca. Mentre mi accomodavo a tavola, lei mi stampò un bacio sulla fronte, poi prese le chiavi, mi lanciò un sorriso smagliante e volò fuori di casa in un batter d’occhio. Papà era uscito all’alba per andare a trovare i suoi amici nella riserva dei Quileute prima di dirigersi in ufficio. Mangiai la mia colazione con calma, poi afferrai lo zaino e le chiavi e uscii di casa sbattendo la porta. Inforcai la mia bicicletta e sfrecciai fra le strade trafficate di Forks fino a raggiungere il liceo. Parcheggiai la bici nello spazio riservato e poi andai in segreteria per ritirare i miei orari e la piantina dell’edificio. Appena uscita dalla segreteria, notai Mike Newton che si sbracciava nella mia direzione per salutarmi. Sorrisi e lo raggiunsi. Forse riesco a non usare la mappa, oggi.
    Mike mi abbracciò. “Bentornata, Bella. Ci sei mancata in questi tre anni.”
    “Anche voi mi siete mancati. Tu, Angela, Jessica… Vi pensavo spesso.” Ricambiai l’abbraccio per un istante, ma le sue braccia continuavano a stringermi. Mi sembrava che quell’abbraccio stesse durando un po’ troppo per essere considerato amichevole.
    “Quando mia madre mi ha detto di aver visto la tua a far spesa qui, ero felicissimo.”
    “Immagino.” Perché diavolo siamo ancora abbracciati, Mike? Lasciami andare!
    “Stamattina sono arrivato in anticipo perché volevo essere il primo a rivederti.”
    “Grazie Mike.” Uff, non si decide a mollarmi. Ma perché fa così?
    Finalmente mi lasciò andare, ma continuò a fissarmi con un sorriso a trentadue denti che mi fece arrossire. “Allora, dove ti porto?”
    “Scusa?”
    “Che lezione hai ora?”
    “Ah,” mi sentii sollevata. Certo, le lezioni. Per un attimo credevo… Diedi uno sguardo all’orario che avevo in mano. “Letteratura con il professor Mason.”
    “Che peccato, io ho trigonometria alla prima ora. Ma ti accompagno fino alla classe, così chiacchieriamo un po’.”
    Annuii in modo non troppo entusiasta, ma lui parve non accorgersene. Per tutto il tragitto, parlò incessantemente di quello che era accaduto nei tre anni in cui ero mancata. Io facevo finta di ascoltarlo, ma in realtà mi concentravo per memorizzare la strada - e soprattutto per non inciampare davanti a tutti e fare una figuraccia.
    “Ci vediamo a fine lezione, così ti accompagno alla prossima.” Mi sorrise, mi stampò un bacio sulla guancia destra e sparì nel fiume di ragazzi che affollavano il corridoio, lasciandomi lì come un’ebete. Il suono della campanella mi riscosse, e mi affrettai ad entrare per lasciare al professore un modulo da firmare per la segreteria. Per fortuna la lezione era su cose che avevo già studiato a Phoenix, così potei tranquillamente distrarmi e pensare a quel bacio di Mike. Sapevo che da bambini aveva sempre avuto una mezza cottarella per me, ma pensavo che ormai l’avesse superata. E invece… avrei vissuto un anno infernale. Sapevo che a Jessica piaceva Mike da sempre, praticamente… lei mi avrebbe uccisa se avesse scoperto che Mike era ancora cotto di me.
    Fantastico… sono appena tornata a casa e già vogliono uccidermi. C’è qualcosa di peggio a questo mondo? Io non credo.
    Come promesso, Mike si trovò davanti alla porta della mia classe appena la lezione finì. E fu così per tutta la mattinata. Era frustrante. Non vedevo l’ora che arrivasse la pausa per andare in caffetteria. Lì almeno avrei potuto distrarre Mike parlando con Jessica e Angela e gli altri.
    Appena suonò la campanella della mia ultima lezione mattutina, raccolsi il mio zaino e uscì velocemente dall’aula… solo per sbattere addosso ad Angela Webber.
    “Bells, sei tornata!” Mi abbracciò con un sorriso luminoso che ricambiai volentieri. Era sempre stata la mia migliore amica, fin dall’asilo. Era timida, come me, e perciò ci trovavamo alla grande insieme.
    “Angie, mi sei mancata da morire a Phoenix!”
    “A chi lo dici...” ci staccammo dal nostro abbraccio e continuammo a guardarci sorridenti. “Andiamo in caffetteria?”
    “Assolutamente sì,” le risposi affiancandola e chiedendole cosa avesse fatto in quei tre anni.

    *****


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    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:29
  11. .

    Jasper-s-POV


    “Mi hai fatto aspettare parecchio.” Le parole uscirono dalle sue labbra socchiuse in un sorriso.
    “Mi dispiace, signorina,” le risposi inchinandomi.

    Continuavo a rivedere quella scena, il nostro primo incontro, nella mia mente. Di continuo. Lei, così bella e sorridente che mi veniva incontro in quella caffetteria di Philadelphia. Io, confuso e disgustato da me stesso, la guardavo come se fosse l’unica cosa al mondo. Da lei venivano solo sensazioni positive - speranza, gioia, affetto. Mi fece un miliardo di domande sul mio colore preferito, sulla musica che ascoltavo, sui miei poteri, sulla mia vita prima di diventare ciò che ero… Sembrava felicissima e gli occhi le risplendevano come due stelle nel cielo. Risposi a tutte le sue domande, e gliene posi alcune. E piano piano mi sorpresi anche io a sentire una nuova speranza, la visione di una nuova vita, di una famiglia. Erano passati cinquantasei anni da quel giorno che mi aveva cambiato la vita, stravolgendola completamente. Eppure ora il ricordo era solo un sordo dolore che non mi abbandonava mai. L’amore che provava per me era oramai rivolto verso un altro… e io ero stato abbandonato senza più alcuno scopo nella vita. Gli altri pensavano che avrei dovuto dimenticarla, dopo cinquant’anni. Che avrei dovuto cercare nuove motivazioni per continuare la mia vita – beh, non-vita direi. Ma come potevo dimenticarla, se era sempre davanti ai miei occhi, sempre bella come il primo giorno, sempre così meravigliosamente attraente per me? Per sei lunghi anni eravamo stati una cosa sola, un solo cuore, una sola anima – beh, non in senso letterale, visto che i vampiri non hanno un’anima. Peccato che per lei, ciò che ci legava – forse - era stato vero solo per i due anni successivi al nostro incontro, prima che raggiungessimo i Cullen. Ripensandoci, avrei dovuto cogliere il suo cambiamento di umore fin da quando arrivammo in questa famiglia. Strano che ci abbia messo ben quattro anni per asciarmi. E in tutti quegli anni aveva finto di essere ancora innamorata di me. Solo quando decise di lasciarmi, mi disse che aveva tenuto in piedi entrambe le relazioni fin dall’inizio. E questa cosa mi disgustava più di quanto fossi disgustato da me stesso. Mi sentivo tradito, preso in giro, deriso, calpestato. Mentre loro beatamente si godevano la loro vita, il loro amore. Fregandosene altamente di me, se non quando eravamo tra gli umani. Sì, perché allora entrambi professavano di controllare me - l’anello debole, quello per cui il sangue umano aveva ancora una forte attrattiva, quello che poteva costringerli al trasferimento forzato - perché mi volevano bene. Invece mi irritavano a morte con i loro sguardi preoccupati, come se niente fosse accaduto tra di noi. Io avrei solo voluto correre via, più veloce di quanto non fossi mai stato e sparire. Dove non importava, mi bastava che fosse lontano da lei… e da lui. Ma poi pensavo a Carlisle ed Esme, i nostri genitori adottivi. Loro avrebbero sofferto, come soffrivano nel vedermi così triste e abbattuto ogni giorno. Se solo avessi potuto dimenticare, cancellare il passato, cancellare lei…
    I suoi passi delicati mi risvegliarono dalle mie elucubrazioni. Il suo profumo, così dolce – sapeva di miele e fiori d’arancio, un mix davvero irresistibile – mi arrivò al naso prima ancora di sentirla entrare nella mia stanza.
    “Jazz?”
    Mi infastidiva il fatto che mi chiamasse ancora così, come quando stavamo insieme. Ma non mi mossi, ormai non mi voltavo più a guardarla quando voleva parlarmi. Era una tortura guardare quel viso perfetto, sorridente, gentile, bellissimo. Mi ricordava solo ciò che avevo perso… e sinceramente non avevo bisogno di vederla per ricordarmelo.
    Lei sospirò lievemente, come faceva ormai ogni volta che cercavo di ignorarla. Come se fosse una scocciatura il fatto che fossi ancora innamorato follemente di lei. Come se io non contassi nulla. “Jazz… dobbiamo andare. Altrimenti arriveremo in ritardo.”
    Senza una parola, mi alzai e a passi lenti mi diressi verso di lei, passandole così vicino che i nostri corpi si sfiorarono, scatenando in me emozioni che pensavo si fossero assopite da anni. La guardai negli occhi, così luminosi e grandi. Ma lei si voltò e scese le scale in un istante, per ritrovarsi tra le sue braccia, baciandolo con una passione… Come poteva aver fatto l’amore con me in quei quattro anni, mentre già stava con lui, ancora era un mistero per me. So solo che per me ogni suo bacio era come se fosse il primo. Mentre lei lo faceva solo per abitudine, o per nascondere la nuova relazione.
    Scossi la testa, scoraggiato, e li raggiunsi nell’atrio della nostra enorme casa. Fortunatamente arrivai giù contemporaneamente a Emmett e Rosalie, così potevamo uscire e raggiungere il liceo di Forks. Il viaggio in auto era sempre una dura prova. Sentire le emozioni degli altri era sempre stato un problema per me - quando mi nutrivo di umani era quasi una tortura - ma adesso che ero in auto con due coppie pazzamente innamorate, questo mio potere mi faceva venire la nausea. Non appena Edward parcheggiò la sua Volvo nel solito posto, aprii la portiera e mi precipitai all’interno dell’edificio, lontano da loro e lontano dalle loro emozioni che mi soffocavano. Avrebbero quantomeno potuto avere un po’ di ritegno, visto che dicevano di volermi bene. Passeggiavo nei corridoi a passo esageratamente lento, mentre raggiungevo l’aula di storia. A breve Rosalie mi avrebbe raggiunto, quindi mi sedetti al nostro tavolo e la aspettai. L’aula era ancora vuota, cosa che mi diede l’occasione di riprendermi e calmarmi. Quando non erano vicini a me, mi sembrava più facile ignorarli. Dopo un paio di secondi, vidi Rosalie ed Emmett mentre si baciavano sulla soglia della stanza. Poi Rose si sedette accanto a me e mi guardò, poggiandomi una mano sul braccio.
    “Jasper, mi dispiace. Pensavo che ormai stesse andando meglio.”
    Scossi la testa velocemente. “Non è colpa loro, Rose. Stamattina sono solo un po’ nostalgico.” Le rivolsi un debole sorriso. “E’ che… io l’amavo davvero. E lei mi ha preso in giro per quattro anni. E questo mi fa ricordare Maria. Anche lei diceva di amarmi e poi ha cercato di uccidermi.” Voltai lo sguardo verso la finestra. “Evidentemente non sono destinato ad essere felice.”
    “Che stupidaggini. Certo che sei destinato alla felicità, come tutti noi. Jazz, tu sei un ragazzo d’oro. E se lei non è innamorata di te, beh… l’amore a volte è strano, lo sai. Non si può comandare, o decidere di chi innamorarsi.”
    Nel frattempo i ragazzi iniziarono ad affollare l’aula, ma i nostri discorsi si svolgevano a voce talmente bassa che nessuno poteva percepirli.
    “Già… non si può decidere. Così come non si può decidere di disamorarsi.”
    La sua mano strinse un po’ di più sul mio braccio. “Jasper, se hai bisogno di qualcosa… qualunque cosa… io ed Emmett siamo con te, lo sai.”
    La guardai con un sorriso appena accennato. Non eravamo nulla, io e lei, eppure a volte sentivo un legame particolare, come se davvero fosse la mia gemella – come pensava tutta la popolazione di Forks. Ovvio che lei ed Emmett ci sarebbero stati per me, così come anche Carlisle ed Esme. Ma ero io a non sapere cosa fare, cosa volere, come comportarmi. In cinquant’anni non avevo ancora imparato a lasciarla andare, e non credevo che sarebbe mai stato possibile farlo. Da quando Alice aveva deciso di lasciarmi per Edward, la mia vita era diventata un’unica lunghissima notte oscura e malinconica. Nessun sole avrebbe potuto riportare la luce nella mia esistenza.

    *****


    Legenda:
    Abc Pensieri
    ABC Ricordi

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    Piccola curiosità: la descrizione dell'incontro tra Jasper e Alice nella caffetteria in Philadelphia è ripresa sia dal capitolo 13 di Eclipse (in cui Jasper racconta il suo passato a Bella) che da un cortometraggio (We've met before) - parte di una serie di 7 cortometraggi su vari personaggi della saga. Ho guardato il video (chiaramente in inglese) e mi sono segnata alcuni dei discorsi che sono intercorsi tra i due. Mi piaceva l'idea di incrementare ciò che è presente nella saga principale con altre piccole curiosità trovate qui e là.

    Edited by Nike8437 - 11/9/2019, 17:28
  12. .
    Aggiornate le regole relative alla nuova Espansione Stagioni e aggiunte regole sfuggite al precedente controllo.
  13. .
    ma no!!! ma come?!? che stronza però...

    meno male che alla fine ha incontrato maria va...
  14. .
    eh sì...mi piaceva l'idea...vedremo per leo cosa ci inventiamo...
  15. .
    ancora no, ma tra un giorno lo diventerà...e penso che pure il bimbo (o bimba) nella pancia possa essere un vampiro (d'altronde caleb lo è, c'è il 50% delle possibilità)...
9263 replies since 26/2/2008
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