Aurora Elizabeth Black

A Harry Potter Fan Fiction

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    Introduzione
    Questa fan fiction introduce nella saga un nuovo personaggio - Aurora Black - nella saga e ripercorre le vicende di Harry Potter dal libro "Il prigioniero di Azkaban" in poi. Il punto di vista principale sarà quello della protagonista, anche se la narrazione procederà in terza persona. Alcune situazioni verranno modificate per adattarle alla storia, e due personaggi amati verranno 'resuscitati' per poter permettere alla storia (e alla protagonista) di avere il suo lieto fine. Spero che vi piacerà.


    Lista Capitoli
    Capitolo 1
    Capitolo 2
    Capitolo 3
    Capitolo 4

    Edited by Nike8437 - 4/7/2014, 14:50
     
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    Era una uggiosa mattina quel primo settembre del 1993 quando alla stazione di King's Cross una ragazza di tredici anni, con lunghi capelli neri ondulati e occhi di un grigio scuro, accompagnata da una donna alta e magra con capelli castano scuro mossi lunghi fino alle spalle e due occhi di un azzurro intenso, si dirigeva verso la barriera tra i binari 9 e 10. La donna spingeva un carrello su cui era poggiato un baule dall'aria pesante e una gabbia con un gatto dal pelo nero come la notte e con due occhi verde brillante. Con cautela si guardarono intorno prima di spingere casualmente il carrello contro la barriera e scomparvero nel nulla... per ritrovarsi alcuni istanti dopo su uno strano binario dal numero 9 e 3/4 in cui sostava un treno rosso chiamato Hogwarts Express. Sulla banchina c'erano tantissimi ragazzi di tutte le età con i propri genitori e animali – gufi, gatti, rospi. Senza prestare molta attenzione a chi le circondava, la donna e la ragazzina camminarono a passo svelto verso la fine del treno, dove trovarono un vagone completamente vuoto. La donna aiutò sua figlia a caricare il baule sul treno e a riporlo sul ripiano porta bagagli dello scompartimento scelto. Lasciarono la gabbia con il gatto sul sedile, poi tornarono nel corridoio e la donna scese dal treno. Si voltò a guardare sua figlia e le sorrise.
    «Tesoro, so che per te può essere difficile quest'anno in particolare, ma se c'è una cosa che di sicuro non hai preso da me è la tua forza. Usala nelle situazioni disperate, e andrà tutto per il meglio,» disse la donna abbracciando la sua unica figlia e nascondendo le lacrime.
    «Grazie mamma,» sussurrò la ragazza nell'orecchio di sua madre, ricambiando con affetto l'abbraccio. Fu in quel momento che vide, appeso su un muro a poca distanza, un volantino con la faccia di un ricercato dal Ministero della Magia che urlava mentre due guardie lo trattenevano. Non aveva bisogno di leggere la didascalia, era apparsa da settimane su tutti i numeri della Gazzetta del Profeta: Sirius Black, evaso da Azkaban – la prigione dei maghi – dove era rinchiuso da dodici anni con l'accusa di omicidio plurimo. La ragazza sospirò rattristandosi, poi lasciò andare sua madre, le diede un bacio sulla guancia destra e si diresse nel suo scompartimento. Tirò fuori dal baule un libro e si mise seduta comodamente, ben sapendo che nessuno avrebbe voluto sedersi lì con lei. Erano due anni che su quel treno lei sedeva sempre da sola, in uno scompartimento vuoto a causa del suo cognome, legato ad una delle più importanti e controverse famiglie di maghi e streghe di tutti i tempi. Circa mezz'ora dopo la partenza, la porta scorrevole del suo scompartimento fu aperta e lei alzò lo sguardo su un ragazzo dai capelli biondi e due ragazzoni massicci dall'aria cattiva. Roteò gli occhi e chiuse il libro, mentre il ragazzo biondo si sedeva di fronte a lei.
    «Black...» disse lui con una punta di ironia nella sua voce.
    Esattamente come il primo settembre di due anni prima, quando in una giornata simile lo stesso ragazzo biondo era entrato prepotentemente nel suo scompartimento vuoto.

    «Black,» disse lui mentre lei teneva lo sguardo fisso sul libro di incantesimi che stava leggendo. «Sai, fossi in te mi abituerei fin da subito a restare da sola. Con un padre come il tuo, non dovrebbe essere difficile capire da che parte stai.»
    Lei si costrinse a restare calma. Avrebbe volentieri dato un bel pugno su quella faccia da imbecille che si ritrovava, ma non doveva attaccare briga... poteva essere espulsa da scuola.
    «Vedo che sei poco loquace oggi. Preferisci agire, come il tuo vecchio?» E ridendo a crepapelle se ne andò insieme ai due gorilla che si portava dietro. Lei si alzò e con più forza del previsto richiuse la porta mandando il vetro in frantumi.


    “Che vuoi Malfoy?” chiese stavolta la ragazza. Aveva deciso ormai da tempo che nessuno le avrebbe mai più messo i piedi in testa.
    «Osi alzare la cresta con me, Black?» rispose Malfoy con aria di sfida. «Attenta, potresti finire come tuo padre.»
    «Meglio finire come lui, che essere un vigliacco che gira solo con le sue guardie del corpo appresso,» rispose lei alzandosi in piedi e sovrastando il ragazzo. Ora il suo viso già pallido era ancora più bianco del solito e gli occhi spalancati per la paura. «Vattene da qui,» aggiunse poi lei, con calma e tenendo un tono di voce basso ma deciso. Malfoy non se lo fece ripetere due volte e corse via con i suoi due amici. Rimasta sola, tornò a sprofondare nel suo libro fino a quando la porta del suo scompartimento non fu aperta di nuovo, stavolta da una creatura spaventosa. Aveva il viso completamente nascosto dal cappuccio e il resto del corpo era completamente avvolto da un mantello. Improvvisamente l'aria si fece gelida e respirare diventò difficile. Dopo pochi istanti la figura richiuse la porta dello scompartimento e proseguì, chiaramente in cerca di qualcosa. Fortunatamente poco dopo il treno cominciò a rallentare, segno che stavano arrivando alla stazione. Senza perdere troppo tempo, rimise il libro nel baule e cacciò la sua tunica con lo stemma di Grifondoro sul petto. Con un sorriso ripensò alle parole del Cappello Parlante quando, due anni prima – durante la cerimonia di smistamento, la professoressa McGranitt la chiamò per essere smistata in una delle case di Hogwarts.

    «Aurora Black,» disse la McGranitt leggendo il suo nome su una pergamena. Sotto lo sguardo attonito di tutta la sala, Aurora fece un passo avanti, si accomodò sullo sgabello e la professoressa le lasciò cadere il Cappello Parlante sulla testa.
    «Ah, un'altra Black,» disse il Cappello sussurrandole nell'orecchio. «Si, ho avuto tutta la tua famiglia qui e li ho sempre smistati nel posto in cui meritavano. Ma tu... sembri come tuo padre, diversa da loro. Forse commetto un errore, ma penso che ti metterò a... GRIFONDORO!» L'ultima parola fu urlata per tutta la sala e quando la McGranitt le tolse il Cappello Parlante dalla testa, lei si diresse verso il tavolo all'estrema sinistra della sala, dove fu accolta da pochi applausi. Dentro di sé però Aurora era raggiante: era nella stessa casa in cui anni prima furono smistati i suoi genitori e ne andava fiera.


    Scuotendo la testa, accarezzò il suo gatto e si preparò a scendere dal treno come tutti i ragazzi. Al solito nessuno le rivolse una parola, e a lei stava benissimo così. Si mise in fila per attendere la carrozza che l'avrebbe portata al castello e quando finalmente entrò nella Sala Grande si sedette al suo tavolo, come al solito da sola. La evitavano tutti: i figli di maghi perché sapevano chi era suo padre e i figli di Babbani perché oramai avevano scoperto anche loro di chi era figlia. I primi giorni di scuola, due anni prima, lei aveva sofferto molto. Veniva allontanata da tutti, nessuno le rivolgeva mai la parola e tutti le parlavano alle spalle. Non era una situazione piacevole, ma col tempo aveva imparato a convivere con quei pregiudizi della gente. D'altronde, non era mica colpa sua se suo padre era il pluriomicida ricercato dal Ministero Sirius Black. All'inizio aveva sperato che almeno Harry Potter, la celebrità della scuola – che si diceva vivesse dai babbani completamente isolato dalla magia e senza alcuna idea di chi fosse in realtà – le avrebbe teso una mano amica, ma il suo amico Ron Weasley lo mise in guardia probabilmente, perché lui non diede mai alcun segno di voler diventare suo amico... o almeno conoscerla e parlarle.
    Prestò poca attenzione alla cerimonia dello Smistamento e notò appena che Harry Potter e la sua migliore amica Hermione Granger erano in ritardo. Poi ci fu il discorso del Preside che annunciò la presenza dei Dissennatori, le famigerate guardie di Azkaban che stavano cercando il fuggitivo Sirius Black, ad ogni ingresso del castello e due nuovi professori: Remus J. Lupin per Difesa contro le Arti Oscure e Rubeus Hagrid per Cura delle Creature Magiche. Poi i piatti iniziarono a riempirsi come al solito e tutti iniziarono a mangiare. Aurora sapeva che le cucine di Hogwarts ospitavano decine di elfi domestici assunti per cucinare ogni portata prevista per le colazioni, i pranzi e le cene degli studenti e degli insegnanti ma non era mai stata tentata di andare a trovarli. Sapeva però che i gemelli Weasley, Fred e George – fratelli maggiori di Ron, il migliore amico di Harry – ci andavano spesso a 'rubare' del cibo. Se ne vantavano in continuazione nella sala comune del Grifondoro, quei due.
    «Io se fossi in lei, non verrei a scuola,» disse una voce a pochi passi da lei. Ma Aurora non alzò lo sguardo e non seppe dire chi avesse parlato. Sapeva solo che parlavano di lei. Tirò fuori un libro dalla sua borsa iniziò a leggere mentre cenava. Finalmente arrivò per tutti il momento di trasferirsi nei propri dormitori. Non attese che i Prefetti riunissero i ragazzi del primo anno per scortarli di sopra. Rimise il libro in borsa e senza una parola salì le scale velocemente e arrivò davanti al ritratto della Signora Grassa, che custodiva l'ingresso della sala comune dei Grifondoro.
    «Parola d'ordine?» chiese la donna vestita di rosa.
    «Fortuna Major,» rispose Aurora. Aveva sentito la parola d'ordine durante una conversazione tra i due nuovi prefetti della sua casa.
    Il quadro si aprì e Aurora entrò, arrampicandosi sulla scala che portava al dormitorio femminile. Si mise il suo pigiama, prese un libro e si tirò le coperte fino a coprire la testa. Così le altre ragazze non l'avrebbero disturbata. Rimase sveglia a leggere fino a notte fonda, mentre le sue compagne di stanza – tra cui c'erano Hermione Granger, Calì Patil e Lavanda Brown – parlando tra di loro si preparavano per andare a letto. Poi anche lei si addormentò, sperando che, almeno nei sogni, la gente smettesse di evitarla come se fosse la peste.


    Legenda
    ABC = Ricordi del passato
     
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    woow ma che bella.....povera cucciola....
     
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    lo so...purtroppo le cose non migliorano per lei quest'anno...
     
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    La mattina dopo, come al solito Aurora fu la prima ad alzarsi. Si vestì velocemente, indossando la divisa scolastica e scese nella Sala Grande. Era vuota, a parte i professori che sedevano al tavolo in fondo. Si scelse un posticino all'estremità del tavolo più vicina alla porta e iniziò a mangiare leggendo. Poco dopo la sala era quasi piena e i gemelli Weasley avevano il compito di distribuire i nuovi orari delle lezioni agli studenti della loro casa.
    «Guarda, guarda,» fece George Weasley piazzandosi di fronte ad Aurora. Lei sollevò lo sguardo e vide che guardava il foglio con gli orari. «Cura delle Creature Magiche, Rune antiche e Aritmanzia, eh?»
    Aurora si limitò a guardarlo alzando un sopracciglio e tenendo una mano. Ma George finse di non accorgersene.
    «Che ne dici, fratellino? Potremmo scambiare un po' di lezioni, così arriverà sempre in ritardo e la bocceranno,» propose Fred Weasley tirando fuori la bacchetta per puntarla sul foglio.
    «Fossi in voi, non lo farei,» disse una voce seria e perentoria alle spalle di Aurora. Era la professoressa McGranitt. «Vi ho dato il compito di distribuirli, non di modificarli.»
    George, riluttante, diede il foglietto ad Aurora e se ne andò con il fratello. Aurora lesse il suo orario, vide che la prima lezione era Aritmanzia e che si teneva in un'aula al settimo piano. Infilò il foglietto nella borsa e finì la sua colazione. Mentre risistemava la sua roba, un gufo le atterrò davanti. Portava una lettera ed un pacchettino attaccati ad una zampa. Aurora li prese e il gufo volò via. Lesse la lettera: era di sua madre. Le diceva solo di tenere duro e che le cose sarebbero migliorate prima o poi. Poi aprì il pacchetto: c'erano caramelle assortite. Con un sorriso, Aurora infilò tutto nella borsa e si avviò di sopra. La professoressa Vector arrivò puntualissima, e Aurora si accomodò come al solito in un banco in fondo alla classe. Davanti a lei passarono alcuni altri studenti, tra cui Hermione. La professoressa spiegò loro che l'aritmanzia è una branca della magia che studia le proprietà magiche dei numeri, inclusa la predizione del futuro attraverso la numerologia. Alla fine della lezione, Aurora si affrettò per la sua prossima lezione, Trasfigurazione con la professoressa McGranitt. Fu una delle prime ad arrivare e si accomodò al suo solito posto. Tirò fuori il libro e attese l'arrivo dei compagni. Tenne lo sguardo fisso sulla professoressa McGranitt che stava spiegando cosa fossero gli Animagi – ovvero i maghi che si trasformano a loro piacere in animali – e poco dopo si trasformò in uno splendido gatto tigrato con i segni degli occhiali intorno agli occhi. Ma poi tornò sé stessa e si rivolse accigliata alla classe.
    «Ma insomma, che cos'avete oggi? Non che sia importante, ma è la prima volta che la mia trasformazione non viene accolta da un applauso.»
    Tutti gli studenti erano voltati – chissà perché – verso Harry. E poi Hermione alzò la mano.
    «Ci scusi, professoressa, abbiamo appena avuto la prima ora di Divinazione, e stavamo leggendo le foglie di té e...»
    Aurora aggrottò le sopracciglia. Hermione Granger aveva fatto Aritmanzia con lei alla prima ora, come poteva anche aver fatto Divinazione?
    «Ah certo,» rispose la McGranitt accigliata. «Non c'è bisogno di aggiungere altro, signorina Granger. Ditemi, chi di voi morirà quest'anno?»
    «Io,» disse Harry.
    «Capisco,» commentò lei. «Allora è bene che tu sappia, Potter, che Sibilla Cooman ha predetto la morte di uno studente all'anno da quando è arrivata in questa scuola. Nessuno è ancora morto. Vedere presagi di morte dappertutto è il suo modo preferito di dare il benvenuto a una nuova classe. Se non fosse che non ho l'abitudine di parlar male dei miei colleghi...» Fece una breve pausa, poi continuò più tranquilla. «La Divinazione è uno dei settori più imprecisi della magia. Non vi nasconderò che faccio fatica a tollerarla. I veri Veggenti sono molto rari, e la professoressa Cooman...» Altra pausa. «A me sembri in perfetta salute, Potter, quindi mi scuserai se non ti dispenso dai compiti oggi. Ti assicuro che se dovessi morire non sei tenuto a consegnarli.»
    Quando anche la lezione di Trasfigurazione finì, Aurora volò fuori dall'aula diretta verso la Sala Grande per pranzare e poi si avviò verso la capanna di Hagrid – il guardiacaccia – per la prima lezione di Cura delle Creature Magiche. Hagrid, appena tutti gli studenti arrivarono, li condusse davanti ad un recinto vuoto. Chiese loro di aprire il Libro Mostro dei Mostri accarezzando il dorso del libro e poi si allontanò imbarazzato dalla malevola battuta di Malfoy sul fatto di aver fatto comprare loro un libro che cerca di morderti appena lo prendi. Poco dopo Hagrid tornò con una dozzina di Ippogrifi. Aurora li aveva riconosciuti dalla descrizione che ne faceva il libro 'Gli animali fantastici: dove trovarli' di Newt Scamander: avevano i corpi, le zampe posteriori e le code da cavallo mentre le zampe anteriori, le ali e la testa erano di aquile giganti con becchi color dell'acciaio e occhi arancioni. Hagrid li teneva al guinzaglio e li legò alla staccionata.
    «Ippogrifi!» ruggì lui allegramente. «Belli, eh?»
    Tutti i ragazzi si voltarono ad osservarli e Aurora notò come i mantelli mutavano gradualmente da piuma a pelo. Ogni ippogrifo aveva un suo colore specifico: grigio tempesta, bronzo, fulvo rosato, castagna, nero. Alla richiesta di Hagrid di avvicinarsi, solo Harry, Ron ed Hermione accettarono – anche se controvoglia.
    «La prima cosa da sapere degli ippogrifi,» disse Hagrid, «è che sono orgogliosi. Facili da offendere. Mai insultarne uno, potrebbe essere l'ultima cosa che fate. Dovete sempre lasciargli fare la prima mossa. Camminate verso l'ippogrifo, fate un inchino e aspettate. Se risponde all'inchino, allora potete avvicinarvi e toccarlo. Se non lo fa, allontanatevi veloci perché quegli artigli fanno male.»
    Harry fu il primo a provare, probabilmente mosso a compassione per Hagrid perché nessun altro sembrava voler rimanere lì con quegli animali dall'aria letale nei paraggi. Hagrid gli diede precise istruzioni su cosa fare, e alla fine l'ippogrifo grigio – di nome Fierobecco - con cui stava provando si inchinò e Harry poté accarezzarlo. Hagrid poi lo issò sull'ippogrifo e questo si alzò in volo portando Harry in giro per il recinto per qualche minuto prima di scendere a terra. Dopo Harry, tutti gli altri si avvicinarono agli ippogrifi per provare. Aurora scelse l'ippogrifo dal pelo nero. Si avvicinò con cautela, stando attenta a non sbattere le palpebre, poi fece un inchino e restò in attesa. Qualche istante dopo l'ippogrifo ricambiò il suo inchino e la ragazza, raggiante, si avvicinò ad accarezzarlo. Lo osservò a lungo mentre notava come si rifletteva la luce del sole su quel pelo scuro come la notte. Era davvero affascinata da questa creatura e cominciava a capire perché Hagrid aveva deciso di iniziare con loro. All'improvviso, un urlo acuto la fece voltare. Malfoy era a terra, rannicchiato su se stesso, mentre dal braccio usciva tanto sangue. Hagrid lo prese in braccio senza sforzi e lo portò al castello, con il resto della classe che lo seguiva. A quanto pareva, Malfoy aveva insultato Fierobecco e lui aveva reagito. Ma i Serpeverde ovviamente pensavano fosse tutta colpa di Hagrid. Aurora si diresse di sopra, verso la torre del Grifondoro per lasciare lo zaino e cambiarsi per la cena, poi scese nella Sala Grande e cenò da sola, come al solito. Dopo cena risalì nel dormitorio, prese i suoi libri e si sedette al solito tavolo che le veniva riservato – lontano dal caminetto e davanti all'unica finestra di tutta la Sala Comune da cui entrava qualche spiffero – per iniziare i suoi compiti. Finiti i compiti, salì nuovamente nel dormitorio e si infilò nel suo caldo letto, registrando appena il fatto che Hermione non ci fosse.
     
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    tu non hai idea di quanto mi piaccia leggerti in questa ff...sembra che mi sto vedendo un film.
    la descrizione poi dell'ippogrifo è cosi curata che mi pareva potessi toccarlo pure io.....
    innamorata.
     
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    grazie!!!l'ho presa dal libro... :P
     
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    l'avrai pure preso lo spunto ma come è descritta so che viene da te....tu devi scriverlo davvero un libro...ed io sarei la tua fan numero 1 ..lo sono adesso....figuriamoci

     
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    ahahhahahha...grazie!!!
     
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    Il giorno dopo i Grifondoro rividero Malfoy solo quando la doppia lezione di Pozioni era già a metà. Portava il braccio destro bendato e appeso al collo, con l'aria spavalda e baldanzosa. Aurora roteò gli occhi e tornò a concentrarsi sulla sua pozione restringente. Come al solito, lavorava al tavolo da sola mentre tutti gli altri avevano due compagni di lavoro ciascuno. Tagliò le sue radici di margherita con precisione chirurgica e le buttò nel calderone. Poi sbucciò il suo grinzafico e lo mise dentro. La sua pozione stava diventando esattamente della tonalità di verde che doveva avere a quel punto. Aurora sorrise, soddisfatta di sé stessa, e continuò a seguire le istruzioni del libro. Quando il professor Piton chiese loro di riporre tutti gli strumenti mentre le pozioni riposavano, Aurora non si mosse. Aspettò che tutti gli altri si risedettero e poi andò a lavare il suo mestolo e gli altri attrezzi. Quando tornò al suo posto, vide Piton che stava dando una dose della pozione di Neville Paciock al rospo Oscar, per umiliarlo di fronte all'intera classe. Ma il rospo – invece di morire come si aspettava Piton – si trasformò in un girino, provando che la pozione di Neville era corretta. Purtroppo questo significava che Hermione Granger – nonostante l'opposizione del professore – aveva aiutato Neville a sistemare la pozione e i Grifondoro si videro togliere 5 punti.
    Finita la lezione, Aurora uscì per prima dall'aula, affrettando il passo per arrivare in Sala Grande per il pranzo. Poi andò nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure per la loro prima lezione con il professor Lupin. Era vuota, ma pian piano si riempì di alunni. Alla fine arrivò anche il professore che posò la sua vecchia valigia sulla scrivania e si voltò a guardarli. Poi chiese loro di rimettere i libri in borsa e seguirlo per la loro prima lezione pratica.
    Li condusse lungo il corridoio, dove poco dopo incontrarono Pix, il poltergeist della scuola. Stava infilando una gomma da masticare nella toppa di una porta vicina. Quando il professore si avvicinò, Pix cominciò a canticchiare: «Pazzo, pazzo Lupin. Pazzo, lupesco Lupin, pazzo, lupesco Lupin...»
    Il professore sorrideva. “Se fossi in te, Pix, toglierei quella cicca dalla toppa,” disse Lupin in tono amabile. “O mastro Gazza non riuscirà a prendere le sue scope.”
    Pix fece una fragorosa pernacchia.
    Lupin sospirò ed estrasse la bacchetta. “Ecco un piccolo, utile incantesimo,” disse rivolto verso la classe. “Vi prego di osservare attentamente.” Sollevò il braccio e disse “Waddiwasi!” puntando la bacchetta contro Pix. La gomma da masticare schizzò fuori dalla toppa e si infilò su per la narice di Pix, che sobbalzò e filò via imprecando.
    I ragazzi approvarono la prodezza del professore, poi ripartirono per fermarsi davanti alla sala professori. “Entrate, prego,” disse ai ragazzi aprendo la porta.
    La stanza era vuota, a parte il professor Piton seduto su una poltrona. Mentre Lupin entrava e chiudeva la porta alle sue spalle, Piton disse: “Lasciala aperta, Lupin. Preferisco non assistere.” Si alzò e se ne andò. Arrivato alla soglia, si voltò. “Forse nessuno ti ha avvertito, Lupin, ma in questa classe c'è Neville Paciock. Ti consiglio di non affidargli compiti troppo difficili. A meno che la signorina Granger non gli borbotti suggerimenti nell'orecchio.”
    Lupin inarcò le sopracciglia e rispose che Neville lo avrebbe assistito egregiamente durante la prima fase della lezione. Piton sbatté la porta uscendo. La classe venne radunata verso il lato opposto della stanza dove c'era un armadio che ondeggiava.
    “Tranquilli, è solo un molliccio,” disse il professore. Poi passò a spiegare – con l'aiuto di Hermione Granger – cos'era un molliccio e come sconfiggerlo. “L'incantesimo per respingere un molliccio è semplice, ma richiede una grande forza mentale. Ciò che sconfigge un molliccio sono le risate,” disse Lupin, spiegando poi che – una volta visualizzata una forma divertente – bisognava pronunciare l'incanto Riddikulus.
    Una volta che Neville sconfisse con successo il molliccio – che aveva preso le sembianze del professor Piton, il professor Lupin lasciò che altri ragazzi si cimentassero con il molliccio, il quale si trasformò in diverse cose: una mummia, una banshee, una mano mozzata, un ragno gigante. Quando venne il turno di Harry Potter però, Lupin attirò l'attenzione del molliccio che si trasformò in una sfera bianco argento che galleggiava davanti al professore. Finita la lezione, uscirono tutti eccitati tranne Harry. Aurora notò, quando lui le passò accanto, che non era affatto contento che il professore gli avesse impedito di combattere le sue paure.
    Stava per uscire dietro ai suoi compagni, quando il professore la richiamò.
    “Signorina Black, un attimo,” disse. Poi, una volta rimasto solo con lei, chiuse la porta. “Ti tengo d'occhio, signorina. So chi sei e so cosa ha fatto tuo padre. Ti do un consiglio: lascia in pace Harry Potter!” Poi aprì la porta lasciando che si allontanasse. Per Aurora questa era stata forse la cosa più imbarazzante della sua vita, così corse via verso la sala comune senza nemmeno passare per la Sala Grande per la cena. Si rintanò in camera e pianse finché non crollò addormentata nel suo letto.
     
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    eh mi sa che quest'anno andrà così...vediamo però se magari migliora
     
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    ma no ma perchè????
     
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    beh...sai come sono i ragazzi a scuola no?
     
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    già...stronzi infatti..ma ci tornerei
     
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